La “soluzione migliore”: biglietti pastorali dei giovani

Il vicepresidente della CEI, don Erio Castellucci, e i giovani in un'interessante iniziativa della diocesi di Modena-Nonantola
22 Novembre 2021

In occasione del ciclo di tre “Dialoghi sinodali” organizzato da ACLI lombarde e Molte Fedi, il vescovo Castellucci ha parlato anche dei giovani e di un’interessante iniziativa realizzata con loro al termine dell’estate passata.

 

Tale iniziativa si è conclusa con la pubblicazione della seguente Lettera pastorale di cui pubblichiamo un estratto:

 

Non saprei rispondere in modo più creativo alla domanda «che cosa chiedi alla Chiesa?» di quanto abbiano fatto gli ottanta giovani, provenienti da 26 parrocchie di Modena, interpellati in maniera “sinodale” durante la vacanza di Campestrin (TN) organizzata dalla pastorale giovanile diocesana a fine agosto 2021…

Mi hanno colpito le loro osservazioni: creative, sincere, profonde. Non le ho recepite come dei giudizi – per quanto favoriscano anche un esame di coscienza personale e comunitario – ma come dei desideri. Si ripetevano nei loro biglietti i concetti di “apertura”, “prossimità”, “formazione”…

Si obietterà che quegli ottanta erano “selezionati”; ma credo che in realtà abbiano espresso ciò che pensa la maggior parte dei giovani che partecipano alla vita delle nostre comunità …

I nostri giovani manifestano una grande autenticità: chiedono di essere accompagnati, di poter parlare di più con i presbiteri (per questo auspicano che non siano affogati dalla burocrazia) e di ricevere una formazione più solida; chiedono agli adulti di fidarsi di più dei giovani, di evitare inutili tensioni e litigi, senza attaccarsi alle piccole fette di potere, e di lasciare spazio anche a loro. Ho capito, una volta ancora, quanto avesse ragione san Benedetto da Norcia quando, ormai quindici secoli fa, nella sua Regola monastica domandava all’abate di «consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (III,3).

I quattro temi sui quali hanno riflettuto i gruppi sono quindi: l’esperienza cristiana, i sacramenti, gli affetti e la sessualità, il rapporto con il creato. Questi grandi temi ci permettono un inserimento creativo nel cammino sinodale che la Chiesa universale e italiana sta avviando; questo cammino non è altro che la pratica dello stile di dialogo, confronto, preghiera, scambio di esperienze, celebrazioni, attività. Siamo chiamati nei prossimi anni ad un ascolto profondo di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese”; in un tempo nel quale prevalgono spesso sensazioni, discorsi e gesti negativi, credo proprio che dai giovani possa arrivare “la soluzione migliore”.

Ed è su questa base che propongo piccole tracce:

1.       Ascolto e servizio: gratuità ed efficienza

È interessante che i giovani cristiani reclamino la sepoltura dell’efficientismo e domandino più spazio per la musica. L’efficientismo, di cui noi adulti a volte siamo malati, finisce per strumentalizzare gli altri, anche in parrocchia: crea relazioni interessate, “perché c’è bisogno”, finalizzate ad un preciso risultato e ad un guadagno. La musica invece appartiene al mondo dell’arte, del gratuito, del “bello” – i ragazzi sono particolarmente sensibili alla bellezza – e del disinteressato.

Non si tratta ovviamente di stare con le mani in mano; si tratta di rimettere in fila le priorità: il servizio di Marta è importante, ma l’ascolto di Maria è per Gesù addirittura essenziale, è “la parte migliore”, perché rappresenta il nucleo del servizio (cf. Lc 10,38-42). E quando i giovani chiedono alle comunità cristiane accoglienza e apertura, è perché desiderano essere considerati non solo per quello che possono fare, ma per quello che sono.

