Insegnamento della Religione, Riforma della Curia e Codice di Diritto Canonico

L’insegnamento della religione cattolica (IRC) scisso tra le Costituzioni Apostoliche "Pastor bonus" e "Praedicate evangelium" a causa di un Codice di Diritto Canonico che forse, anche su questo punto, dovrebbe essere riformato...
5 Aprile 2022

Pochi giorni dopo la presentazione della Costituzione Apostolica Praedicate evangelium (PE), che riforma la Curia romana, avevo svolto alcune considerazioni critiche sull’inserimento dell’«insegnamento della religione cattolica [IRC] nelle scuole» (art.160, §2) all’interno della sola sezione Educazione del neonato Dicastero per la Cultura e per l’Educazione. Avevo anche affiancato questa pars destruens alla proposta costruttiva di modificare o integrare questo inquadramento in modo da evidenziare anche il ruolo culturale di tale insegnamento.

In seguito la Costituzione apostolica, dopo alcune correzioni e modifiche, è stata definitivamente pubblicata in italiano (31 marzo), mentre se ne attendono le versioni nelle altre consuete lingue. Nel frattempo, confrontandomi con alcuni amici e amiche insegnanti di religione (IdR), ho avuto modo di discutere e approfondire la criticità segnalata – che, ad oggi, tale è restata.

Innanzitutto, come giustamente ha osservato Massimo Pieggi sulla pagina facebook di Vinonuovo, «dalla sezione Educazione (ex educazione cattolica) dipendono anche le stesse facoltà teologiche e gli istituti superiori di scienze religiose – dove principalmente l’IdR si forma – senza dubbio luoghi di cultura e di promozione del dialogo e confronto culturale ad intra e ad extra. In questo senso forse andrebbe sottolineata maggiormente la stretta interrelazione delle due sezioni del nuovo dicastero, quindi il valore sia ‘educativo’ che culturale della formazione teologica e dell’IRC».

In effetti, uno dei tre articoli dedicati alla sezione Educazione (159-161) già evidenzia lo stretto legame tra educazione e cultura – o meglio, letteralmente, «contesto culturale» (159) – e l’art.247 è pensato per «promuovere e sviluppare una cultura di qualità all’interno (…) delle Università e Facoltà Ecclesiastiche». Ma non si può nascondere che, forse, anche i teologi e le teologhe – oltre agli e alle IdR – dovrebbero essere poco soddisfatti del fatto che in PE tale legame si fermi lì, tanto più che gli altri riferimenti alla teologia presenti in PE non afferiscono mai al primo e prioritario dicastero, quello per l’Evangelizzazione (sempre inculturata), ma solo ai successivi – a partire da quello per la Dottrina della Fede (art. 71).

Parlandone con Antonio Ballarò – che aveva subito definito su twitter il «tema» come «importante» – è apparso a entrambi evidente che tale scarsa sottolineatura dell’aspetto culturale dell’IRC – e in generale della  teologia e della formazione teologica – diventa ancora più evidente alla luce del proemio della Costituzione Apostolica Veritatis gaudium (VG), dedicata al rinnovamento delle Università e Facoltà ecclesiastiche. In esso è chiaro, innanzitutto, il legame di tali istituzioni ecclesiali con l’evangelizzazione (§1), ma – nella consapevolezza che «l’evangelizzazione delle culture» è sempre un’«inculturazione del Vangelo» (§2; cfr. anche §5) – anche con il ruolo di «provvidenziale laboratorio culturale» (§3) che le Università e le Facoltà ecclesiastiche devono assumere in quella che Papa Francesco definisce «una coraggiosa rivoluzione culturale» (§3; cfr. anche §5). In secondo luogo, nel proemio di VG, è altrettanto chiaro il compito di «dialogo a tutto campo» e di elaborazione di «una cultura dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture» (§4) che le Università e Facoltà ecclesiastiche devono portare avanti, accettando di stare «rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera» (§5), di fronte alla «grande sfida culturale, spirituale ed educativa» (§6) costituita dall’epoca di cambiamento che viviamo.

Tutto questo aspetto di dialogo culturale sulla frontiera viene oscurato in PE se nella sezione Educazione non c’è alcun richiamo al proemio di VG o ai contenuti degli articoli dedicati alla sezione Cultura del nuovo dicastero. Forse anche PE soffre della stessa dicotomia di VG, segnalata a suo tempo da molti commentatori: la parte introduttiva di entrambe sarebbe caratterizzata da una tensione innovativa che non troverebbe adeguata corrispondenza nella parte normativa-organizzativa. Resta il fatto che, allo stato attuale di PE, l’IRC viene depauperato in modo significativo dell’aspetto culturale e di quegli elementi educativi non confessionali in esso presenti ma che difficilmente potrebbero rientrare in quanto tali nella versione attuale della sezione Educazione (pur non definendosi più “cattolica”): pensiamo, ad esempio, agli attestati di condotta morale, richiesti anche agli studenti delle facoltà teologiche, che non sarebbero immaginabili per i loro colleghi avvalentisi dell’IRC nelle scuole pubbliche di uno Stato laico.

