Il sottile equilibrio tra il dire e il non dire

Prosegue il dibattito sul Natale e sulla “cancel culture” europea, tra desiderio di inclusione ed esclusioni equivoche...
6 Dicembre 2021

Nell’era della post-verità, i mezzi di comunicazione divulgano, prima delle notizie, i commenti ad esse, rilasciati da esponenti politici che magari hanno letto solo i titoli delle fonti originali e non solo confondono la fase di analisi da quella dell’interpretazione, ma spesso saltano la prima per arrivare direttamente alla seconda. Dichiarazioni piuttosto utili a deviare l’attenzione pubblica dagli eventi veramente gravi, come la crisi dei migranti al confine orientale dell’UE o lo stato disastroso delle sedicenti democrazie che ci circondano, come quella turca o quella egiziana.

È il caso, ad esempio, di alcune dichiarazioni sensazionalistiche riguardo le «Linee guida della Commissione europea per la comunicazione inclusiva», un documento tecnico interno agli uffici della Commissione, destinato a regolamentare la modalità di compilazione di messaggi istituzionali, infografica, comunicazioni social, cartellonistica, ecc. È talmente interno che «non se ne rinviene traccia nei siti istituzionali» ed è disponibile (anzi era disponibile, visto che è stato ritirato) solo nella versione inglese. Non che si tratti di un documento segreto, come vogliono lasciar intendere certi ammiccanti complottisti, perché è facilmente consultabile online, ma ha avuto una circolazione limitata, poiché ha un mero carattere – per l’appunto – tecnico. Non è un trattato di morale, come vogliono far credere gli stessi ammiccanti complottisti di cui sopra, né tantomeno un manifesto di partito, ma solo una serie di indicazioni per addetti ai lavori (magari neoassunti, magari poco abituati ai consessi internazionali). Credo che ce ne sia uno in ogni grande azienda.

All’interno del loro contesto, queste indicazioni appaiono piuttosto ragionevoli, perlopiù di buonsenso oserei dire; se vogliamo con qualche sfaccettatura discutibile, come ad esempio quelle qui evidenziate da Gilberto Borghi, ma niente che faccia gridare allo scandalo o alla guerra di civiltà. Certo, ci sono alcune frasi che, estrapolate, possono prestarsi a polemica (e naturalmente questo è stato fatto e scritto a grandi caratteri da diversi giornali), ma già nella premessa il documento rende molto chiare le sue intenzioni: «tutti nell’Unione Europea hanno un intrinseco diritto ad essere trattati allo stesso modo, e quindi ad essere inclusi e rappresentati indipendentemente dall’appartenenza di genere, razziale o etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale». Alzi la mano chi è contrario! Questa era l’idea di Unione Europea che coltivavo da bambino: libera, aperta, rispettosa.

Per essere tale è necessario che tenga conto della complessità, perché nell’Unione sono presenti popoli di diverse tradizioni, culture, etnie e confessioni religiose; ivi comprese le festività. Sottolineare che «non tutti celebrano le vacanze di Natale, e non tutti i Cristiani le celebrano nelle stesse date» mi sembra semplicemente un’ovvia indicazione di garbo e di rispetto internazionale. Fareste mai gli auguri – non so – per la festa di Sant’Ambrogio ad un siciliano? O chiedereste mai a un bambino di Roma quali doni gli ha portato Santa Lucia? A quanti di voi hanno fatto gli auguri di inizio Hanukkah, cominciata in concomitanza della prima domenica d’Avvento? Sapete quand’è e come si festeggia il Capodanno per un cinese, per un russo, per un ebreo o per un persiano, minoranze che in UE contano decine di migliaia di rappresentanti?

