Donne spirituali, individui moderni

Un recente convegno svizzero mette sotto la lente d'ingrandimento degli studiosi alcune donne della modernità, per cogliere la loro spiritualità e il ruolo ecclesiale che hanno avuto.
26 Agosto 2022

Donne; poi monache, mistiche, teologhe. Una gradatio, una sovrapposizione di ruoli e funzioni storicamente non sempre facile da discernere, ma tutti accomunati da una consapevolezza: la possibilità, anche per la religiosa, di poter accedere alla dimensione del sacro in modo autentico, veritiero. In una ridefinizione, o meglio una puntualizzazione della verità utile e necessaria e da cui poter attingere avidamente, passando da trattati di teologia mistica (la grande Santa Ildegarde, ad esempio), esortazioni sincere alla reformatio ecclesiae (S. Caterina da Siena), slanci affettivi e empiti amorosi tradotti in testi non meno incisivi (Caterina da Genova). Su su fino alle grandi mistiche del Cinque- Seicento: Santa Teresa d’Avila e Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, fiorentina, carmelitana e le cui estasi sono state definite tra le più straordinarie dell’intera tradizione cristiana.  Ma vario, e sempre diverso, è il modo con cui la storia e anche la contemporaneità – a partire dagli studiosi del Novecento – hanno voluto e saputo interpretare questo ricco panorama della religiosità femminile tra Due e Seicento.

A spiegarlo, a Lugano, lo scorso 19 agosto, il prof. Querciolo Mazzonis, intervenuto durante la serata pubblica, organizzata dalle Biblioteche cantonali ticinesi nell’ambito della rassegna «Chilometro zero», «Donne spirituali – Individui moderni». «La storiografia – ha esordito il prof. Mazzonis – si è spesso chiesta se, nei confronti delle donne, il Cristianesimo fu causa di oppressione o se offrì opportunità di affermazione. La risposta è complessa. Se non vi è dubbio che la Chiesa (come il resto della società) ha considerato le donne come inferiori, le ha escluse dalla carriera ecclesiastica e dall’amministrazione dei sacramenti, ha cercato di controllarle attraverso vescovi e confessori, è però anche indiscutibile che tra il XII e la fine del XVII secolo, le donne devote, e in particolare le mistiche italiane, furono un tipo di donna potente, indipendente, immersa nella vita pubblica, persino dotata di autorità politica, morale, spirituale e teologica». Come spiegato dal prof. Mazzonis anche nel suo recente saggio Riforme di vita cristiana nel Cinquecento italiano, tra queste donne «indipendenti» troviamo le Orsoline, fondate da Angela Merici nel 1535: «Le Orsoline, come le Bizzoche e le beghine medievali, vivevano nelle proprie case, senza voti e senza abito specifico, pur assumendo l’identità delle “Sposa di Cristo”, identità fino a quel momento riservata alle monache. Senza l’obbligo di una vita comune, potevano scegliere dove vivere e come vivere sia la loro vita spirituale sia quella quotidiana. La Compagnia, inoltre, rendeva le donne indipendenti dall’autorità maschile: il governo e la direzione spirituale erano esercitate da donne e la Compagnia non era sottoposta all’autorità ecclesiastica o del confessore. Infine, le Orsoline erano indipendenti anche dal punto di vista economico, in quanto potevano disporre liberamente dei loro beni e la Compagnia prevedeva forme di aiuto e persino sostegno legale. Così queste donne potevano esprimere la propria soggettività, diventavano padrone del proprio destino e potevano assumere una certa visibilità pubblica e persino autorità».

La Compagnia fondata dalla Merici permise così di superare le molte limitazioni che la società poneva alle donne comuni e di affermare l’autorità femminile all’interno della comunità. Destino analogamente toccato alle religiose di fine Cinquecento che avevano vissuto esperienze mistiche, come ho spiegato a mia volta, nell’intervento successivo al prof. Mazzonis, in qualità di ricercatrice presso l’Istituto di Studi italiani dell’Università della Svizzera italiana: «La storiografia ha spesso valutato l’obbligo della clausura per le comunità monastiche, reintrodotto con il Concilio di Trento, come una limitazione al potere espressivo delle religiose. Ma i fatti ci raccontano qualcosa di diverso. Pur essendo nate in un contesto di stretta clausura, la parola e la scrittura di queste religiose non furono meno incisive. Valicarono il confine stretto dalla clausura per essere lette e conosciute da tutti. Lo dimostra bene il caso della fiorentina Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, le cui Estasi verranno riedite molteplici volte nel Seicento. Maddalena, oltre che una mistica, è una grande teologa. Riflette, ad esempio, in svariate pagine della sua opera, sul potere della Misericordia, facendo sì che la divulgazione di questi testi contribuisca al dibattito con le grandi eresie del secolo, il Quietismo e il Giansenismo. Nel 1666, tutta la sua Opera verrà tradotta in latino, lingua ufficiale della Chiesa e segno di quanto si desiderasse che il suo pensiero venisse conosciuto e divulgato. Nel 1669, a meno di 70 anni dalla morte, è dichiarata Santa. Si occupano di lei figure del calibro di Paolo Segneri, il più noto gesuita del Seicento, e Ludovico Antonio Muratori, uno dei più grandi pensatori cristiani dell’inizio del Settecento. Non da ultimo, si ispirano a Maddalena anche importanti piani di riforma, ad esempio il progetto di riforma del Carmelo francese. Fatti comprovati e recepiti sin dai primi lettori delle sue Estasi che senza indugio la definiscono la S. Teresa “italiana”».

Infine, al termine della serata, la parola al Dr. Luca Montagner, Addetto stampa della Diocesi di Lugano, per un’incursione a tutto tondo sulla figura femminile nella contemporaneità. «Sono indubbi, con Papa Francesco, i progressi compiuti. Proprio di recente sono state nominate due donne in seno alla Congregazione dei Vescovi; analogamente con l’apertura della vocazione all’accolitato e al lettorato, ora accessibili a tutti. La Diocesi di Lugano, dal canto suo, conta oggi sei Ordini monastici sul suo territorio, per un totale di 57 religiose, cui si aggiungono 20 Congregazioni religiose, un istituto secolare e tre aderenti all’Ordo virginum. Il totale, quindi, è di 232 religiose. Nonostante questo il numero di religiose in diocesi sia notevole, va constatato che da quando mons. Valerio Lazzeri è stato eletto alla Cattedra di Lugano, non si sono contate più vocazioni femminili autoctone. Un fatto che desta un po’ di preoccupazione, e che richiede spiegazioni di tipo sociologico e antropologico. Una tra queste è la paura delle nuove generazioni ad assumersi un impegno, come la vocazione religiosa ma anche il matrimonio, che sia “per sempre”. Inoltre, gli attuali mezzi a disposizione della Chiesa sembrano essere non più sufficienti per dialogare con le nuove generazioni. Certo, questa è una difficoltà, ma al contempo una sfida che sono chiamati ad affrontare non solo le religiose, ma anche i sacerdoti e i laici attivi nella pastorale. Proprio a questo riguardo, visto che ogni sfida richiede almeno un tentativo di risposta, prossimamente, dal 29 al 31 agosto, la Diocesi di Lugano ha organizzato un’Assemblea diocesana per i presbiteri: una tre giorni di corsi, workshop e conferenze sulla figura del sacerdote oggi. Perché, alla fine dei conti, dialogare e imparare a comunicare resta un aspetto fondamentale».

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