Pochi giorni fa le religiose della Comunità Loyola (quella dove Rupnik prese le sue vittime) sono state sciolte dai voti e possono tornare laiche oppure scegliere una consacrazione privata. Per l'ex gesuita invece nessun provvedimento ancora: lui resta prete.
Il principio bergogliano che "il tempo è superiore allo spazio" andrebbe applicato anche all'inculturazione, cioè all'adeguamento della fede alle culture diverse: non solo per collocazione geografica, pure per le evoluzioni della storia. Ad esempio quanto al ruolo delle donne.
La mascotte del futuro Giubileo è contestata dai tradizionalisti perché somiglia all'odiata Greta Thunberg. No, la bambolotta Luce è roba da cartoni animati, al massimo utile per fare la felicità delle bancarelle del Giubileo. Non c'era bisogno di un pupazzo come alle Olimpiadi
Per giustificare il no al diaconato femminile, il cardinale Fernandez ha allegato che preti e vescovi non presentano donne nemmeno come candidate per il lettorato e l'accolitato, come pure è permesso. Ma questa è una ragione in più per dare una spallata al maschilismo clericale!
Solo il vescovo Perego ha rotto il profilo bassissimo della Cei sulla deportazione di migranti in Albania: nessuna denuncia, nemmeno dopo aver visto sui media il campo con alti recinti, celle minuscole, sbarre alle finestre: moderno, ma lager. L'otto per mille si ripaga pure così
Che cosa lascia in eredità questo prolungato sinodo? Forse (ma solo forse...) per sapere qualcosa in più bisogna attendere l'omelia del papa alla messa conclusiva di domenica. E anche questo sarebbe un finale assai indicativo per un sinodo che si è occupato della sinodalità
Il Sinodo si avvia a conclusione secondo il suo pacifico tran tran. Finora ha fatto ben poco notizia, persino sui media cattolici e su quelli vaticani: il che in fondo non sarebbe poi un gran male... Molto peggio è che, con i suoi dibattiti, non abbia dato fastidio a nessuno.
Che il Sinodo sia, per volontà papale, solo consultivo è in fondo una bella zappa sui piedi di chi dovrà poi prendere le effettive decisioni, ovvero il clero: noi laici abbiamo esaurito la nostra parte parlando, ora il rischio di sbagliare è solo vostro. E noi stiamo a guardare
Di certo il modello sinodale tende a smontare le pretese del clericalismo, però il paradosso è che a promuoverlo e attuarlo (ad esempio nelle parrocchie) dovrebbe essere proprio il clero. Qualcosa fa pensare che sarà ben difficile che ciò avvenga...
Forse è sbagliato attendersi risposte concrete dal Sinodo. Forse è stato concepito soltanto per scambiare esperienze, tastare le idee, ascoltare. Per quelli che vi partecipano è senz'altro interessante; ma, per qualcosa che tocchi tutti gli altri, mancano le premesse.
Sicuri che, per riformare la Chiesa, bastino i pur sacrosanti dibattiti sul ruolo delle donne o sulla partecipazione dei laici? Il Vaticano II è stato pastorale, il sinodo oggi deve andare molto oltre la pratica
Il Sinodo risolverà qualcosa di concreto? Qualcuno dice che comunque "ha messo in moto un processo". Ma non basta nemmeno come premio di consolazione dopo aver avviato una macchina del genere e soprattutto aver sollevato attese. Il processo va bene, noi aspettiamo sentenze
Il Sinodo produrrà qualcosa di concreto? Da come si mette, non bisogna aspettarsi molto... Però dei problemi veri si parla e, anche se non venissero risolti, almeno sappiamo che ci sono davvero. E che torneranno presto, inesorabilmente, a bussare alla porta
L'impressione è che il Sinodo eviti di affrontare le questioni su cui il papa ha detto recentemente la sua, come ad esempio il ruolo (anche ministeriale) delle donne. Un brutto autogol della celebrata sinodalita'
Rendere obbligatori i Consigli pastorali parrocchiali: davvero rivoluzionaria la proposta dei canonisti al Sinodo! Non solo: c'è "il dovere del pastore di chiedere indicazioni, indirizzi, osservazioni, verifiche, suggerimenti" (ovviamente tutto consultivo). Occhio a non esagerare
Miracoli, manifestazioni celesti, esseri soprannaturali... Tutti gli elementi che in passato servivano ad accreditare la grandezza e verità del cristianesimo, proprio quelli sono oggi i primi ostacoli alla sua credibilità.
