Il “chicco di grano” tra i benpensanti e i non pensanti

Nel passaggio epocale da una società di benpensanti ad una di non pensanti, il cristianesimo si dovrà porre sempre di più come chicco di grano fruttifero perché morente
23 Marzo 2024

Ho sempre amato il film Gli aristogatti. Per vari motivi, tra cui l’irresistibile momento in cui i gatti parigini si lanciano, in un crescendo gospel, nell’esecuzione del brano Tutti vogliono fare il jazz (perché resistere non si può / al ritmo del jazz).

 

Allo stesso modo, nel vangelo di Giovanni, tutti (o quasi) vogliono vedere l’irresistibile Gesù. Prima alcuni dei seguaci ebrei di Giovanni Battista (Gv 1), poi altri ebrei ma della Samarìa (Gv 4,29), infine qualcuno di provenienza greca – se non ebrei certo timorati di Dio (Gv 12,20-21).

Ma cosa, di preciso, queste persone vogliono vedere? Dal tono della risposta data da Gesù (Gv 12,23.28), quest’ultimo sembra pensare che siano mossi dal desiderio – umano, troppo umano – che già spinse Mosè a chiedere a Dio: «fammi vedere la tua gloria!» (Es 33,18).

Un desiderio di gloria, quindi, a forte rischio di idolatria e che perciò viene biblicamente decostruito. Come Mosè non vedrà il volto di Dio ma solo il suo di dietro – ossia la sua grazia, la sua misericordia (Es 33,19-23) – così di Gesù si vedrà solo ciò per cui sarà innalzato e grazie a cui attirerà tutti a sé: la croce, la morte in croce (Gv 12,26.32-33).

Una morte, in effetti, poco gloriosa, anzi per l’epoca una morte da maledetti. Una morte che la gente stessa – la folla – non capisce (Gv 12,29). Forse per questo Gesù sente spesso il bisogno di spiegarne il senso – qui evocato dall’’immagine del chicco di grano caduto in terra, che è fruttifero solo se muore (Gv 12,24) – per poi proporla come concreta esperienza esistenziale (Gv 12,25-26), certo non da cercare, ma neanche da fuggire (Gv 12,27), bensì da affidare a Dio (Gv 12,28).

Ora, non deve stupirci se questa immagine del chicco di grano ritorna in due canzoni contenute nell’album Persona di Marracash, il nostro compagno di viaggio quaresimale. Soprattutto se ricordiamo con quali parole il rapper milanese ha sintetizzato il senso del suo concept album: «Fabio, per rinascere, ha dovuto uccidere Marracash»; per poi precisare, anch’egli, «se non hai niente in cui credere / non avrai niente che puoi perdere, sì, tranne te» (Qualcosa in cui credere). In altri termini, simili a quelli usati da Gesù, chi vuole conservare il vecchio io (l’ego), per non credere in qualcosa o qualcuno d’altro (l’io profondo? Dio?), finirà per perdere sé stesso.

Ecco perché nella canzone Quelli che non pensano troviamo alcuni versi dal contenuto spirituale ironicamente ma profondamente anti-idolatrico, tra l’altro utilizzando in modo provocatorio il linguaggio religioso del Padre nostro: «Oh, algoritmo che sei nei server / manda il mio pezzo nella Top 10 e il mio video nelle tendenze / mandami uno spot ad hoc, non so cosa comprare / tocca i miei dati sensibili per guidarli a votare».

 

La critica verso chi afferma «non avrai altro brand al di fuori di me» è feroce ed onnicomprensiva: riguarda chi non legge i giornali e i giornali che informano male, la vita in rete (o da social) dei vari Truman Show, l’ignoranza (anche in politica) sbandierata come valore, le contraddizioni del mercato tra grandi abbuffate e prodotti scartati, i milioni di visualizzazioni della musica «innocua e serena» di fronte all’oscuramento dei testi carichi di «senso».

In cosa sperare, allora, se «siamo passati da quelli che ben pensano / a quelli che non pensano»? Dall’alcol e la droga quali anestetici «per non pensare», al non pensare come atteggiamento che «viene naturale»? Dalle grandi narrazioni (o ideologie) della modernità, che nella seconda metà del ‘900 ancora resistevano, all’opinionismo (se non indifferentismo) della post-modernità, che caratterizza questi primi decenni del nuovo millennio? Dal noi e loro – inteso come noi contro loro – al noi come loro?

Di certo, per Marracash dobbiamo almeno sperare nell’acquisizione della consapevolezza di quanto sta avvenendo e del perché sta avvenendo: «sono sul fondo e scavo / aspettando una mano, siamo morti / ti senti presa all’amo / mi sento anch’io così / noi siamo quelli che sperano e sbagliano / quelli che non pensano / Stiamo cadendo col mondo in mano / più a fondo vado e più capisco che / se penso al fondo, l’ho già superato / e ancora scavo e tu sei come me».

Il rapper di Barona, quindi, ritiene innanzitutto necessario empatizzare con chi – come lui stesso – è (stato) vittima del non pensare. Per poi comprendere (insieme) che usare in modo sbagliato il cervello – ossia l’organo del corpo collegato alla canzone – non significa tanto cadere, toccare il fondo, continuare a scavare e sprofondare sempre di più – questo alla fine è anche il “destino” del chicco di grano. L’errore qui consisterebbe in una falsa speranza: attendere l’arrivo di un idolo (spesso politico) che si offre come salvatore, per poi abbandonarci al nostro destino di morte.

In realtà, canta Marracash in un altro brano dell’album Persona, se «non c’è mai stata una rete» di protezione per questo nostro infinito sprofondare, non ci resta che diventare «bravi a cadere». Imparando a «convivere» in «equilibrio» con noi stessi – con il doppio che sempre siamo; imparando a sperare nella mano che finalmente e veramente salvi tutti noi dall’amo cui abbiamo abboccato, dalla trappola in cui siamo cascati per non credere all’altro, ad altro, per aver smesso di chiederci: «dopo di noi che succede»?

 

 

Una risposta a “Il “chicco di grano” tra i benpensanti e i non pensanti”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    “Una morte che la gente non capisce……..” infatti essa viene svelata alla fine da un centurione presente sentendolo gridare al padre ! Dio mio perché mi hai abbandonato, e spirare. Il cuore del centurione gli fa pronunciare:” Da vero, quest’uomo era figliodi Dio!”. La folla infatti dimentica di averlo prima osannato per i miracoli che aveva operato? Per il suo potere dunque? Non ricordava più di quanto avesse soccorso alle loro povertà, supinamente accettavano le decisioni dei farisei, dei loro Maestri. Questo Maestro per che si lasciava morire non lo capivano! Il Risorto però ha fatto luce per tutti è morto a rendere la vita a tutti eterna come la sua!Oggi anziche domandarsi “dopo di noi che succede? Invece “ma io per che cosa ho vissuto? Il vivere per morire che senso ha? C’è un Qualcuno così altrettanto grande che può promettere vita, o gioia eterna a un essere umano, qualunque sia il suo stato?

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