Morte cruda e sprazzi di luce…

Che la morte drammatica e dolorosa di Cristo non è l’ultimo atto della sua vita - e non lo sarà neppure della nostra - è ancora la speranza fondamentale per noi cristiani?
24 Marzo 2024
  • Matthias Grünewald, Crocifissione (1515)

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza. Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. È disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). (…) Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell’ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé. (…) Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele» (Sant’Andrea di Creta, vescovo – dalla Liturgia delle ore della Domenica delle palme).

Ci soffermiamo ora su una grande opera pittorica per farci accompagnare nella meditazione sulla passione di Gesù. La Crocifissione di Matthias Grünewald è forse la rappresentazione più stupefacente e cruda della morte in croce di Gesù. È stata dipinta intorno al 1515 per un ospedale che ospitava coloro che soffrivano di patologie della pelle, allora incurabili e spesso mortali: «Grünewald, […] non vuole scioccare né provocare. Vuole, al contrario, consolare. […] Quel Cristo repellente diceva ai poveri moribondi che anche il figlio di Dio aveva sofferto ogni dolore. In fondo, che anche loro erano figli di Dio. Grünewald vuole anche rafforzare. La fede, intendo. Poiché era credente, e sapeva che solo morendo Cristo poteva risorgere. Cioè che tutto il male sofferto – da lui e da loro – doveva essere accettato, e sopportato, perché aveva un senso. Questo era il messaggio più autentico del cristianesimo, e la ragione della sua popolarità fra gli ultimi del mondo» (Melania Mazzucco).

L’autore rappresenta Cristo nel suo ultimo istante di vita, quando reclina la testa dopo aver gridato le sue ultime parole (“Dio mio, Dio mio, perché mi hi abbandonato?” – Sal 22,2).  La scena è immersa in un buio cosmico, come se la stessa creazione si contorcesse insieme con gli spasmi di Gesù (secondo i vangeli sinottici “si fece buio su tutta la terra”). La sofferenza e la morte sono rappresentate senza sconti, in tutta la loro drammatica e lacerante crudezza.

Ma, mentre nella parte sinistra del dipinto il dolore lancinante è manifestato dalle espressioni sofferenti dei personaggi e dal pallore della Madonna che sviene sopraffatta tra le braccia dell’apostolo Giovanni, procedendo verso destra si colgono segnali di speranza: le mani di Maria Maddalena, inginocchiata davanti alla croce, sono intrecciate nell’angoscia, ma si stagliano su uno sprazzo di luce; infatti proprio Maddalena sarà colei che per prima vedrà la tomba vuota dopo la resurrezione.

Proseguendo verso il lato destro del dipinto, vediamo Giovanni Battista, detto il Precursore, che regge con una mano il libro delle Scritture mentre indica con l’indice dell’altra mano il Crocifisso e con il pollice l’agnello ferito (“Poi vidi ritto…un Agnello, come immolato” Ap 5,6) il cui sangue è raccolto in un calice, richiamo simbolico alla presenza sacramentale di Cristo nel mondo e, quindi, al grande evento della redenzione. Il Battista riconosce il Cristo e ce lo testimonia: “Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: ‘Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!… E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio’ (Gv 1, 29.34).

La morte drammatica e dolorosa di Cristo, dunque, non è l’ultimo atto della sua vita e non lo sarà neppure della nostra, poiché saremo illuminati dall’alba della sua resurrezione. Meditando su questa speranza fondamentale per noi cristiani, mi è risuonata nella mente la canzone di Jimmy Fontana (su testo di Gianni Meccia) intitolata Il mondo:

Ho aperto gli occhi / per guardare intorno a me
E intorno a me /girava il mondo come sempre
Gira, il mondo gira / nello spazio senza fine
Con gli amori appena nati / con gli amori già finiti

Con la gioia e col dolore / della gente come me
Un mondo, / soltanto adesso io ti guardo
Nel tuo silenzio io mi perdo / e sono niente accanto a te
Il mondo / non si é fermato mai un momento
La notte insegue sempre il giorno / ed il giorno verrà.

 

2 risposte a “Morte cruda e sprazzi di luce…”

  1. Alberto Ghiro ha detto:

    La sacralità della morte è ciò che più avvicina l’uomo alla sacralità di Dio e alla sacralità dell’essere suoi figli, relazione che si estende al peccato e al prossimo che insieme costituiscono la vita.
    Infrangendo la sacralità della vita non la si considera più un possesso e si salva l’essere dal venire posseduto dal peccato che ne causa la morte dandogli la possibilità di una vita eterna.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si, malgrado la crudezza reale del dolore che il dipinto rappresenta, malgrado il fatto accaduto abbia un successivo di gioia nella risurrezione dell’uomo-Dio, merita riflettere e viene di concordare con le parole del cantautore che il mondo è tornato a girare sempre il medesimo sempre nella speranza di quel nuovo giorno di vita piena promessa da quell’uomo che si è fatto vittima sacrificale per la salvezza di molti. Questo è un dipinto ma esiste un telo “sacra sindone” dove un uomo ha lasciato impronta delle sofferenze del Crocifisso, il suo volto e il suo corpo parla in chi lo guarda, comunica a distanza di secoli che è tutta la sua Storia da credere, Egli e’ l’esistente il vivente. In questo tempo tragico di guerre e odii cruenti, dovrebbe essere fatto uscire dal quella teca conservativa, portato in processione per le vie mondo perché tutti possano vederlo e ancor più ricevere conforto e a credere in Lui. Nella Sua Parola.

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