Tra i "frutti" di Medjugorie il Vaticano d'ora in poi potrà annoverare anche le migliaia di credenti (e no) che sono rimasti alquanto perplessi, se non scandalizzati, dalle ambiguità del suo pronunciamento, aumentando lo scetticismo nei confronti della Chiesa. E finiamola qui
Permettere la devozione senza prima ammettere la soprannaturalità dei fatti che la giustificano è anche autolesionista: come farà la Chiesa a tornare eventualmente sui suoi passi? Non è così improbabile, persino san Paolo lo sapeva: "Anche satana si maschera da angelo di luce".
Incredibile, qualcuno ha persino contato le comunioni distribuite a Medjugorie in vent'anni: 48,5 milioni. Il Vaticano ha citato la cifra a sostegno della decisione di dare via libera al culto. E noi che credevamo che una contabilità del genere fosse morta negli anni Cinquanta...
La decisione vaticana su Medjugorie è uno schiaffo alla verità storica, cui il cristianesimo ha sempre attribuito gran valore. A questa stregua non conta se Maria è davvero vergine o se Gesù è risorto sul serio: l'importante è che la gente sgrani rosari e vada a messa di più
Medjugorie "promossa" perché produce devozione: come se nella Chiesa non avessimo visto decine di "buoni frutti" nascere da alberi bacati, addirittura marci (vedi Maciel o Vanier)... Ma il fine giustifica tutto ciò che lo produce: una soluzione che sarebbe piaciuta a Machiavelli.
Concesso il nulla osta per il culto a Medjugorie in virtù dei suoi buoni frutti spirituali. Dopo decenni di indagini, la Chiesa non si prende la responsabilità sulla verità dei fatti ma porta a casa il risultato gradito al popolo: una soluzione che sarebbe piaciuta a Pilato.
Pensiero impuro vedendo le rarefatte file di fedeli nelle panche della vasta chiesa domenicale: ma che rivoluzione sarebbe se il prete invitasse semplicemente i presenti a radunarsi tutti insieme fianco a fianco, come vera comunità di fratelli? Forse non servirebbe altra predica
Essere liberi di fronte a qualunque potere significa non avere nulla da chiedergli, da aspettarsi da lui. È la condizione che la Chiesa italiana, coi suoi vescovi e i suoi media, ha nei confronti delĺa politica o dell'economia di casa nostra? La rsposta viene da sé
Quello stesso prete, che aspettando un figlio esce (meritoriamente!) allo scoperto, ha però mantenuto una relazione clandestina che certo non era consona né alla dignità sua né a quella della donna amata e che non era trasparente nei confronti della sua comunità e dei confratelli
Bel messaggio del prete cuneese che sarà padre di un bimbo con problemi cardiaci e lascia il sacerdozio (pur molto amato) per la nuova responsabilità: "Possiamo manifestare l’amore di Cristo accompagnando la persona amata, facendo la lavatrice, preparando la cena. Non vedo l'ora"
Chissà se risponde al vero che nella rassegna stampa diffusa dagli uffici vaticani ai suoi iscritti certi articoli contro Rupnik non appaiono. Intanto il cardinale Zuppi dovrebbe farci sapere cosa pensa della chiesa bolognese in cui il Centro Aletti sta completando i suoi mosaici
L'enfasi esclusiva sulla presenza reale ci ha indotto a un'interpretazione intimista, troppo individualista dell'eucaristia. Abbiamo dimenticato che la comunione è comune unione dei fratelli: e più "presenza reale" di questa...
Quante volte i dogmi cattolici, anziché essere (come invece dovrebbero) aiuti per la fede, diventano confini invalicabili, muri a separare i fratelli: se non ci credi, sei fuori. E tanti - ecclesiastici e no - li usano solo per marcare il territorio.
