“Ruinez”?

In che senso l’intervento del cantante Fedez, dal palco del concerto del 1° maggio, e quello del cardinal Ruini, dalle colonne del quotidiano Il Foglio, sono più simili di quanto si possa immaginare…
7 Maggio 2021

Prima o poi anche il mondo cattolico ufficiale doveva far sentire la propria voce sullo “scandalo” provocato da Fedez durante il concerto del 1° maggio . Concentrandosi, però, sulla parte del monologo relativa al Ddl Zan e trascurando completamente (come è avvenuto anche in altri mondi culturali) la parte iniziale e finale del monologo stesso, in cui l’artista milanese rivolgeva un giusto richiamo al presidente Draghi in tema di ristori per i lavoratori del mondo dello spettacolo e effettuava un corretto riferimento ad un ambiguo investimento della banca vaticana prontamente dismesso nel 2016.

 

 

Monsignor Suetta, già salito agli onori della cronaca per la (presunta) blasfemia di Achille Lauro al festival di Sanremo, ha definito l’intervento di Fedez «un tentativo pubblicitario piuttosto maldestro» e «inopportuno»: «una scorrettezza, un siparietto architettato come una macchina da propaganda, una sorta di violenza ideologica e di pressione mediatica»; aggiungendo che la Rai (un servizio pubblico) e lo stesso cantante (durante un evento pubblico nazionale) avrebbero di fatto eluso «un adeguato confronto e approfondimento», necessario «per affrontare un argomento così delicato (…) non a botte di slogan».

Più sfumato, ma sostanzialmente sulla stessa linea interpretativa, il lungo commento di Mimmo Muolo e Marco Iavesoli a proposito dell’ultimo periodo della carriera di Fedez (Sanremo, LOL, Concerto del 1° maggio): una «strategia sapientemente pianificata» al cui interno affrontare «problemi di grande interesse e complessità condendoli dei consueti luoghi comuni»: «raccogliere cittadini su una singola causa… Bombardando. Semplificando. Facendo a polpette le idee diverse (…), senza nemmeno dover sciorinare una visione – discutibile quanto si vuole – ma comunque complessiva del Paese e dei suoi problemi» – quella che Mario Ricciardi, direttore della rivista “Il Mulino”, chiama «una visione ragionata della società».

Dunque, ciò che viene rimproverato a Fedez, quasi al di là della causa di volta in volta sposata, è il fatto che nella sua presenza costante sui social ogni discussione complessa e quindi bisognosa di mediazione, traduzione, negoziazione e compromesso venga semplificata oltre misura e ridotta ad una modalità binaria di confronto – qua o là, pro o contro – forse sincera, ma prigioniera di quel fenomeno più ampio noto come disintermediazione. Un approccio che, condotto insieme alla moglie Chiara Ferragni (nota influencer con cui ha dato vita alla mitologica coppia dei “Ferragnez”), si inserisce – secondo autorevoli commentatori come Stefano Cappellini e Antonio Polito – nella lunga scia culturale post ‘89, inaugurata dal partito-azienda di Berlusconi e giunta sino a noi con la (anti)politica-spettacolo di Grillo e del Movimento 5 Stelle (del cui inno Fedez fu autore nel 2014).

Tutto chiaro, quindi. Si dà il caso, però, che negli stessi giorni il cardinal Ruini sia intervenuto su un tema molto vicino a quello portato alla ribalta da Fedez (rispettivamente, la benedizione delle coppie omosessuali e il Ddl Zan). E lo ha fatto ribadendo quanto asserito dal noto Responsum della Congregazione per la dottrina della fede (CdF): «semplicemente, la Chiesa non ha il potere di benedire queste unioni», perché «non può benedire il peccato», pur riconoscendo che esso potrebbe sfuggire alla «responsabilità soggettiva delle persone». Non ha il potere, dunque. L’atto – e l’unione omosessuale – è un peccato «contrario ai disegni di Dio». Ma le persone sono «da rispettare e da accogliere». Punto. Riducendo alla pia volontà del Papa di «attenuare conflitti che fanno male alla Chiesa» il fatto inusuale del mero «assenso alla pubblicazione» del Responsum invece del consueto e molto più impegnativo «approvato e ordinato la pubblicazione».  Riconoscendo in questo ambito i «cambiamenti profondi e in buona parte giustificati» che hanno condotto «oggi» a non valutare più l’omosessualità come un reato e di conseguenza a non discriminare più gli omosessuali stessi. Ma fissando un paletto insormontabile: chi proverà a benedire queste coppie (o ne avvallerà la benedizione) si renderà responsabile della concretizzazione di quel «rischio di scisma» che per Ruini è innegabile ma non auspicabile.