Insomma, è evidente che in un contesto molto ampio ci sono diversi modi di recepire le cose: alcune considerazioni che per noi sono scontate, per altri sono incomprensibili; soprattutto non si può trascurare che dietro ogni parola possono annidarsi moltissimi sottintesi, in alcuni casi spiacevoli, di cui è bene essere coscienti. Non è buonismo dire di stare «attenti al fatto che le persone hanno diverse tradizioni religiose e diversi calendari», così come non lo è prestare attenzione agli involontari pregiudizi che si celano dietro le parole. Qui il discorso si allarga, perché il documento va a toccare temi ben più ampi, come la riflessione sul linguaggio inclusivo che sta interessando i paesi d’Europa riguardo, ad esempio, la disabilità o l’identità di genere. L’italiano, più di altre lingue sensibile alle desinenze maschili e femminili, si trova al centro di questo dibattito culturale e socio-politico, in cui il dilemma tra “sindaco” e “sindaca” è solo la punta dell’iceberg. Le parole sono importanti, perché rappresentano un modo di pensare e in molti casi sono creative. Non esisterebbero senza una storia e un contesto dei quali è necessario ormai farsi carico seriamente, per comunicare in maniera più libera e consapevole. In molti casi addirittura si reinventano, generando storie e contesti del tutto nuovi; ecco dunque che riflettere su quello che diamo per scontato ci può aiutare a riscoprirlo.

Prendiamo proprio il Natale, ad esempio: siamo consapevoli che la sua storia si perde nei tempi pre-cristiani? Tutt’ora è una festa ricca di contaminazioni e simboli antichi, appartenenti a tradizioni religiose assai diverse. Metterne in dubbio l’abitudine non lo metterà certo in pericolo, ma al contrario ci darà un’ottima occasione per celebrarlo con più umanità e autenticità. Lo so, ce lo diciamo tutti gli anni, ma forse, tra la frenesia di chi ne vive solo l’aspetto commerciale, la banalità di chi la vuole una festa del buonismo e l’ignoranza di chi (magari dall’ambone) lo trasforma nel compleanno di Gesù, forse è giunto il momento di ridiscuterlo dalle basi, per ricordarci finalmente di santificare la festa.

 

4 risposte a “Il sottile equilibrio tra il dire e il non dire”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Letto Feancesco.
    Imo vedo un equivoco di fondo tra
    # una comunità che deve rispettare le peculiarità delle varie culture/nazioni
    # una Europa che che deve ideologizzare, normare, ecc
    E le istanze singole, magari diverse.
    Davvero pensiamo che Natale, Crocefisso, ecc siano comuni??

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    La migliore risposta ve la da’, in questo caso ,proprio Papa Francesco:
    https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-francesco-conferenza-stampa-da-grecia-migranti
    Lui paragona le sortite contro il Natale della UE con altri anti-clericalismi storici : da Napoleone ai regimi nazisti e comunisti. Una ” laicita’ annacquata” ed anacronistica. Capito , cari cattoprogressisti ?

    • Daniele Gianolla ha detto:

      Cosa pensa di aver dimostrato, che c’è spazio solo per il suo pensiero nella Chiesa? San Paolo dice “un solo corpo, un solo Spirito”, non dice un solo modo di pensare. Nel cattolicesimo c’è spazio per i conservatori, per i progressisti e molto di più! Francesco (che era in Grecia per ben altro e dubito si fosse interessato di questo testo prima che glielo chiedessero) dice che “l’Unione Europea deve rispettare ogni Paese e non uniformare”. Queste linee guida erano state redatte proprio per quello, perché ciascuno potesse esprimere la propria individualità culturale. Hanno fallito… Poco male, si vede che non erano state efficaci.

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Confermo che VN è quanto di meno fazioso, pre-venuto ma anche equilibrato, mai offensivo, che si possa leggere qui in giro.
    E non è poco! Sia x la deriva evidente emergente alla BLOB, vedi l’ultima diatriba tra il bravo Mentana e Giletti sui no_vax, sia tornando IT x un filone specifico nel msg delpre-parato Daniele, che pochi hanno ben presente.
    In una fase di profondo declino, in cui la CC sta passando da un predominio assoluto in TUTTI i campi alla emarginazione sempre + evidente.. stupido fare muri e alzare difese perdenti ad oltranza, meglio cambiare rapidamente modus. Ma ci rendiamo conto di tanti laici che x mera repulsione sia di atteggiamenti che di pensiero.
    Vogliono LIBERARSI. Da chi, da cosa ?
    DA NOI.

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