Chiesa e IRC: a quando il risveglio?

Alcune riflessioni sul senso attuale dell'insegnamento della religione, a margine di un recente incontro nazionale di formazione.
27 Ottobre 2023

Veloce rassegna stampa tra le principali notizie selezionate dal web. Uno dei primi articoli che Google mi propone è quello su Avvenire di Ernesto Diaco sul corso di aggiornamento per insegnanti di religione proposto dalla CEI. L’occasione perfetta per trattare di un tema che, da ex (felicemente) insegnante di religione (o IRC per correttezza) ritengo non sia più rimandabile: chiesa e IRC, a quando il risveglio?

La domanda sembra implicare, ovviamente, una situazione onirica di partenza, che in questo caso però ci affrettiamo a caratterizzare negativamente: un incubo. Il lato tragi-comico della faccenda, tuttavia, è che questa stessa situazione è vissuta da molti “dormienti” (non tutti, per fortuna!) come “il migliore dei sogni possibili”, un vero paradiso (per restare in tema religioso).

Questa retorica della “bellezza dell’IRC” è il vero incubo da cui dobbiamo uscire, ma non per combattere l’IRC in quanto tale (à la UAAR per intenderci) quanto per dargli nuova dignità e ragion d’essere, ma con serietà e non con una melliflua e sterile retorica (molto clericale a dire il vero).

Prendo spunto da alcune note dell’articolo citato in partenza, per mettere in luce come si sviluppa questa retorica, a mio dire, malsana. Punto di partenza è il compito in campo educativo di conciliare valori e significati “costruiti umanamente” con la “promessa d’amore”, con la “sorpresa” del messaggio evangelico. Un compito – si afferma – possibile solo “stringendo un patto, una vera e propria alleanza educativa tra famiglia, scuola e tutte le componenti della società […]. Un po’ come l’IRC” e qui iniziano le dolenti note.

L’IRC si fonderebbe “sulla convergenza tra il servizio delle istituzioni, civili ed ecclesiali, e la scelta dei genitori e degli studenti. […] Gli insegnanti di religione hanno davanti le stesse sfide dei loro colleghi […]. Ma il primo sussidio che i docenti di IRC possono offrire è la loro professionalità, fatta di competenza culturale, di abilità pedagogica e di passione educativa. Sono […] “Professori della testimonianza”: fuochi che divampano sopra la cattedra, contenti di fare quel mestiere animati dalla passione per la loro materia e la consapevolezza della natura vivificante della relazione quotidiana con i ragazzi”.

Bene, vediamo di mettere un po’ a posto le cose. Davvero l’IRC è scelto da genitori e studenti? In quale misura? Quante volte mi sono sentito rispondere: “Io non volevo farla, ma i miei genitori mi hanno obbligato”. E ancora: gli insegnanti IRC avranno anche le stesse sfide, ma certo non gli stessi mezzi e la stessa autorità degli altri docenti. Leggiamo che la loro professionalità è fatta di “competenza culturale, abilità pedagogica e passione educativa”. Insomma dei bravi animatori da grest? Qualche rudimento teologico ce lo vogliamo mettere o non serve proprio? E arriviamo infine alla retorica finale, degna delle migliori scene de L’attimo fuggente. Testimonianza, fuochi, passione, relazione. Siamo seri? Stiamo parlando di lavoro, di professionisti o di esaltati tipo “rito di Jonestown”? Cominciamo dal fondo: la relazione ha bisogno di tempo, di attenzione. 18 classi, un’ora per classe, centinaia di studenti e parliamo di relazione? Testimonianza in che senso? Nel senso inteso dal Codice di diritto canonico, can. 804 §2? Perché in questo caso si apre una diversa parentesi legata al “mischiarsi” di foro interno e foro esterno, argomento a dir poco imbarazzante nel XXI secolo. Se invece è un argomento più generico, torniamo alla questione precedente: come si fa a testimoniare, a infiammare gli animi, se non c’è nemmeno la possibilità di “vivere” del tempo con questi ragazzi? È la stessa “favola” che si racconta a proposito dei preti che insegnano religione (raccontata almeno in diocesi di Brescia): così possono avvicinare i giovani. Al di là del problema che si chiama “proselitismo”, ma se i preti facessero seriamente il loro “mestiere” non saprebbero avvicinare comunque i giovani (e tutti gli altri!)? La loro vocazione non dovrebbe essere quella di spendersi totalmente per il popolo di Dio? Hanno bisogno di essere forzatamente immessi in un micro-cosmo, in una “riserva di caccia” più limitata per essere agevolati nel loro “mestiere”?

