Ci sono immagini fortemente iconiche nel Vangelo di questo domenica: il «tesoro nascosto», la «perla preziosa», la «rete gettata nel mare», tutte a significare il Regno di Dio.
Ma accanto a queste immagini c’è anche la responsabilità dell’uomo: perché il Regno dei cieli dona gioia, dona pienezza, dona compimento, dona nuova e varia condivisione (nella rete si trova «ogni genere di pesci»), ma preliminarmente – ci ricorda la Parola – c’è un movimento dell’uomo, un suo mettersi in azione: vi è un uomo che trova un tesoro, vi è un mercante in cerca di una perla preziosa, vi è un pescatore che getta una rete. Il Regno dei cieli è lì, offerto a tutti, ma implica che l’uomo si metta in ascolto di ciò che lo abita nel profondo e abbia il coraggio di dargli spazio. Il tesoro è nel campo, ma devi scrutare, devi scavare; la perla è in attesa del mercante, ma egli deve fare qualche passo.
È questa la bella pedagogia del Regno: si offre a tutti, ma non si impone. È aperto a tutti, ma non calpesta la libertà e, quindi, la responsabilità dell’uomo. Non annulla lo sguardo, l’ascolto, l’assecondare un desiderio di pienezza che permane del cuore.
Preliminarmente è quindi necessario scrutarsi, immergersi in sé e capire che abbiamo una perla preziosa, un tesoro nel campo, un mare verso cui tendere e che, se trovati, ci chiederanno di vendere e comprare, cioè di mutare direzione: è la con-versione che, se vissuta in tutta la sua portata, dona la gioia, come l’uomo che trova il tesoro nel campo e per arrivare a quel tesoro non ferma la sua ricerca.
Dobbiamo avere più coraggio nel sostare sulle nostre domande, nel dare spazio alle nostre inquietudini: essere possono diventare una guida per il Regno. Dovremmo fare un elogio delle domande, una lode alla ricerca, poiché solo dando cittadinanza alle domande permettiamo che la nostra vita non si fermi, non diventi sterile, non si mummifichi.
Ce lo ricorda anche una bella pagina di Cesare Pavese, tratta da Dialoghi con Leucò; lì, in una riscrittura del mito fondativo di Ulisse, lo scrittore piemontese immagina un dialogo tra la stupenda e immortale Calipso e l’eroe omerico, inquieto e desideroso di toccare nuovamente le sponde di Itaca, tanto che preferirà il ritorno all’immortalità offerta dalla dea. Ma la donna cerca di non perdere Odisseo, e così lo incalza:
Odisseo, non c’è nulla di molto diverso. Anche tu come me vuoi fermarti su un’isola. Hai veduto e patito ogni cosa. Io forse un giorno ti dirò quel che ho patito. Tutti e due siamo stanchi di un grosso destino. Perché continuare? Che t’importa che l’isola non sia quella che cercavi? Qui mai nulla succede. C’è un po’ di terra e un orizzonte. Qui puoi vivere sempre.
Calipso è la tentazione della sosta perenne, la lusinga dell’assenza di domande, perché la ricerca può costare fatica, implicando il rischio:
Ma se tu non rinunci ai tuoi ricordi e ai sogni, se non deponi la smania e non accetti l’orizzonte, non uscirai da quel destino che conosci.
Eppure Odisseo non cede: egli cerca Itaca. Essa appare ai suoi occhi ogni volta che alza lo sguardo, essa abita i suoi desideri:
Da troppo tempo la cerco. Tu non sai quel che sia avvistare una terra e socchiudere gli occhi ogni volta per illudersi. Io non posso accettare e tacere.
Itaca è dentro Odisseo, è il suo io più profondo, che non gli permette di fermarsi, nonostante le offerte della dea, nonostante i pericoli del viaggio:
CALIPSO: Non vale la pena, Odisseo. Chi non si ferma adesso, non si ferma mai più. Quello che fai, lo farai sempre. Devi rompere una volta il destino, devi uscire di strada, e lasciarti affondare nel tempo…
ODISSEO Non sono immortale.
CALIPSO Lo sarai se mi ascolti. Che cos’è la vita eterna se non questo accettare l’istante che va? L’ebbrezza, il piacere, la morte non hanno altro scopo. Cos’è stato finora il tuo errare inquieto?
ODISSEO Se lo sapessi avrei già smesso. Ma tu dimentichi qualcosa.
CALIPSO Dimmi.
ODISSEO Quello che cerco l’ho nel cuore, come te.
Ciascuno ha la sua ricerca, ciascuno troverà la sua perla preziosa; ma fondamentale è mettersi in marcia, vivere la ricerca, dando spazio e ascolto a quello che di autentico e vero ha nel cuore.
Così troverà il Regno dei cieli, così saprà rinunciare, saprà lasciare per trovare, «pieno di gioia».
I dialoghi con leuco è una delle mie letture preferite: mostra come il mito sia fuori dal tempo e dallo spazio interrogandoci nel profondo. Solo che io questo dialogo fra Ulisse e Calipso l’ho letto in modo diverso. La sfida a lasciare sogni e ricordi è l’unica maniera per vivere pienamente il presente senza false aspettative o rimpianti. E stare nel presente non solo rende eterni ma permette realmente di ascoltare i desideri del cuore. Ulisse e Calipso come i due movimenti necessari della vita: stare e ripartire, servono entrambi.