Anche in tal caso, quindi, tutto chiaro. Finalmente qualcuno che parla chiaramente «in un tempo di inganno universale» (così viene ben sintetizzato sui social il pensiero di una parte del popolo – cattolico – di Dio). Ora, però, basterebbe aver letto con un minimo di attenzione quanto di recente ha scritto su questo tema un altro Grillo – non Beppe ma Andrea (teologo al Sant’Anselmo di Roma nella splendida cornice dell’Aventino), per essere molto più prudenti nei giudizi. Dietro la questione della benedizione delle coppie omosessuali, così semplicemente affrontata dalla CdF e dal cardinal Ruini, ci sono infatti una serie di nodi storici, non solo teologici ma di vita cristiana, che risultano essere decisamente complessi e quindi bisognosi di molte mediazioni e traduzioni, oltre che di una discussione molto ampia e approfondita (come quella offerta dal teologo ligure). Cosa vuol dire benedire? Gli atti omosessuali sono – e in che senso – “peccaminosi” e “disordinati”? Cosa è stata e cosa è oggi la sessualità? Quali sono i beni in gioco nella relazione coniugale sancita dall’istituto del matrimonio? Come può parlare di questi temi in modo autorevole (e non autoritario) un vescovo e, soprattutto, il vescovo di Roma? Come si può evitare la normalizzazione delle parole magisteriali «audaci e creative» di un vescovo, soprattutto se è quello di Roma? In definitiva, cosa è, chi detiene e come si esercita il potere nella Chiesa?

Ora, noi non sappiamo se Grillo avrà ragione (in tutto, in parte o per nulla), e anzi sarebbe pure interessante leggere finalmente qualche seria confutazione o correzione o miglioramento di questi suoi tornanti teologici. Anche perché mi sembra assolutamente necessario che in questo tempo che viviamo debbano essere molti di più i teologi che contribuiscono alla formazione di un orientamento pubblico cattolico attraverso uno stile e dei contenuti (offerti in rete) che siano comprensibili e abbracciabili dai più, senza perciò perdere alcunché in profondità e densità di argomentazione. Ancor meno, ovviamente, possiamo oggi sapere o anche solo ipotizzare in quale direzione andrà la storia dell’umanità e quella di Dio su questi temi. Quello che però mi sembra si possa ragionevolmente sostenere è che il modo in cui il cardinal Ruini ha parlato dal palco del quotidiano Il Foglio (come già altre volte da quello del Corriere della Sera) è sicuramente molto chiaro, ma – per dirla con Jaspers – poco chiarificante. Più semplificatorio, a tratti semplicistico, che semplificante.

In definitiva, quello che mi è balzato agli occhi in questi giorni sovrabbondanti di analisi degli interventi di Fedez e del cardinal Ruini è che, paradossalmente, ciò che alcuni cattolici hanno duramente rimproverato al primo – ossia semplificazione e riduzionismo di ciò che è complesso e che richiede un ampio confronto – è al contempo ciò che si potrebbe bonariamente rimproverare al secondo. L’accostamento, poi, non sembrerà così assurdo se, da un lato, alla linea Berlusconi-(Grillo)-Fedez affianchiamo la storica «sintonia con Berlusconi» confessata di recente dal cardinal Ruini e, dall’altro lato, leggiamo insieme il «dialogo doveroso» con un Salvini dalle «notevoli prospettive» – che lo stesso cardinale auspicò due anni fa – con l’interpretazione di molti analisti della comunicazione che vedono in Salvini e in Fedez l’uno lo specchio, il doppio, dell’altro.

Insomma, per strappare un sorriso, vorremmo poter dire che in questi giorni, alla coppia dei “Ferragnez”, si è sostituita quella dei “Ruinez”. Il caso, però, è serio. Come già segnalavamo qui, il vero scandalo, la pietra d’inciampo, il segno di contraddizione sarebbe costituito dalla complessità, anche opaca, del tempo odierno, che una parte della Chiesa (quella del Concilio?) vorrebbe in qualche modo incontrare, per decodificarla, chiarificarla e poi mediarla dialogicamente; mentre un’altra parte della Chiesa (quella del post – che è un pre – Concilio?) sembra essersi di fatto stancata di relazionarsi con essa attraverso tutte queste mediazioni storiche e comunicative, per affrontarla invece con piglio più decisionista e attraverso una maggiore essenzializzazione delle questioni – che spesso, però, si rivela essere solo un’astorica semplificazione che azzera ogni discussione.

