L’amore che cammina per il mondo: per Emma Morosini, la nonna pellegrina

Si è spenta a 96 anni Emma Morosini, donna minuta, dalla fede grande e dalla grande umanità, che in 25 anni ha percorso a piedi decine di migliaia di chilometri facendosi pellegrina sulla strade del nostro tempo.
14 Settembre 2020

Aveva gli occhi limpidi e un sorriso puro, capace di trasmettere gioia e pace. Occhi e sorriso che traboccavano dalla pienezza di un’anima colma di gratitudine e di amore per la vita, uniti a una fede profonda che si faceva affidamento continuo e sereno.

Era così Emma Morosini, che si è spenta il 10 settembre a 96 anni; originaria di Castiglione delle Stiviere, era diventata nota in tutto il mondo perché aveva percorso, in 25 anni, 40.000 km a piedi, la lunghezza dell’Equatore.

Aveva deciso di misurare la terra con i piedi, per fede e per gratitudine verso la Madonna per una grazia ricevuta: a 68 anni una forma di peritonite acuta le aveva lasciato poca speranza di vita. Da lì il voto: “Se guarisco, vengo a piedi a Lourdes”.  E da allora, non ha più smesso di fare lunghi pellegrinaggi, anche di 2000 km, spesso verso santuari mariani, in ogni parte del mondo: Fatima, Monterrey (Guadalupe), Lujan, Aparecida, Gerusalemme… Ogni anno Emma, con i suoi 45 chili di peso e il suo metro e 50 di altezza, prendeva un carrellino con poche cose (due mele, del pane, del latte in polvere, acqua, un cambio di vestiti, il sacco a pelo, la mantella, l’ombrello) e si metteva in marcia, con il rosario al collo: la strada diventava per mesi la sua casa, capace di percorrere fino a 40 km al giorno, nonostante l’età, gli acciacchi, gli incidenti, gli imprevisti. Ma, diceva lei con convinzione, «la Madonna mi era sempre accanto».

Emma partiva da sola, dormiva dove capitava, spesso all’aperto (a volte per scelta, per godere del cielo stellato), partiva confidando nella Provvidenza, che «non mi hai mai abbandonato». Gli episodi che raccontava come testimonianza di quella continua presenza di Dio erano tantissimi: dalla volta in cui, in Francia, stava per perdere la Messa dell’Assunta e si era fermato un ragazzo con una Ferrari che l’aveva portata giusto in tempo alla Chiesa e l’aveva salutata in lacrime, alla prima notte vissuta da pellegrina, quando un prete non l’aveva accolta e lei, dormendo su una panchina, aveva preso tra le braccia un gattino, addormentandosi… e si era svegliata con una coperta, un succo e una brioche… Era convinta che «il Signore arriva sempre; arriva quando vuole lui, ma arriva sempre», soprattutto con la fiducia che «quando la cosa sembra disperata, il cielo interviene». L’importante era mettere sempre un passo dopo l’altro, con tenacia, con speranza, con fede… perché «mi succede a volte di essere un po’ giù di corda, mi faccio una bella camminata e mi sento rinascere, e dico: come è bella la vita!».

Camminare trascinando il suo carrellino per pianure, salite e discese era diventata una vocazione. Affermava con quella sua voce acuta e piena di energia: «Il cammino ti fa crescere, ti fa conoscere le meraviglie che il Signore ha seminato per noi, e ti spinge alla riconoscenza!». Ma camminare significa anche prendersi del tempo per ritornare sulla propria vita: «Il cammino serve anche a interrogare se stessi, a guardare dentro il proprio animo, perché se noi facciamo silenzio, il nostro interno parla, ci dice se siamo su una strada buona o se, invece, ci imbrogliamo da noi stessi, ci facciamo credere quel che non siamo. In poche parole se ci guardiamo dentro, troviamo la verità, troviamo Dio».

L’ “asinello di Dio” (così le piaceva farsi chiamare) camminava sola, ma spesso non arrivava sola, soprattutto in America Latina (da cui sono arrivati tanti messaggi di cordoglio), dove a poco a poco era diventata un vero personaggio, l’abuela peregrina (la nonna pellegrina), a dispetto della sua discrezione: lungo la strada, numerose persone avevano iniziato a seguire i suoi passi, fino alla meta, dandole ospitalità e affetto, tanto che a Lujan si era dovuta rifugiare in un convento di clausura per fuggire dalla folla. Invece in Europa, diceva, la gente è più diffidente, e talvolta la scambiava per una ladra o una folle con cattive intenzioni.

La gioia più grande della sua vita? L’incontro con Papa Francesco, che l’aveva chiamata la “campiona”.

Ma la strada per Emma Morosini era soprattutto preghiera (soprattutto per i giovani), fatica da offrire con letizia, sacrificio, determinazione («bisogna convincersi che si può fare e che si vuole fare») riflessione, incontri («la cosa più bella del cammino»), crescita («sono una testona e camminando ho imparato ad adeguarmi agli altri»), confidenza («la cosa più importante è conoscere il nostro Dio; se tu non conosci Gesù, come fai ad amarlo? Se tu non conosci una persona, come puoi volergli bene? Bisogna parlargli, non tenere tutto chiuso dentro… fuori, fuori i tuoi sentimenti, fuori le tue gioie, fuori le tue tristezze, i tuoi entusiasmi, i tuoi desideri… svuotarci!») e ascolto (in America Latina, soprattutto, molti le avevano confidato le pene della propria vita durante un tratto di strada). Non era una sprovveduta, sapeva usare prudenza e saggezza. E aveva anche sperimentato gli ostacoli del cammino (dalla polizia che non voleva farla andare per strada, ai malintenzionati che la prendevano in giro, ai ragazzotti che un giorno l’avevano rapinata mentre mangiava un gelato). Ma la fede nella Provvidenza la faceva sempre ripartire.

