Cosa si diceva domenica scorsa? Apriti! all’ascolto della Parola e alla professione della fede. E la prima lettura di oggi fa eco: Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio. Evidentemente il tono è ben diverso. Domenica scorsa il miracolo rompeva la bolla di isolamento nella quale il sordomuto era prigioniero. Oggi, nel Terzo canto del Servo, l’ascolto sembra imporsi, come una forma di violenza (Ger 20,7), e per parlare serve una faccia dura come pietra. Questo cambio di accenti, se vogliamo, dice già tutto: l’esperienza di chi ha ascoltato la Parola e l’ha fatta propria sarà tutt’altro che facile.
Avevamo lasciato Gesù in un improbabile giro intorno al Lago di Tiberiade, detto anche Mare di Galilea, e lo ritroviamo a Cesarea, a nord dello stesso lago. Si tratta di una regione abbastanza periferica, possiamo immaginare che il Maestro non voglia essere disturbato nel suo colloquio con i discepoli. In effetti diversi nodi stanno per venire al pettine: siamo al domandone: «Ma voi, chi dite che io sia?»
Il discorso sull’identità di Gesù ci ha accompagnato per diverse settimane: Chi è costui? Si chiedevano i discepoli dopo la tempesta sedata. Nelle cittadine intorno al mare Galilea, tra la folla, poteva capitare che qualche benpensante, magari un po’ scettico, suggerisse di non disturbare il maestro. I benpensanti di Nazareth superano tutti, si sono messi l’anima in pace ricordando che costui non è altri che il figlio del falegname. Ora, per il gruppo ristretto dei discepoli, sembra arrivato il momento di venire al dunque: «Ma voi, chi dite che io sia?»
Pietro si espone a fare il primo della classe e fornisce la risposta esatta «Tu sei il Cristo». L’episodio è riportato nei tre sinottici e il solo Matteo riferisce anche le parole di approvazione da parte di Gesù, con il celeberrimo mandato: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona … tu sei Pietro e su questa pietra…” Dunque, siamo in un momento clou.
E anche noi, come Pietro, la domanda dobbiamo cercare di non farcela scivolare addosso: «Ma voi, chi dite che io sia?» In questa sede, ovviamente, non faremo i “fenomeni”. Ciascuno può rispondere nell’intimo della propria coscienza, magari confrontando la risposta che proviene dalla testa con le mille altre risposte che vengono dalle parole, dalle opere, dalle omissioni…. Rimane il fatto che la domanda è rivolta a ciascun singolo discepolo, per aiutarlo a diventare credente. E poi rimane il fatto che la domanda è posta ad un voi, una comunità. Dunque non basta guardarsi dentro, ma occorre anche guardarsi intorno: noi comunità di discepoli credenti cosa diciamo di Gesù? Non penso che ci venga richiesto un trattato di teologia, ci viene richiesto di custodire la freschezza del primo annuncio, semplice e appassionato, corroborato dalla testimonianza genuina di tutti.
Provvidenziale e sapiente è l’accostamento tra la domanda di Gesù e quelle di Giacomo, nella seconda lettura: A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Infatti, quando rispondiamo come Pietro alla domanda che Gesù pone, corriamo il rischio di una fede solo declamata; d’altra parte, se leggessimo solo Giacomo, la carità si potrebbe dissolvere in filantropia. Per tornare ad un tema che si è dibattuto anche qui sulle pagine social di VN: la differenza tra la chiesa e una ONG, a mio avviso, sta nel fatto che noi credenti ci sentiamo incessantemente, o almeno frequentemente, interpellati da quella domanda «Ma voi, chi dite che io sia?»
A proposito di confessione di fede, con onestà dobbiamo dirci una distorsione che si può presentare, di tanto in tanto, nelle nostre comunità: quando si è troppo impegnati a scrutare la fede altrui, può succedere che la domanda di Gesù venga elusa. Che poi, d’altra parte, come si misura la fede? la tentazione sarà quella di misurare la fede altrui in base ad altro: prevalentemente la lente sarà quella delle pratiche religiose. Ed è la lettera di Giacomo a ricordarci che serve ben altra lente, quella della carità, e la fede altrui rimane un mistero a cui accostarsi con rispetto.
Il brano evangelico si conclude con altre parole famosissime: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» Quattro parole memorabili: prenda la sua croce. Noi le leggiamo oggi sovrapponendole al racconto della Passione e acquistano un certo significato, che i teologi sapranno spiegare bene. Ma per gli ascoltatori di Gesù, che la Passione dovevano ancora vederla, quelle parole (ammesso che siano state esattamente quelle), cosa volevano dire? E’ un legittimo interrogativo che mi accompagna.
Invece è terribilmente chiara l’ultima riga: è vita vera solo quella in leggerezza, apparentemente in passivo; ma solo se questo passivo non è una dissipazione, ma una donazione.
Questo viaggio Ungheria/Slovacchia si è concluso per essere stato bello e per i telespettatori aver partecipato a un pellegrinaggio visitando i due Paesi europei che hanno accolto il Santo Padre. Le testimonianze che la Chiesa locale hanno proposto al Pietro in visita, sembrano confermare una Fede viva, tanto da incoraggiare il credere che lo Spirito della divinità operi, sia presente a sfatare dubbi e incertezze anche di quei credenti.diventati incerti sotto l’influenza di teorie mondane. Hanno favorito, forse, anche le risposte del Santo Padre ai cronisti, nel viaggio di ritorno: che cosa è l’aborto, e che cosa è il Matrimonio, secondo santa romana Chiesa.;anche la Medicina conferma, che l’essere umano esiste sin dal concepimento, perciò gode di diritto alla vita; il Matrimonio è Sacramento, un amore che accetta sacrificio, ma con la pienezza dei doni che lo Spirito elargisce,la vita diventa esperienza di cui rendergli grazie, perché sempre e l’amore a segnare il passo.
Se il Santo Padre, Papa Francesco, oggi ha solennizzato la chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale volando a Budapest, e’ come se avesse risposto oggi a Cristo come Pietro, alla domanda posta ai suoi a suo tempo. Non solo, ma questo che vuol essere un pellegrinaggio religioso, la compartecipazione di altre Chiese e’ anche incontro di fraternità , nella reciproca singolarità di storiche tradizioni. Un ventaglio di cosmopolita umanità., di lingue diverse. Avviene contemporaneamente in cui Paesi europei sono impegnati in un dialogo teso a raggiungere comunanza di intese politiche ad affrontare quelle sfide :la salute fisica, economica dei cittadini e quella dei cambiamenti climatici del pianeta.. In sintonia al raggiungimento di un benecomune appare la comune preghiera delle Chiese, Spirito di Cristo fatto presente, per una libertà costruttiva di amicizia, solidarietà, a cementare quel desiderio di pace cui tanta umanita sofferente nel mondo aspira.