Sul palcoscenico: la melodia della speranza

L’esperienza della sofferenza può trasformarsi in una fonte di speranza inesauribile in grado di ridare e riportare vita…
10 Febbraio 2024

Capita spesso nella vita di fare della speranza una sorta di appiglio consolatorio tipico di chi, in realtà, sta pensando che non ci sia più niente da fare. Di contro, in una visione della vita troppo negativamente apatica, la speranza potrebbe risultare quell’antidoto in grado di riportare alla vita sia il singolo uomo che la società intera, in quanto essa riesce a squarciare il cielo della morte per far risplendere il sole della vita. Ma di cosa si nutre la speranza?

Nel palco dell’Ariston di Sanremo, il giovane pianista Giovanni Allevi – affetto da un tumore che gli ha impedito per due anni di suonare in pubblico – ha cantato un inno alla vita ove è possibile rintracciare gli elementi di cui si nutre la speranza: “ho perso molto…il mio lavoro, ho perso i miei capelli… le mie certezze ma non la speranza e la voglia d’immaginare”.

La medesima sofferenza che lo aveva annullato paradossalmente ha riacceso la voglia d’immaginare. L’immaginazione, inevitabilmente legata al sogno, carica la vita di senso e di significato da cui poter ricevere forza per continuare a scalare le più impervie vette dell’esistenza; con l’immaginazione anche le crepe sono bellezza!

Allevi continua dicendo che “ognuno di noi è irripetibile”. La speranza si nutre della consapevolezza che abbiamo di essere unici e irripetibili, le due caratteristiche che consentono all’uomo di scoprirsi amato perché pensato da Colui che è la sorgente della stessa vita.

Da questo ne consegue la “gratitudine nei confronti della bellezza del creato”. La gratitudine è segno di una vita contemplativa e nutrimento della speranza perché porta nel cuore grato la consapevolezza di essere dono e la capacità di vedere tutto, il creato e gli altri, come grazia donata.

Infine, “io sono quel che sono e gli altri sono quel che sono”, il dono di lasciar essere, dare a sé stessi e agli altri uno spazio di vita nel mondo lasciando che ognuno sia quel calore che riscalda i gelidi ghiacciai della prevaricazione e dell’egoismo.

Sicuramente, il giovane pianista avrà fatto i conti con il perché della sua malattia e ha sentito di essere amato nella sua parte di buio. Ripartire dal buio, dalla propria zona d’ombra consente a Dio di partorire un senso in chi quel senso lo ha smarrito; ed è per questo che Allevi – ma come lui, ogni “pietra scartata” – può diventare maestro di speranza per ogni uomo e donna in cerca di vita.

D’altronde, è lo stesso principio che ha condotto il compianto palermitano fratel Biagio Conte quando ha partorito quella che oggi è conosciuta come “Missione Speranza e Carità” che aiuta gli scartati a diventare la “pietra d’angolo” su cui costruire l’intero palazzo.

La speranza – afferma papa Francesco – è una virtù “concreta” perché è un incontro. Lo stesso Gesù che incontriamo nell’Eucarestia e nella Parola ci è dato di vederlo nei poveri e in coloro che soffrono, proprio come Allevi con i bambini dell’ospedale in cui è stato curato.

È nell’incontro che si è capaci di stupirsi dell’umanità per il semplice fatto che in ciascuno abita un mistero che è piccolezza nonché luce che si dischiude nella profondità della tenebra.

4 risposte a “Sul palcoscenico: la melodia della speranza”

  1. Giulia Lellis ha detto:

    “DAL PALCOSCENICO DI SAN REMO mentre le chiese sono sempre più vuote, soprattutto di giovani……….”
    Veramente obsoleto questo parallelismo. Per una volta che la Parola ci raggiunge tutti indistintame nte e ci scalda il cuore….
    Il Signore ci parla attraverso luoghi e persone inconsuete…
    Le chiese vuote dovrebbero interrogare prima di tutto chi le abita e smetterla di colpevolizzare chi ( a ragione o a torto) preferisce altri ” luoghi”.

  2. Maurizio Martinuzzi ha detto:

    Buongiorno, concordo totalmente, complimenti riflessioni utili e necessaire;

  3. Franca Baronio ha detto:

    Che tristezza , (secondo me degna di molta riflessione) pensare che ci si entusiasmi per un INNO ALLA VITA che diventa virale solo perché viene DAL PALCOSCENICO DI SAN REMO mentre le chiese sono sempre più vuote, soprattutto di giovani……….

  4. Angela Impellizzeri ha detto:

    Buon giorno.Pienamente d’accordo,accontentiamoci di quello che abbiamo sempre , perché tutto il resto non serve , perché essere nati è il dono più bello che Dio ci ha donato.La nostra anima risplende di luce che riscalda il cuore di chi ci sta accanto.

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