Se non si sperimenta nella Chiesa la logica del dono, dove si deve sperimentare? Quando poi una persona si sente valorizzata per ciò che è, per il fatto stesso di esistere, allora “fa” molto di più e lo fa anche volentieri: alla fine, la gratuità favorisce anche l’efficienza, evitando però l’efficientismo…

 

2.     Liturgia eucaristica e sacramenti

Le indagini sociologiche registrano una crescente disaffezione dei giovani (e non solo) alle celebrazioni sacramentali. Eppure la liturgia è, per sua natura, l’esperienza di gratuità e di bellezza più pura che si possa vivere: e un credente dovrebbe desiderarla. Ci deve essere qualcosa che non funziona, se noi adulti non riusciamo a testimoniare ai ragazzi la gioia dell’incontro comunitario con il Signore, nei momenti qualificanti della vita cristiana.

D’altra parte, però, i pochi giovani che oggi prendono parte alle liturgie comunitarie lo fanno non più per convenzione ma per convinzione; e si mostrano totalmente disinteressati, grazie a Dio, alle questioni che tanto appassionano alcuni cattolici adulti, come i dibattiti sulla comunione in mano o in bocca o sulla traduzione del “Padre nostro” o sulla Messa in latino… I ragazzi cristiani vanno al sodo: se sperimentano liturgie sobrie e coinvolgenti, commenti incisivi, brevi e concreti alla Scrittura, una partecipazione attiva, un buon dosaggio tra silenzio, gesti e parole e le “porte aperte”… ci stanno.

La richiesta di integrare le celebrazioni comunitarie con alcuni riti domestici scoperti durante il lockdown non deve fare pensare che i giovani desiderino ritirarsi in casa; semplicemente chiedono di sentirsi accompagnati anche nel loro quotidiano; anche il sacramento della penitenza diventa importante, per loro, quando si colloca in un contesto di accoglienza e disponibilità al dialogo da parte dei presbiteri. Il fatto che non tutti sono ritornati alle nostre liturgie parrocchiali, non deve favorire l’arte dei lamenti, ma deve spingere le nostre comunità ad essere più attraenti.

 

3.      Corpo, affetti, sessualità

Alle dimensioni affettiva e sessuale, come è normale, i giovani sono particolarmente sensibili; e quelli tra loro credenti ne avvertono sia la preziosità sia la fragilità. Questi argomenti sono dei veri e propri “banchi di prova” per la credibilità delle comunità e del messaggio cristiano.

Molti ragazzi abbandonano la pratica della fede proprio a motivo della difficoltà di comporre le tensioni naturali o indotte, che avvertono nel loro corpo, con i divieti, con i quali identificano la proposta cristiana. Sappiamo bene come spesso si tratti di percezioni distorte o interessate; ma dobbiamo comunque chiederci, noi adulti, se siamo in grado di testimoniare la bellezza degli affetti, del corpo e della sessualità. Spesso i giovani ci sfidano, perché sanno che su questi temi ci mettono in imbarazzo e vedono che tante volte ci limitiamo a dire che cosa si può o non si può fare, ma non riusciamo a dare delle motivazioni convincenti.

Eppure basterebbe attingere alla tradizione più solida, scavata con particolare profondità dal magistero di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, per dare sostanza all’antropologia cristiana e proporre una visione esigente, certo, ma anche esaltante. I giovani più sensibili sanno distinguere tra sfruttamento e dono; e sanno bene che la banalizzazione del sesso, oggi così manifesta nel bombardamento pornografico che colpisce già i bambini, non è la strada che il Signore ha tracciato per vivere la sessualità; che è invece la strada del rispetto, del dono, della gioia reciproca dentro ad un progetto di vita. E sono disponibili a confrontarsi, senza fare sconti a noi adulti, a patto di non sentirsi giudicati ma accompagnati.

