Noi, loro… e gli altri?

Prima i poveri e l’identità collettiva, poi il gender e l’identità individuale: “buone nuove” dal rap italiano?
9 Marzo 2024

Meditando sul vangelo di domenica scorsa, si può immaginare – come scrive Annamaria Corallo – che «la cacciata dei mercanti dal Tempio abbia pochissimo a che fare con la ‎compravendita del sacro». E che, invece, «il focus» sia altro: «chi pratica un culto ‎che non diventa vita poi non vive ‎coerentemente le sue relazioni». In definitiva, saremmo di fronte ad una ipocrisia religiosa piuttosto che a un mercimonio del sacro.

A tal proposito, la compagnia quaresimale di Marracash fa risuonare in me un’invocazione del rapper milanese, contenuta nel brano Cosplayer, che forse permette di tenere insieme i due aspetti della questione: «Dio ci salvi dall’ipocrisia, dal rumore di fondo / e da chi sceglie solo le proteste monetizzabili / Dio mi salvi dalle commedie / da chi sposa la causa solo quando gli conviene».

 

Sì, la provocazione politicamente scorrettissima del nostro artista sembra venir fuori da un profondo desiderio, che un tempo avremmo potuto inquadrare in una sorta di neofrancescanesimo o neomarxismo, ma che probabilmente è soltanto un sempre più sentito bisogno di riscatto sociale: «oggi che possiamo rivendicare di essere bianchi, neri, gialli, verdi / o di essere cis, gay, bi, trans o non avere un genere / non possiamo ancora essere poveri / perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no? / Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità / abbiamo perso di vista quella collettiva».

Il problema della povertà e la perdita dell’identità collettività sono questioni più importanti di quelle relative al genere e ai diritti individuali. Non è cosa da poco se guardiamo ai conformismi economici della destra e della sinistra attuali. Ma, soprattutto, questi versi non sono casuali nella poetica di Marracash: in un «mondo che si fonda su ingiustizie» subite dal «Parasite» di turno che «sta sul fondo di questo Snowpiercer» (Io), il rapper milanese rivendica il numero «456 sulla mia pettorina / Squid Game sono anni che già lo metto in rima», perché «ho capito come era la vita a dieci anni / quando traslocavo casa assieme agli scarafaggi» (Loro).

 

Certo, il sentimento provato da Marracash verso le classi dominanti non è la santa ira (di Gesù), bensì un «odio» di kassovitziana memoria: «perché riescono ad andare su Marte / ma non a far la cura alla sclerosi del mio amico»; perché «da Giuliani, Cucchi, dalla Diaz ed Aldrovandi / preferiscono spezzarci che recuperarci». Di conseguenza, dal punto di vista cristiano, autenticamente cristiano, non è condivisibile né giustificabile – pur potendo essere umanamente comprensibile – «l’unico consiglio» che Marracash dà: «combatti chi odi» per la sua indifferenza, «colpisci per primo» chi vuole punirti per sempre.

D’altra parte, come non condividere – anche da cristiani – il desiderio profondo del rapper milanese, il quale «gli italiani, io, li vorrei svegliare» da questa indifferenza che al contempo giudica tutto e chiunque in modo definitivo? Come non concordare con lui quando tragicamente afferma che riesce ad «immaginare più la fine del mondo, sì / che la fine della differenza sociale / che vedo tra noi e loro»? Come non sentire almeno la sensatezza del suo porre la domanda a cui, in fondo, lo stesso Gesù rispose (Mc 9,40; Mt 12,30): «con chi stai»? Con «noi di J. Peele» o con «loro di Sorrentino»? «Noi o loro»?

Decisiva però, come avevamo già visto (qui), la scelta di Marracash d’evitare ogni sterile manicheismo, non nascondendosi il fatto che i cuccioli di squalo nascono non solo nei quartieri benestanti, ma anche tra le case popolari; che a volte «siamo uguali noi e loro»; che addirittura «spesso siamo noi loro»; che perciò è difficile, ma deve esserci, una «via d’uscita» dal noi e dal loro verso gli «altri», intesi tutti come «persone»: un termine culturalmente densissimo che evoca la scelta lungimirante dei padri costituenti, stretti tra l’individuo liberale e il collettivo socialista. Verso un altrimenti che sia sempre relazione – a livello personale, sociale e politico.

