La salvezza nel Nuovo Testamento – 3

La religione cristiana si presenta come una religione di salvezza, ma cosa si intende con questo termine? Proviamo a intraprendere un percorso biblico per capire come interpretare questo concetto.
17 Aprile 2025
  • La Gerusalemme Celeste, Arazzo dell’Apocalisse, Castello di Angers (Francia)

 

– La vittoria sulla morte

Cristo con la sua natura umana affronta la morte, ma questa non lo può trattenere: “Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,18). Infatti  “Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rom 6,9).
San Paolo  propone un parallelo tra Adamo, per causa del quale fu introdotta la morte, e Cristo che la sconfisse e scrive : “Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1 Cor 15, 20-22). E aggiunge: “Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1 Cor 15,14).

Gesù dunque è il primo risorto della storia. Egli, dopo la morte e prima della resurrezione,  “discese agli inferi” (Credo apostolico) per liberare le anime dei giusti.

La morte rimane nell’esperienza umana e sarà sconfitta solo alla fine dei tempi: “L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte” (1 Cor 15,26), ma i credenti in Cristo sanno che il potere che essa ha sui viventi non è definitivo bensì temporaneo: “Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Cor 15, 54-55).

La fede in Cristo ci salva poiché ci libera dalla angoscia del nulla: “Gesù (…) disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Gv 11, 25-26).

 

– La rigenerazione cosmica

È ancora san Paolo a rappresentare la condizione della vita sulla terra: “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rm 8, 22-23).

Lo scenario che ci attende alla fine dei tempi è rivelato dal libro visionario per eccellenza, dall’Apocalisse, che significa proprio rivelazione:

“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 1-5a).  Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine” (Ap 22,13).

La salvezza alla fine dei tempi, dunque, viene rappresentata come l’esperienza della bellezza e pienezza della vita senza l’inquinamento del male, una utopia, una aspirazione che san Paolo presenta come volontà di Dio – “il disegno cioè ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10b) “perché Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,28b) – ma che è misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo, come esprime bene Guccini nella sua Cirano: “Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto/ dove non soffriremo e tutto sarà giusto”.

 

Una visione pacificante che ci consente di guardare oltre la nostra “valle di lacrime” e di inserirci in una prospettiva, appunto, di salvezza. Non siamo imprigionati in una vita senza speranza e senza senso ma possiamo immaginare “un nuovo cielo e una nuova terra”, coltivando “primizie” (Dt 26,10-11; Rm 8,23) nella nostra vita quotidiana, ottenendo “già nel presente cento volte tanto” (Mc 10, 29-30) e mantenendo la prospettiva per il mondo futuro che verrà.

La salvezza, dunque, è già ora, nella grazia di Dio offerta ad ogni essere umano, e sarà nel futuro escatologico, alla fine dei tempi, nel godimento di una gioia piena e incorruttibile.

La condizione umana, dunque, si pone tra il “già” della grazia di Dio presente nella nostra vita e il “non ancora” della visione escatologica. Mentre attendiamo – con le parole del Credo – “la vita del mondo che verrà”, possiamo perciò chiudere questo breve excursus biblico (qui e qui) proprio con l’invocazione  che conclude le scritture cristiane (Ap 22,17.20-21): “Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!”. Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita. Colui che attesta queste cose dice: “Sì, verrò presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!”.

 

Una risposta a “La salvezza nel Nuovo Testamento – 3”

  1. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Dal brano di Matteo, il compito del cristiano di cercare il regno di Dio e la sua giustizia applicato alla salvezza può diventare cercare i segni della salvezza nella nostra vita e nel vangelo. Nella vita, la salvezza può venire da Gesù attraverso il prossimo nel quale egli si manifesta come nel buon samaritano per cui le situazioni di difficoltà possono diventare occasione per sperimentare la salvezza dal prossimo o anche per offrire la salvezza al prossimo. La meditazione del vangelo può servire per trarre salvezza nella rivelazione della volontà padre e nell’esempio e negli insegnamenti del figlio. La salvezza di Gesù viene già dalla sua incarnazione prima anche della sua morte e resurrezione come esempio vivente per noi del rapporto tra padre e figlio.

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