Il vero problema, d’altra parte, è quello richiamato in precedenza: le sfide ci sono, e sono serie. Ma gli strumenti fanno acqua da tutte le parti. Vogliamo parlare di valori e significati dell’umano che è comune, ma l’insegnamento è della “religione cattolica”. Si parla di qualcosa (l’umano) che dovrebbe essere di tutti, ma qualcuno può astenersi dal seguire questa singola ora. Solo un’ora? Che valore può avere? E infine, ma non per ultimo: davvero non ci rendiamo conto della confusione che stiamo facendo tra evangelizzazione, catechesi, scuola e cultura? Parliamo di passione, di educazione, di relazione ma tutto questo, nella scuola, ha bisogno di una veste istituzionale seria, autorevole, che le dia concretezza e solidità sociale. Un programma scientifico serio (e non vaghe lezioni a partire da una teologia a dir poco antiquata o su argomenti quali amicizia, sesso e droga, con una spolverata di film e canzoni); un reclutamento trasparente, fatto di concorsi, graduatorie e titoli; una consistenza scolastica sotto forma di ore, voti, prove, verifiche che non vanno a sminuire la tanto declamata “relazione” che dovrebbe infuocare gli studenti, ma le dà serietà, ragion d’essere, spessore. Vogliamo tenere la “scelta” dell’IRC? Giustifichiamola razionalmente, teologicamente (la verità di Dio non si impone ma è inseparabile dall’accoglienza nella fede che ne dà l’essere umano) ma seriamente, e soprattutto ci sia una seria alternativa a “bilanciare” quello che l’ora (le ore!) di IRC (posto che si possa continuare a chiamare tale) offrirebbe di indispensabile (ma se è tale, perché non dovrebbe essere obbligatorio?!).

Sarebbe dunque questo il sogno, la bellezza che l’IRC dovrebbe essere nella scuola? È davvero questa la strada per avvicinare Vangelo e cultura? Penso proprio sia l’ora non dell’IRC ma di trovare un’alternativa; penso sia l’ora di svegliarsi e muoversi, anche su questo fronte, in ottica sinodale, per cercare un nuovo modo di camminare insieme, scuola, chiesa, cultura e società, per il bene di tutti quei poveri “dormienti” che ancora pensano che vada tutto bene, che hanno una missione importante (!), ma soprattutto per tutti coloro che si sono già svegliati e si rendono conto che quest’incubo, quando si stava dormendo, era molto più facile da affrontare.

13 risposte a “Chiesa e IRC: a quando il risveglio?”

  1. Nicola Leo ha detto:

    Buongiorno. Concordo con le varie disanime offerte, frutto di una presa di coscienza della dignità di noi docenti. Ok il mandato, ma questo deve essere supportato anche da competenze in itinere, da tutor capaci di supportarci in alcuni contesti, da studi che siano sia ad Intra ma anche ad extra( con tanto di facoltà statali che ne promuovono la conoscenza). Ho elaborato una ” programmazione” sui 5 anni ricavandole da testi che acquisto( senza carta del docente), evitando che i testi studiati negli anni di teologia restino in scansie impolverate, con una risposta, però,completamente nulla dei ragazzi, memori del dolce far niente dei colleghi. Uscire dalle classi sentendosi lo stomaco ribaltato non è bello. Spero che i nostri vescovi, da persone prima che ministri, abbiano a cuore la nostra dignità, così vilipendiata.