L’ultimo pellegrinaggio è stato l’anno scorso, a 95 anni, per tornare al santuario di Czestochowa, partendo da Mantova. In una delle sue ultime interviste, rilasciate durante quel suo ultimo cammino, disse profeticamente: «Voglio tornare alla Madonna di Czestochowa, che per me è stata importantissima. E siccome ora, senza dubbio, sono alla fine della mia storia, voglio darle un ultimo abbraccio».

A febbraio aveva già preso il biglietto per tornare in Brasile… ma la pandemia l’aveva bloccata. Qualche acciacco si era fatto risentire, ma non mancava la sua solita energia… fino agli ultimi giorni, quando la salute l’ha piano piano abbandonata.

Una vita così non nasce dal nulla: Emma era stata un’infermiera e, dopo la pensione, aveva continuato a fare la volontaria con gli ammalati: «bisogna riempire la vita, cosa stiamo lì, a fare niente? Bisogna guadagnarsi il Paradiso!», soprattutto assistendo di notte i malati negli ospedali: «Io ho scelto la notte. Perché di notte il malato è triste, ha dei pensieri negativi, vede sempre tutto nero, e se invece ha vicino una persona che lo consola, che gli dice – abbi speranza, è un momento di passaggio, il Signore è vicino a te, la Madonna ti guarda e ti protegge – e poi mette la sua mano nella tua, e lo coccoli un pochino, quello dalle lacrime passa al sorriso».

Con lo stesso spirito di servizio e povertà, negli anni aveva dato ospitalità nella propria casa a famiglie di poveri: un cuore generoso, che era alimentato da una preghiera profonda e da una fede che era certezza della bontà del Signore: «Dio ci accetta come siamo. Lui non guarda se siamo belli o brutti, buoni o cattivi. Il Signore ci prende come siamo, non fa distinzione. Anzi, più siamo messi male, più il Signore ci vuole bene, come una mamma quando ha il bimbo malato: quante cure gli prodiga!».

Una vita spesa, una vita donata con gioia e convinzione, tra malati e pellegrini, tra santuari e strade: con un’energia e una grinta che sembravano smentire i suoi anni, Emma aveva iniziato anche a girare l’Italia, invitata a portare la sua testimonianza di pellegrina, di cristiana, di donna semplice di servizio e preghiera: incantava il pubblico con il suo volto solcato da rughe che erano sorrisi, attorno al vero sorriso contagioso delle sue labbra e al suo sguardo di bambina, capace di scuotere le coscienze con quelle sue parole forti e coerenti… ma sempre facendo dell’umiltà la cifra del suo vivere: «Io non sono niente di speciale. Sono una vecchierella». Una vecchierella capace anche di affrontare le avversità e le critiche con la serenità di chi sa che è nella strada del Vangelo (e sorrideva un poco dispiaciuta di chi diceva che assisteva gli ammalati o camminava per denaro o notorietà, ribadendo con nettezza di non aver mai preso soldi, lei che aveva rifiutato un invito al festival di Sanremo).

Oggi, che nella sua città natale si celebrano i suoi funerali, rimane a quanti amano il cammino, ma non solo, una testimonianza di dedizione, di fede radicata, di fedeltà alla vita perché «La vita è la cosa più bella che abbiamo; non sono i soldi, ma la vita!».

In rete ci sono molti video con interviste e interventi di Emma, e sono anche disponibili alcuni libri, grazie all’opera dei suoi amici, che parlano di lei e delle sue avventure lungo le strade della vita, insieme ai diari che compilava in ogni pellegrinaggio: materiali preziosi per entrare nella sua anima, che ci faranno compagnia per il futuro…

Dandole l’ultimo saluto, mi sono venute in mente le parole di Paolo ai Corinti: «Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti». E anche mi sono riecheggiate le estreme parole del cardinal Schuster: «Voi desiderate un ricordo da me. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un santo autentico, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio». Ecco, queste parole mi sono sorte dalla memoria nel vedere le foto e i filmati della folla che per quaranta giorni ha accompagnato Emma in Argentina… perché la gente si muove quando passa un santo, la gente accorre quando passa un santo

Vivere con quegli occhi e quel sorriso: è una grazia che Dio le ha dato e che spero le abbia conservato fino alla fine.

A rivederci Emma Morosini; dicevi che «L’amore dato non ritorna a posto, ma resta in giro e rende il cielo immenso». Il tuo amore ha percorso il mondo, in silenzio, passo dopo passo… Nel retro della tua ‘immaginetta’ leggo: «Riparto perchè la vita è bellissima»: lo hai dimostrato con il sorriso. Ora, che sei ripartita per l’ultima volta, ti accompagni il grazie per quello che ci hai testimoniato e buon cammino, lassù, nell’eterno santuario del cielo, dove potrai sorridere alla tua Madonna. E vigila su noi pellegrini…

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