Non possiamo non dirci cristiani: ed è certamente vero per noi di cultura occidentale. Ma cattolici? È ormai tempo di ammettere che il cattolicesimo è solo una modalità parziale di incarnare il messaggio di Gesù, imperfetta come tutte le altre
Nonostante il dolore delle vittime, nonostante la lettera d'un cardinale che consigliava di non usarle, nonostante ci siano decine di alternative possibili: il Vaticano ha pubblicato ancora un'opera di Rupnik per illustrare un post on line. Eh, una volta la prudenza era una virtù
Stavolta Roma non ci ha girato intorno. Papa Francesco ha detto che operare «sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti è un peccato grave». Non è ancora una scomunica come per i mafiosi, ma si avvicina. E chissà se i vescovi italiani stavolta si accoderanno...
Piccola appendice: ma i preti hanno davvero una cultura cattolica? Nel senso di una cultura approfondita e aggiornata sui temi della teologia e dell'esegesi, così da essere in grado di compiere la loro funzione (sempre ribadita) di "maestri" della comunità? C'è da chiederselo
Per tentare una piccola, parziale sintesi: la cultura cattolica è e resta una cultura settoriale, utile o necessaria in molti casi, ma che troppo spesso dimentica i suoi limiti con una pretesa di totalità su cui i cattolici devono ridimensionarsi. In molti sensi
Nella Chiesa italiana abbiamo vissuto di recente un «Progetto culturale», con tanto di manifestazioni e seminari di intellettuali. Ma il suo aspetto troppo strumentale (difendere a livello politico e sociale i valori cosiddetti «irrinunciabili») non ha lasciato eredità durevole
Assistiamo a troppa pastorale, liturgia, catechesi, arte sacra che puntano sul puro devozionalismo, cioè sul sentimento, col quale è molto più facile aggregare adepti e illudersi sul loro numero. Chiamare i credenti al pensiero invece è faticoso e soprattutto assai più rischioso.
«Fides quaerens intellectum» è il motto millenario che riassume lo scopo della teologia. Oggi che la fede non c’è più, è piuttosto la ragione che deve cercare la/e sua/e trascendenza/e. Perché le grandi domande sulla vita e sull’uomo non sono un’esclusiva della cultura cattolica
Il dubbio metodico è uno dei più potenti motori della cultura, il possesso della verità definitiva è invece la pretesa della Chiesa. L’incontro tra i due sembra impossibile, eppure da questo paradosso dipende la reale vitalità di una eventuale cultura cattolica.
Non si dovrebbe dimenticare che gran parte della cultura cattolica di oggi è basata sul pensiero degli «eretici» di ieri e che senza gli sforzi intellettuali di tanti intellettuali eterodossi (duramente sanzionati!) la Chiesa avrebbe fatto ben pochi passi avanti.
L’intuizione fondante della cultura cattolica è che la fede deve diventare cultura: cioè pensiero, ricerca, dialogo, razionalità… Tutti elementi che presuppongono però la libertà. Anche quella di sbagliare, anche quella di non essere d’accordo: il cattolicesimo lo ammetterebbe?
È inevitabile: anche solo definendosi con tale aggettivo, la cultura cattolica si dichiara di parte e quindi si trova in netto svantaggio rispetto alla cultura «laica», che in quanto tale rivendica (spesso abusivamente: ma questa è un'altra questione) la sua neutralità
Da almeno mezzo millennio la cultura cattolica si è caratterizzata per i suoi «anti-»: controriforma, controrivoluzione, antimodernismo, anticomunismo… Indirizzi che non solo l’hanno spesso collocata fuori dal dibattito culturale del tempo, ma pure ne hanno chiuso gli orizzonti
Uno dei difetti maggiori della cultura cattolica è sempre stata l’attitudine apologetica: sembra un dovere, per l’intellettuale cattolico, difendere l’operato o la visione della Chiesa, minimizzarne gli errori, contrattaccare i «nemici». Ciò ha assai limitato la sua credibilità
Ma si può fare cultura senza un popolo? Finora proprio questa era la caratteristica sbandierata con orgoglio della cultura cattolica: essere popolare. Oggi la fraternità cristiana (e tra cristiani) è messa fortemente in crisi dall’individualismo, anche perciò non produce cultura
Forse ha ragione chi sostiene che alla cultura cattolica manca soprattutto il desiderio di misurarsi in campo aperto con il mondo, oggi così confuso e frammentario. Anche il cristianesimo ha subìto la decadenza delle grandi ideologie, non mostra più alti ideali: si accontenta