  2. Ernesto Borghi ha detto:

    Dal 2007 sono esperto di religione cattolica nelle Scuole Medie Superiori del Canton Ticino (esperto = ispettore) e sono sempre più convinto, come ho scritto e detto tante volte dal 1996 in poi, che la dimensione religiosa della cultura deve essere proposta come materia obbligatoria nei sistemi scolastici. Certo con programmi seriamente culturali, da docenti che abbiano titoli accademici in teologia e materie storico-religiose e capacità didattico-pedagogiche significative, al di fuori di laicismi e clericalismi di qualsiasi genere, in forma non confessionale. Le linee programmatiche per l’insegnamento della religione cattolica nel Canton Ticino, di cui sono stato il redattore principale e che sono in vigore da tre anni (cfr. https://m4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/SIMS/documenti/PianiStudio/SCC/1._Insegnamento_religioso_cattolico_-_SCC.pdf) sono certamente un passo avanti notevole in questa direzione, ma occorre fare molto di più…

  3. Diego Budri ha detto:

    Ho letto con interesse l’articolo e mi trovo in sintonia con quanto scritto… a me sembra (e forse non mi sembra solo) di perdere tempo tutti i giorni… certo, porto a casa uno stipendio, ho tempo libero, non preparo verifiche e di conseguenza correzioni…ma cos’altro? È davvero per questo che vale la pena fare IRC?
    La sensazione è di essere una trottola che corre qua e la ad ogni campanella..
    L’unica soddisfazione è data da quelle ore (poche per la verità) in cui gli studenti si appassionano a qualche argomento proposto e si apre un dialogo interessato e si spera anche sincero… per il resto si galleggia tra la goliardia per avere un po’ di considerazione e il disinteresse in un mare di 1000 altre cose ritenute più importanti…
    Peccato, perchè questa ora, se fosse meglio utilizzata, cambiando forme e modi (IRC è troppo vincolante oggi), potrebbe avere un po’ di utilità nella crescita e consapevolezza dei ragazzi…

  4. Andrea Sgamma ha detto:

    Sono d’accordo con la tua linea di pensiero e solo “un dormiente” non si accorgerebbe della deriva e vacuità che ha assunto l’IRC. D’altra parte però, da aspirante insegnante di religione, ti chiedo allora concretamente come dovrebbe essere l’IRC, come dovrebbe impostarsi, su cosa dovrebbe basarsi, sempre considerando quella misera ora settimanale. Certo per una nuova impostazione andrebbe ripianificato il monte ore passando ad almeno un paio per classe, ma stando così le cose come potremmo, secondo te, dare più dignità all’IRC?

  5. Maria Cristina Bazzi ha detto:

    Questo articolo mi trova assolutamente d’accordo sui temi trattati IRC Preti Parroci metterei anche il catechismo;il Cardinale Dionigi Tettamanzi disse nel 2006 che l’ora di Catechismo non aveva più ragione d’essere se non si riparte dagli adulti.Stessa cosa vale per l’ora di Religione a scuola (perché non chiamarla Ora delle Religioni? È sbagliato?) Credo sia onesto e i tempi sembrano anche maturi certo la preparazione da parte dei professori deve essere adeguata. L’ora delle Religioni Riprenderebbe “La Chiesa dalle Genti” del Cardinale DEL PINI. Anche a scuola non sarebbe chiedere ai ragazzi perché vi hanno iscritto i genitori a questa ora di lezione?

    • Stefano Fanelli ha detto:

      Sono convinto che se diventasse ora delle religioni, molti non avvalentisi la frequenterebbero di nuovo perché al di là degli alunni di altre fedi, negli italiani c’è sempre un pizzico di avversione per il cattolicesimo…