 

4.     Il grido della terra

Negli ultimi anni sono stati proprio i giovani, con la loro particolare carica e i loro sogni, a scuotere il mondo degli adulti, richiamandoli alla responsabilità verso l’intero creato. I giovani cristiani, ma anche tanti altri giovani, non fanno fatica a sentirsi in armonia con l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che raccoglie e rilancia il magistero “ecologico” avviato da Paolo VI mezzo secolo fa e approfondito da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

I ragazzi parlano di “responsabilità”, connettendo direttamente il rispetto per l’ambiente con il rispetto per gli altri. Si rendono conto perfettamente che la natura non è un ammasso di materiali inerti da sfruttare a piacere, ma un dono del Creatore da far fruttare – bellissima questa assonanza proposta da loro – e che la nostra relazione con fratello sole e sorella luna, con fratello fuoco e sorella acqua, si riverbera sul nostro stesso destino. Hanno compreso che il creato è una “casa comune” e che, quindi, il nostro comportamento ha un impatto preciso su noi stessi: se inquiniamo questa casa, la sporchiamo e le togliamo l’aria, ci ammaliamo noi stessi, che siamo i suoi abitanti.

La concretezza dei giovani li porta poi a proporre realisticamente a ciascuno di fare “il proprio piccolo ogni giorno”, educando così anche gli altri. E li porta anche a percepire la fede come ulteriore motivazione dell’impegno per la salvaguardia del creato e la sostenibilità ecologica. Ormai non possiamo più lasciare questo tema fuori dalla nostra catechesi e dalla formazione cristiana: del resto, come sappiamo, la Bibbia fin dalle sue prime pagine presenta il mondo come “creato” e l’essere umano profondamente intrecciato agli elementi cosmici. La crescente sensibilità della nostre comunità a queste dimensioni è anche merito dei giovani.

 

Le piste qui indicate sono solo delle proposte, da integrare liberamente con i “dieci nuclei tematici da approfondire” che il Sinodo dei Vescovi propone a tutte le diocesi per la consultazione dei fedeli: sarà una bella avventura, quella del cammino sinodale, se però ci coinvolgeremo umilmente, abbandonando scetticismo e cinismo e mettendoci nell’atteggiamento di offrire in modo costruttivo idee, esperienze ed energie, insieme a un po’ di tempo e disponibilità.

 

2 risposte a “La “soluzione migliore”: biglietti pastorali dei giovani”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …ho visto ieri teletrasmesso h.17.30 o 19? Si chiedeva ai ragazzi quali frasi ricordavano particolarmente del Santo Padre; uno o due hanno stralciato che potere vuol dire anche servire,e quanto implicitamente questo significa. Ma al telespettatore rimane l’impressione che ben è stata riportata da un don Armando e si conviene anche di quanto una signora teologa ha a sua volta rilevato intervistando o leggendo e ascoltato da migliaia di altre voci di giovani. La povertà spirituale non è tanto nell’animo di questi ma nella assenza di “care”, di amore quelle cure materne di cui si parla esistenti anche in Dio stesso e per questo si ravvisano debbano esserci anche presenti in natura umana. La Chiesa oggi dovrebbe partire da lì, dal nulla e sperare di riaccendere quel fuoco (soffiando via la cenere.. (Espressione di teologa), che come madre condivido pienamente e provo pena per questa povertà inconsapevole subita, tanto necessaria alla loro crescita,al loro futuro

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Una voce extra,sono lettrice della Parola da anni, anche accedere a questo “ministero”? ha importanza se le letture non sono soltanto lette ma prima conosciute, compresa la Parola perché raggiunga l’ascoltatore e diventi meditazione utile a essere vissuta. Così, se non si fa come il Maestro ha fatto, il risultato è sotto i nostri occhi oggi, il confronto con quanto il mondo propone a sua volta ai giovani, astemi all’amore come via interpretativa alla comunicazione, a interpretare sentimenti, a contare su quanto ogni essere umano ha in deposito nel cuore. Questa eredità esiste perché il Creatore stesso l’ha depositata,un po’ della sua divinità che esistendo va tenuta viva appunto da quel l’amore che fa coesistere la natura umana con quella divina in divenire sempre più presente. Il medico-pediatra raccomanda “care” particolarmente nei primissimi anni del nascituro, e dunque una coincidenza, scienza e vita,. Questo sinodo si trova a iniziare con un “tu X tu”

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