Questo squilibrio tra parte programmatica e parte normativa-organizzativa mi ha spinto a non tralasciare il Codice di Diritto Canonico (CIC) nella riflessione che sto conducendo. In esso l’IRC è normato dal capitolo I, relativo alle Scuole (art. 804-805), sotto il titolo III dedicato all’Educazione Cattolica (nel quale rientrano, non a caso, anche le Università, gli Istituti di Studi Superiori e le Facoltà ecclesiastiche – ai capitoli II e III). Esso discende quindi dalla “funzione di insegnare della Chiesa” (libro III), così come il ministero della parola divina – predicazione e catechesi – e l’attività missionaria (titoli I e II). Per cui, se questa è la cornice canonistica dell’IRC (evidentemente in grado di bloccare le parti più innovative di PE e VG), non stupisce che nella parte normativa-organizzativa di PE l’IRC venga inquadrato nella sola sezione Educazione del nuovo dicastero (art. 160, §2). Anzi, alla luce dell’art.761 del Codice di Diritto Canonico [«per annunciare la dottrina cristiana si adoperino (…) anche la presentazione della dottrina nelle scuole»], avrebbe del tutto ragione Pasquale Nascenti – con cui abbiamo dialogato sul gruppo pubblico facebook “Supporto IRC/IDR” – a sostenere che in fondo per la Chiesa «la pre-evangelizzazione non è cultura, ma evangelizzazione», cosicché «l’aver collocato l’IRC più direttamente sotto l’Educazione che sotto la Cultura, sarebbe soltanto una scelta ovvia».

In tal senso, il combinato disposto di PE e CIC rischia concretamente di continuare a creare confusione tra IRC e catechesi-predicazione-evangelizzazione o di ridurre l’IRC a una forma mascherata di proselitismo.

D’altra parte, però, se svolgessimo una ricerca per parole nel CIC, scegliendo quelle che sono centrali non solo nei passaggi citati di PE ma anche nel pontificato attuale (ad es. inculturazione, ascolto, dialogo), ci accorgeremmo che nel Codice di Diritto Canonico del 1983 sono già presenti tracce indirette (artt. 769; 779) e dirette (artt. 787; 807; 821) di uno stile di “adattamento culturale” della dottrina e di “ascolto dialogico” degli altri. Così come bisogna riconoscere che, nella precedente Costituzione apostolica sulla Curia romana (la “Pastor bonus” del 1988), non si parlava affatto di insegnamento della religione cattolica nelle scuole, ma della possibilità che «in tutte le scuole siano offerte, mediante opportune iniziative, l’educazione catechetica e la cura pastorale agli alunni cristiani» (art. 115).

Con “Praedicate evangelium”, quindi, è stato fatto senza dubbio un passo in avanti, ma nel frattempo il mondo è divenuto ancora più complesso, rispetto a quello di 40 anni fa, e richiede mediazioni culturali e dialogiche ancora più adeguate a tale complessità. Di conseguenza, per ovviare i rischi segnalati relativi all’IRC, oltre alla modifica/integrazione di PE già proposta (qui), quelle che nel CIC erano solo delle tracce – per lo più indirette – dovrebbero diventare, invece, dei passaggi espliciti in grado di adeguare la comprensione canonistica dell’insegnamento della religione allo stile di dialogo culturale sulla frontiera auspicato dalle parti più innovative di PE e di VG.

Affinché ciò si realizzi, però, è necessario cominciare ad ipotizzare e a richiedere una modifica o un’integrazione del CIC – sulla scia della riforma auspicata da Grillo e Consorti – che sia illuminata da modifiche e integrazioni quantomeno analoghe a quelle intercorse tra Pastor bonus e Praedicate evangelium: 1) precedenza dell’evangelizzazione sulla dottrina; 2) inscindibilità e reciproco arricchimento tra evangelizzazione e inculturazione; 3) centralità dell’ascolto dialogico rispetto all’evangelizzazione stessa.

 

2 risposte a “Insegnamento della Religione, Riforma della Curia e Codice di Diritto Canonico”

  1. Giuseppe Risi ha detto:

    Certamente nella Chiesa si confonde l’IRC con la catechesi.
    Così come, mutatis mutandis, nella scuole cattoliche si confondono gli insegnanti con i catechisti-educatori cattolici. Si veda il documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica “L’identità della scuola cattolica per una cultura del dialogo”, in particolare i numeri 45, 46, 47, 79

    https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccatheduc/documents/rc_con_ccatheduc_doc_20220125_istruzione-identita-scuola-cattolica_it.html

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Chiedo umilmente scusa ma nn sono riuscito aa leggerre finoo in fondo..
    Roba FORTEE, X iniziati, imparati, acculturati…😍
    Mi limito a dire una cosa sola.
    Le parole astratte si prestano a MILLE interpretazioni..
    Quelle “formate” a partire da altre astratte.. 1000 alllaa 1000!
    Come quella qui ricorrente
    C u l t u r a

    Se chiedessi la sua definizione a 10. Avrei risposte diverse.
    Qs. è comunicare?

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