Nella notte oscura di Nicodemo, come in quella di ciascuno di noi, mi sembra s’imponga questo interrogativo di fondo: la «verità» ultima sull’essere umano, su ciascuno di noi, verrà dischiusa, illuminata, da una parola d’amore e di salvezza (Gv 3,16-17.19)? Oppure sarà rinchiusa, ottenebrata, in una parola di (auto)condanna e perdizione di sé (Gv 3, 18-19)? In altri termini, l’essere umano, ciascuno di noi, è fondamentalmente buono (anche se fa il male) o è irrimediabilmente malvagio (Gv 3,20)?
Forse non troveremo mai la risposta a tale quesito, di vago sapere metafisico, anche se la direzione indicata dal Vangelo verso la prima opzione è sufficientemente chiara. Quello che, invece, più spesso accade è di incontrare compagni di viaggio spinti a camminare dalla stessa domanda, affaticati da analoghe paure, spronati da speranze che si rassomigliano.
Da qualche settimana uno di questi compagni è Marracash, che nell’album Noi, loro e gli altri dedica una canzone (intitolata Io) alla verità, al rapporto tra l’«ego» e la «verità». E lo fa campionando una nota e bellissima canzone – Angeli – di quel Vasco Rossi che, in quanto al saper mettere in relazione (incandescente) la verità e l’io, ha ben poco da imparare…
L’intro del brano lo avrebbe potuto pronunciare sottovoce lo stesso Nicodemo, durante il tragitto notturno effettuato per recarsi da Gesù, con il desiderio di sciogliere anche questo dubbio: «quante bugie raccontiamo a noi stessi / per sentirci al sicuro / per sentirci protetti / o chi lo sa / forse siamo bugiardi perché non ci hanno mai detto la verità».
Nicodemo, in effetti, sa che si sta recando da colui che potrebbe essere la verità in persona, di certo quello che considera come un maestro venuto da Dio (Gv 3,2). Forse presagisce, come poi scoprirà, che la verità verso cui sta camminando è complessa, complicata – «la verità non semplifica», canta Marracash. Soprattutto, Nicodemo non può nascondersi che ci sta andando di notte perché, con le parole del rapper milanese, «la verità non si esplicita» in quanto «ci vuole coraggio / per dire, “Sono un codardo”». Per dirlo innanzitutto a sé stessi, quando magari si è taciuto (Gv 2,17.22) di fronte al perpetuarsi di un’ingiustizia (Gv 2,14) o si è mormorato insieme agli altri contro colui che l’ha denunciata e combattuta (Gv 2,18.20).
Gli esegeti mi perdoneranno, ma mi è sempre piaciuto pensare che la scena notturna di Nicodemo sia simbolicamente successiva alla giornata in cui Gesù ha portato a termine un drammatico “repulisti” nel cortile del Tempio (Gv 2,15-16). Come se il vangelo volesse dirci che Nicodemo, recandosi da Gesù, avesse paura di stare indossando un’ulteriore «maschera sopra la maschera che già ti metti ogni giorno», e di dover confessare che «l’ipocrisia è l’invenzione del secolo» perché spesso «svendi la tua verità per la loro bugia».
D’altra parte, non si può negare che il fariseo Nicodemo corrisponde a quell’uomo con «la coscienza di Zeno» cantato da Marracash: un uomo che «si fa domande / sulla sua vita» – se «resterà tutto com’è / mentre c’è chi non ha il bread»; un uomo che in fondo non vuole che «il mondo torni più quello di prima». Per questo Gesù, dopo essersi espresso con domande e frasi a bruciapelo nei primi due capitoli giovannei, omaggia Nicodemo dialogando con lui ad un livello di profondità spirituale straordinario (Gv 3,3-21).
Si tratta, per Gesù, di rinascere dall’alto (Gv 3,3.7). Marracash parla di «idealismi soffocati». C’è quindi poco da santificare della vita precedente – evangelicamente, quella della carne (Gv 3,6); ci sono poche giustificazioni da addurre per quello che Nicodemo chiama l’uomo vecchio (Gv 3,4). In modo analogo si esprime Marracash: «la verità non santifica / la verità non giustifica»; per cui, se non vogliamo (auto)condannarci «a non capirci», è «tempo di (…) mettere l’ego da parte», di dire «al vecchio me: “confondi fine col mezzo”», d’«imparare dal passato e non bruciarlo».
Allora, nonostante la tentazione di concludere che «forse niente ha senso», Marracash come Nicodemo può sottoporre il proprio io all’opera della verità (Gv 3,21): «Io che non sono più io / io non mi fido di Dio / Io tutto e / Io niente / Io stasera / Ah, io sempre / Io con più niente di mio (mio) / Io e nient’altro che io (uoh) / Io, io (ah-ah) / Io, io, io (ah-ah) / Io, nah».
Un io ambivalente che, da un lato, non è già più tale, non ha più niente di proprio, è quasi annichilito; mentre, dall’altro lato, sembra essere ancora tutto, con «un cane e senza figli», onnipresente, onnivoro di ogni alterità a cui affidarsi e di cui fidarsi – a partire da quella per eccellenza che è Dio.
Tale ambivalenza dell’io, quindi, coinvolge anche il rapporto di Marracash con Dio. Mutuando dall’interrogativo finale del primo film della seconda trilogia di Star Wars (La minaccia fantasma), possiamo solo chiederci: due Io sempre ci sono, uno è l’Io buono, l’altro è l’Io cattivo, ma chi è l’Io che, per Marracash, ha ‘ucciso’ Dio? Chi è l’Io per il quale Dio è l’inaffidabile? L’Io buono o l’Io cattivo?
A seconda della risposta, l’enigmatico verso «io non mi fido di Dio» prenderà due significati e due direzioni esistenziali diverse, se non opposte. Una pro, l’altra contro Dio. Il dilemma resta aperto di fronte a noi. Come se, nella nostra notte oscura, toccasse a noi, a ciascuno di noi, scegliere. Come Nicodemo, come Marracash. E forse, è proprio ciò a cui il rapper di Barona mirava…
Sembra una pretesa però pensare che basti incontrare con un Gesù in persona e comprendere appieno chi è Gesù. Nicodemo pur avendo visto i segni compiuti da Gesù, tali da giustificare l’affermazione come Egli venisse dal Dio potente, faticava a comprendere lo Spirito che era nella Parola di Gesù. “Come un uomo può nascere di nuovo, in tempi diversi della vita”, Il il cantautore pone domande e averesoddisfacenti risposte. Ma come Nicodemo dovrebbe uscire da quell’io che lo tiene solo rivolto in Se stesso e invece “,fare”, dare conoscere la vita intorno a ase’ tanto da affidare alle canzoni la sua insoddisfazione. “Dice il Signore, tuo Dio, che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare. Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare.(Isaia 48.12). La Fede e via con la Speranza e Carità. in Cristo,che realizza la vita nell’uomo