  6. Pietro Buttiglione ha detto:

    Ormai io parlo solo di crisi/sfascio/situazione drammatica/ di brava gente che si spende x la sua Chiesa&riti quando é evidente che tra poco non ci sará piû ”Chiesa”. Resteranno le mura, certo.. tante mura deserte..
    A comprova: ieri e oggi seguo i lavori del Consiglio Diocesano Sinodale.
    Se tra i partecipanti togliessi Preti&Clerici e mi concentrassi sulle Persone che ci salveranno intorno a me cosa vedo???
    Tutti IRC. Consapevolissimi del suo DISASTRO, tant’é che NON. ne vogliono manco parlare o si rifugiano nel ” tra poco vado in pensione!” ( cfr i msg qui presenti) ottima scusa x il dis-impegno.
    PS dai sunti di presentazione leggo al primo posto di coinvolgere ” gli emarginati ed esclusi” nell’annuncio.
    Ridere,? Piangere sulla ennesima riduzione di tutto a SE STESSI.

  7. Federica Neri ha detto:

    Una seria revisione del concordato per il bene di tutti, per i giovani e per le famiglie che scelgono l’insegnamento e lo vivono con fiducia, per la società scolastica, religiosa e politica ma soprattutto per il bene degli insegnanti di R.C., di quelli più motivati, che hanno piena coscienza della faccenda,così bene espressa in questo articolo, perché tutta la questione non diventi il loro più importante problema di coscienza 🤗

  8. Marco Di Benedetto ha detto:

    Ringrazio per l’articolo, di cui condivido molto. L’unica cosa che mi trova un po’ perplesso è l’affermazione sulla netta impossibilità di costruire relazioni con gli studenti nonostante siano tanti e lo vediamo poco. Un’ora di lezione, come ricorda Recalcati nel suo bel testo sull’erotismo dell’insegnamento, può essere altamente relazionale. Se gli studenti mi cercano anche in ricreazione per parlarmi delle loro cose, credo che la relazione sia perlomeno avviata.
    Ma sul resto, sottoscrivo.

  9. gilberto borghi ha detto:

    A qualche mese dalla pensione condivido l’articolo. Ma vorrei anche aggiungere che a discapito di tutti questi limiti, pesi, e muri, posso dire che chi vuole fare davvero lezione seria lo può fare. Alla fine della fiera, è ancora possibile avere sufficiente attenzione e motivazione da parte degli studenti. Resta però vero che ciò è possibile se ci sono una serie di condizioni che sono spesso frutto di combinazione casuale di molti fattori e non certo dell’organizzazione scolastica ed ecclesiastica. Tra questi continuo a vedere che le competenze relazionali, comunicative e teologiche del docente restano fondamentali. Dove c’è un livello dignitoso di queste competenze, l’IRC raggiunge ancora alcuni obiettivi culturali decenti.

  10. Sergio Di Benedetto ha detto:

    Purtroppo nella questione IRC si sommano l’inerzia e la paura della Chiesa italiana con la retorica e il pressapochismo e la fuffosità ministeriale.

  11. Daniela Dalmeri ha detto:

    Felicemente in pensione da due mesi, dopo 41 anni di IRC, ringrazio l’autore per la lucidità di quanto esposto.
    Per anni mi sono colpevolizzata perché gli alunni se ne andavano, pensando che la causa fosse la mia scarsa capacità nell’utilizzo dei nuovi mezzi tecnologici e la mia “rigidità” nel dare contenuti anziché fare animazione. Poi ho visto che succedeva anche ai colleghi più moderni…
    L’IRC così come è ora non può più reggere se non al prezzo di calpestare la dignità di chi prova a fare del suo meglio.
    A quando il mettere mano al Concordato del 1984, facendo anche scelte scomode (rinuncia alla “C” di cattolico, al conseguente controllo dell’idoneità, obbligatorietà per tutti, minimo due ore, ecc…)?
    Se non si passa da questo continueremo a dormire e a sognare (o ad avere incubi): non è un bel vivere.

  12. Luca Vergani ha detto:

    Complimenti. Bell’articolo che mi trova d’accordo su tutto. Quando si parla di IRC la retorica si spreca. Io continuo a sognare (spero non sia un incubo😉) ad un insegnamento che coraggiosamente si apra alle sfide del nostro tempo, con una preparazione culturale sempre più approfondita.

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