Certo, possiamo non disperare del tutto se lo stesso Fedez negli anni ha cercato, a suo modo, di porre rimedio a certi errori omofobi e anticlericali «di gioventù» (così li ha chiamati), dovuti all’«ignoranza» conseguente alla mancanza di un certo tipo di educazione. In tal senso vanno interpretati i suoi podcast con persone da cui dice di aver «imparato un sacco di cose perché non mi voglio dare preclusioni», tra cui don Alberto Ravagnani, Mauro Biglino e Alessandro Barbero.

Bisognerà vedere se anche nella Chiesa emergerà questa voglia di imparare da tutti senza troppe preclusioni. Sicuramente il sinodo incipiente anche a questo, come Chiesa, ci costringerà…

 

 

 

5 risposte a ““Ruinez”?”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    commento da s-culturato uomo della strada…
    Ma che contradditorio degno di qs. nome per
    Un rapper a Sanremo
    Un ‘quello ha detto’ con cui sono infarciti TUTTI i TG
    Un tweet di Trump che poi è stato s-tweettato, am.vedi!
    Un generico invitato alle varie trasmissioni: come mai finisce in GRIDA quasi sempre?
    Mi permette di dire che di tutto si tratta fuorchè di confronto contradditorio?

    A me, ma confesso la mia ignoranza, suona male voler impedire ad uno di dire
    quello che pensa ogni volta che non ha davanti un contraltare con cui litigare.
    Senza dimenticare due cose: la querela, sempre possibile…
    e la nostra intelligenza, forse data x svaporata, come le sigarette moderne..

  2. vincenzo gribaudo ha detto:

    Una discussione per spiegare la propria fede è sempre utile. Pensare di mettere tutto in discussione credo sia solo desiderio di scappare dai propri impegni morali. Oggi manca la cultura religiosa e teologica nei cattolici. La maggioranza non ha tempo e possibilità. La realtà è che piano piano arriveremo al puro paganesimo a furia di discutere e non invece con forza e dignità a predicare il Vangelo, oltre a praticarlo. Pensare che il cristianesimo ai tempi di Costantino era al 10/100 della popolazione dell’impero. Nulla di più contrario alla cultura cristiana eppure…

  3. Alessandro Manfridi ha detto:

    Sicuramente a Sergio Ventura si può replicare su questo blog.
    Al cardinal Ruini replicava il giornalista e può replicare su altri canali chi esprime la sua opinione, come avviene in questo articolo.
    Il paragone tra gli interventi di Fedez e il cardinal Ruini, al di là delle differenze sui canali sui quali sono stati lanciati, mi sembra interessante, laddove l’articolo di Ventura pone degli interrogativi finali su quale possa essere il rapporto tra la Chiesa e il Mondo, non solo nel campo della comunicazione

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Certamente appare al semplice lettore come “un interrogarsi cercando risposta da parte di un uomo libero che suppone di avere trovato risposta valida anche da condividere a sua volta fra tanti; mentre nell’intervista al cardinale la chiarezza di risposta è perché non è Maestro da se stesso ma attinge a un serbatoio già esistente, il Pensiero-Parola delle Sacre Scritture e a sua volta nutre libera risposta. Fede e ragione, un cammino che l’uomo di Chiesa in ogni tempo fa anche da ricercatore e ha responsabilità, sente la necessità e il desiderio di dare risposta per un modo e scelta ideale di vita. Questa è importante con l’incognita, il pericolo di distruggere anziché sostenere il positivo già costruito. “la famiglia,” cellula della società nella quale si vive e si costruisce il futuro. Come sta accadendo che il virus improvvisamente manifesti varianti. Anche il dare senso alla vita apre a discussione .

  5. Marco Nicolini ha detto:

    Il cardinale Ruini non ha però usato un mezzo pubblico per fare accuse a precise persone senza contraddittorio. Era intervistato da un giornalista, e ad egli rispondeva, avendolo come contraltare. Analogamente si potrebbe dire che con questo suo intervento anche Sergio Ventura ha fatto non tanto come il Fedez, ma un po’ più (e meno male, dico io) come Ruini… perché ha scelto il palco di “Vino Nuovo”, oltretutto non un palco di cittadini che pagano il Canone, ma di lettori interessati al tema, che hanno oltretutto la possibilità di rispondergli.
    Per carità, mi si può rispondere che il paragone verteva su altri aspetti. Va bene. Però nella polemica scaturita questo era il nocciolo sostanziale, e mi meraviglio che nel pezzo sopra non se ne faccia cenno.

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