La passione di Gesù, ormai lo sappiamo, è accettabile solo se mossa dall’amore e se ha l’amore come fine. Se l’amore è, come nella lavanda dei piedi, sino alla fine (Gv 13,1). Un amore infinito, quindi, è quello che emerge dai vangeli. L’infinito stesso – Dio – inteso come amore (1Gv 4,8.16).
Di amore infinito canta, o meglio prega, Marracash nell’album Noi loro, gli altri (Premio Tenco nel 2022), quando lega la canzone Love, il cui contenuto prende forma di esplicita preghiera, al sax di Infinity – una famosissima canzone house del 1990 (poi remixata nel 2008 ) dalle sonorità indubbiamente celestiali. Il tutto sullo sfondo (nel video) della particolarissima “chiesa a piramide” di San Giovanni Bono, progettata dall’architetto Arrigo Arrighetti a mo’ di “tenda sacra” posta nel quartiere milanese della Barona, «come se fossimo tutti trasportati a bordo di una nave rompighiaccio o di un’astronave con la prua puntata verso un destino oltreumano» (I.Carozzi).
Riascoltando prima e dopo la domenica delle Palme il brano del rapper siculo-milanese, non ho potuto fare a meno di accostare i versi di Love alle ultime parole pronunciate da Cristo sulla croce. Non certo per sostenere un’equivalenza tra Gesù e Marracash, ma almeno per prendere atto che entrambi ci offrono una ricapitolazione finale del loro «lungo viaggio» permeata dall’amore e dalla riconciliazione, nonostante il male vissuto, nonostante il dolore sperimentato.
Spero che i “puristi” d’entrambe le parti mi perdonino, ma sono sempre più convinto che tanto più gli accostamenti appaiono improbabili, tanto più la scintilla che può scaturirne sia significativa, forse divina. In ogni caso, è una scintilla da lasciare nelle mani (e nel cuore e nella mente) del lettore senza ulteriori spiegazioni o tentativi di comprensione, che sarebbero inevitabilmente molto personali.
Dunque, mentre i capi e i soldati deridono Gesù, rinfacciandogli l’essere considerato il Messia eletto o il Re degli ebrei (Lc 23,35-38; Gv 19,19; Mc 15,26.31-32; M 27,37.41-42), Gesù stesso afferma: – Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno – (Lc 23,34). Allo stesso modo, mentre dalla periferia nord a quella sud di Milano Marracash subiva un «cat calling» razzista e perciò sognava di essere un «re», ora invece il rapper milanese – per molti il «re» del rap italiano – canta con semplicità: «sono un uomo adesso, odiami che ti amo lo stesso / perché il dolore è amore inespresso».
Mentre Gesù consola uno dei due malfattori crocifissi accanto a lui, dicendogli: – così sia, oggi tu sarai con me in paradiso – (Lc 23,43), Marracash – in modo analogo – ricorda che «gioielli e fama, Vuitton e Prada / non contan nada se tu non sei con me / qualcuno in meno qualcuno in cielo», c’è «solo amore (…) per tutti quelli che ho perso».
Mentre Gesù si “spossessa” del discepolo amato e della madre: – Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre – (Gv 19,26-27), non possiamo dimenticare che sotto la croce (o poco lontano) ci sono sostanzialmente solo donne (tre – Gv 19,25 – o più – Mc 15,40-41; Mt 27,55-56), quelle che servivano come ministre Gesù. Forse per questa (superiore?) capacità femminile di diaconia anche Marracash canta: «per tutte (…) le donne che ho avuto e che avrò / pregherò per tutto l’amore che dai / sempre più di quello che do».
Mentre Gesù invoca Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27,46; Mc 15,34), Marracash – che già aveva cantato il suo ambivalente «non mi fido di Dio» (qui) – si stringe intorno all’unico amore rimasto, quello «per gli amici veri che ho… per tutta la gente che c’è dall’inizio… in quei vortici / (…) nei pericoli, negli ostacoli / solo i soliti».
Mentre Gesù manifesta il suo bisogno di sete (Gv 19,28), per soddisfare il quale sembra accettare l’aceto (Gv 19,29; Mc 15,36; Mt 27,48) ma non il vino aromatizzato con mirra (Mc 15,23; Mt 27,34), Marracash – similmente – si chiede: «chi è in difficoltà cosa deve fare? (…) Young boy, vedo me nei tuoi occhi, ehi / abbiamo una malattia che non si cura con i soldi».
In effetti, entrambi mirano ad un’altra pienezza. Non a caso, se Gesù prima di spirare proclama che tutto è compiuto (Gv 19,30), Marracash – similmente – esclama: «Ho il cuore pieno». Di conseguenza, se Gesù può serenamente dire: – Padre, nelle tue mani affido il mio spirito – (Lc 23,46), con altrettanta pace interiore Marracash può cantare: «Love… Infinity… pregherò», invitando sé stesso – e noi con lui – a pregare «per chi nuota ancora nei guai / chi vuole scappare e non può»; a pregare «per tutte le storie che so» e le loro infinite forme d’amore; a pregare per un amore senza fine, a pregare per l’infinito come Amore.
La preghiera vera però credo sia quella che Gesù Cristo stesso ha insegnato. Padre nostro, sia santificato il tuo nome, il che può riferirsi a un agire improntato a quell’amore di cui Egli stesso e’ sorgente; venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà… forse confidare nella guerra a sanare contese, non è la risposta giusta , incoerenti perché anziche tendere a migliorare la vita la uccidiamo e anche la falcidiamo senza tema, come prezzo dovuto a libertà. Dacci oggi il ns. pane quotidiano, ma di quale pane? Non è solo quello di frumento necessario al corpo, ma lo è altrettanto quello dello spirito che Egli ci ha lasciato:”, dove sono due o tre, io sono in mezzo a voi”, non implica un essere uniti, fratelli, chiesa di Dio, che parla, agisce in suo nome!? Con quale coraggio possiamo chiedere perdono a Lui se non siamo capaci neppure di decidere per un dialogo a porre fine a tali disumane , impietose, inutili guerre che escludono qualsiasi progetto di vita futura?
…così è stato e continua a esistere nell’animo di una persona il bisogno di gridare la propria solitudine anche con le note di un canto, e questo si fa preghiera. E’ pur sempre quel raggio di spiritualita che alberga nel cuore di ogni uomo, lo eleva lo sottrae alla inerzia di abbandonarsi ripiegarsi su se stesso. Forse si può definire canto di speranza” a essere udito, da un orecchio venire ascoltato: incontrare una solidarietà a condividere il medesimo desiderio di amore, parola difficile, che si fa rara. Per questo non è vana la speranza di incontrare Qualcuno che si fermi porga attenzione, e sia capace di un gesto che riconcili il desiderio a credere possibile un domani migliore