 

5 risposte a “Noi, loro… e gli altri?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma nel “ Padre nostro”, preghiera del Cristiano, quel “dacci oggi il nostro pane quotidiano” noi ci rivolgiamo al Padre chiedendo il suo pane nutrimento che è spirituale non soltanto quello che ci manca o che si vorrebbe per fame di cose altre, e rimetti a noi i ns.debiti! di quanto siamo capaci dare verso un prossimo difficile da amare; e “non abbandonarci alla tentazione, e’ un chiedere il suo aiuto quando si è tentati a non fare la Sua volontà. Inoltre il Maestro insegna “ Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.” Odiare quindi non è ciò che il Maestro e Signore ha insegnato, infatti le sue ultime parole sono state di preghiera al Padre suo” Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” E’ successo allora, sta succedendo lo stesso male oggi, e quanto sia esteso lo stiamo constatando per una insensibilità verso chi è debole, un oltraggio alla vita umana

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Mi permetto precisare che sono stata provocata soltanto da quel”combatti chi odi e colpisci per primo per il fatto che questa idea l’ho letta corrispondere al pensiero di un uomo che oggi ha raggiunto il massimo potere nel governare il proprio Paese. Effettivamente quando si parte da no stato di vita povero, e si intende raggiungere con i propri “talenti” lascala sociale, l’obiettivo può essere anche buono, dare il proprio contributo a favore degli interessi del non sempre il fine giustifica i mezzi. Sembra inoltre, che pur di arrivare alla notorieta anche nei festival canzonieri tutto serva anche in abbigliamenti e oggetti riferiti a Fede, e quindi tutto serve a raggiungere le vie potere e emergere nel proprio ambito. Purtroppo siamo spettatori e anche nelle conseguenze coinvolti in quel “combatti chi odi, e convengo sulla motivazione, per la sua indifferenza/ etc. e qui il cantante ha colto una realtà

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    Postillo con un commento a latere OT. ( davvero?)
    Dal Vangelo il don è passato ad una filippica sulla sacralità del tempio…
    Pit il terribile ha replicato citando i bivacchi a Pompei la notte della vigilia,
    il Prete che sbarrava le porte a inizio Messa
    o quello che redarguiva le amichette chiacchierine dell’ultima fila,
    E soggiungevo che invece Gesù avrebbe aperto le sue braccia a tutti
    ( e che quelli che cacciava via erano FUORI, non dentro..)
    PS poi lui mi ha guardato male. piuttosto “incacchiato”..,,🙃🤐

  4. Sergio Ventura ha detto:

    Cara Francesca, lei può non conoscere Marracash (un rapper che a settembre scorso, in due date, ha fatto 140000 spettatori tra Milano e Napoli). Però, sia detto con affetto, dovrebbe leggere con più attenzione gli articoli. Lei unisce ciò che io (con un “d’altra parte”) ho diviso. O, meglio, su cui ho fatto discernimento. Il suggerimento del rapper viene già criticato dal sottoscritto (con la mitezza suggerita da 1Pt 3,15). Mentre il “noi e loro” del rapper milanese può essere – e viene da me – paragonato a quello di Gesù, esattamente per il chiarimento che egli stesso compie (e che riporto nel finale dell’articolo), giungendo addrittura a mettere al centro della sua poetica la categoria estremamente significativa (anche costituzionalmente) di “persona”.

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Non so chi è Marracash cantante o band, ma il suggerimento “combatti chi odi” per la sua indifferenza, “ colpisci per primo” chi vuole punirti per sempre, non mi pare corrisponda al pensiero di Gesù il quale suggerisce “chi non è contro di noi, e’ per noi – infatti fa seguire il chiarimento “ Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome, perché siete di Cristo , in verità vi dico, non perderà la sua ricompensa. Il dare qualcosa per amore si contrappone al combattere , al colpire per primo, per punire la indifferenza e chi ti vuole male. Ho letto che effettivamente un uomo oggi pieno di potere, lo ha raggiunto proprio facendo confidando nella forza, a prevalere e come mezzo per uscire da uno stato “di non contare”Ma il potere a sua volta isola la persona, la costringe a stare in guardia costante. Altra cosa ne viene con il dare per vivere e far vivere in pace e serenità d’animo.

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