La cultura cattolica vive spesso nella logica del «recinto»: che è uno spazio limitato, in cui non si possono accogliere tutte le ipotesi e visioni, ma d’altra parte difende da eventuali idee più pregnanti, meglio fondate, più attuali. Il cattolico dribbla così il confronto
A volte si ha l’impressione che alcuni intellettuali cattolici avanzino lamenti per il mancato riconoscimento «alla pari» della cultura cattolica non tanto per ciò che avrebbe di originale da dire, ma per garantirsi uno spazio in cui solo loro sarebbero deputati ad esprimersi
La convinzione di una vita e una giustizia ultraterrena. L’indissolubilità del matrimonio. Il dovere del perdono. Sono, alla rinfusa, alcuni temi su cui una cultura cristiana può o deve combattere le sue battaglie. Ma sapendo che suo primo dovere è darne giustificazione razionale
Anche nelle scienze umane ci sono temi su cui la cultura cattolica ha contribuito a ottenere risultati largamente condivisi (cfr i diritti umani) e altri in cui invece si fa appello a una visione del mondo legata alla fede, dunque non applicabile universalmente in modo automatico
Per esempio, nessuna sedicente cultura cattolica potrebbe opporsi alle conclamate scoperte della paleontologia, magari in nome del racconto biblico della creazione. Ricordiamocelo: Galileo aveva ragione, ma fu condannato proprio dalla sedicente cultura cattolica del suo tempo...
Una domanda però s’impone: se nelle scienze umane ogni interpretazione è ancora molto legata alle varie ideologie, in quelle cosiddette esatte è davvero necessaria una cultura cattolica per occuparsi di materie ormai studiate da una comunità che si dice «neutra», dunque aperta?
Ovviamente cultura cattolica non è solamente quella che si occupa di argomenti religiosi e si tratta nelle università pontificie: teologia, esegesi, morale, pastorale, eccetera. Essa deve, anzi esige di interessarsi dalla sua prospettiva di qualunque ambito, scientifico o sociale
Il primo sforzo di una cultura cattolica dovrebbe essere ri-raccontare in modo modernamente accettabile i contenuti millenari del cristianesimo, uscendo dal linguaggio infantil-mitico e approfittando di tanti seri studi esistenti. Anche a rischio di rivoluzionare certe tradizioni
Il linguaggio con cui parla la cultura cattolica è spesso superato, o comunque non ottiene la comunicazione necessaria col mondo. Siamo proprio certi che la gente comprenda nel nostro stesso senso parole in apparenza semplici come salvezza, comunione, carità, coscienza, peccato?
Detto tra parentesi: se oggi la cultura cattolica è decadente, forse un motivo è anche la mancata alfabetizzazione nelle scuole (cosa diversa dalla catechesi) sui suoi contenuti di base. Difficile che un giovane decida di approfondire un tema se non ne conosce nemmeno l’abc
Un primo genere di cultura (meglio: alfabetizzazione) cattolica è dunque puramente strumentale: come il possesso di una lingua indispensabile per poi analizzarne la letteratura, come la comprensione delle formule matematiche per studiare la fisica quantistica
Certo, una cultura cattolica è però assolutamente necessaria in una civiltà come la nostra occidentale che da due millenni si nutre e si poggia sui suoi presupposti. Se non altro per capire Dante, gli affreschi di Michelangelo, il pensiero di Pascal, la storia dell’Italia…
La cultura cattolica è dunque una lettura parziale e limitata della realtà. Ciò contrasta con la sua pretesa - spesso ripetuta – di essere quella perfetta, definitiva e più completa rispetto alle altre. Occorre che soprattutto i cattolici ne siano consapevoli
La cultura cattolica vuol rappresentare la visione del mondo secondo modalità derivate dal messaggio di Cristo e dal Vangelo, ma anche da una mole infinita d'interpretazioni accumulate nei secoli dalla Chiesa. In tal senso è un’ideologia, alla pari di tante altre. Teniamone conto
D’accordo: allo stesso modo non sono libere nemmeno altre culture, la marxista per dire, o la liberale. Infatti in tutti i casi si tratta di ideologie, di visioni del mondo che legittimamente informano le ricerche dello studioso. Spesso purtroppo anche i suoi metodi e le ipotesi