Il Nuovo Testamento sviluppa ampiamente il tema della salvezza, in parte riprendendo aspetti già presenti nell’Antico Testamento (vedi qui), in parte introducendo elementi nuovi. Proviamo ad individuare alcune linee portanti: salvezza come liberazione dal peccato e vita nuova nella grazia; come dimensione di vita comunitaria; come liberazione dalla morte; come rigenerazione cosmica.
La salvezza nel N.T. ha una connotazione fortemente spirituale, riconducibile alla comunione di vita con Dio. Non si tratta di sfuggire alle esperienze dolorose e frustranti della condizione umana, quanto piuttosto di trovare un valore anche in queste situazioni. Del resto, la redenzione operata da Cristo ha una dimensione fortemente drammatica, visto che per giungere alla resurrezione Egli ha dovuto attraversare la passione e la morte. Semplificando al massimo, è ciò che la saggezza popolare esprime attraverso il proverbio Non tutto il male vien per nuocere oppure: Non c’è un male che non sia anche un bene.
“Con la sua morte Cristo ci libera dal peccato, con la sua Resurrezione ci dà accesso ad una nuova vita (…) ‘perché, come Cristo fu resuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova’ (Rom 6,4). Essa consiste nella vittoria sulla morte del peccato e nella nuova partecipazione alla grazia” (CCC n.654).
La vittoria di Cristo sul peccato non significa che non ci sono più realtà di peccato, bensì che non c’è peccato che non possa essere superato attraverso l’esperienza della grazia di Dio e della conversione personale. Il peccato non è più un prigione, non siamo costretti a replicare sempre gli stessi comportamenti, ma possiamo sperimentare una libertà profonda e rasserenante. L’episodio del buon ladrone (Lc 23, 39-43), che viene redento da Gesù dopo una vita dedita al crimine e pochi istanti prima della sua morte sulla croce, rappresenta bene tutto questo. San Paolo chiarisce che “laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rom 5,20b).
“Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,17).
L’agire di Dio per la salvezza si svolge nella storia, ha come obiettivo l’umanità intera e come frutto la Chiesa. Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes afferma che “la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia” (n.1) e si propone di mettere “a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare l’uomo, si tratta di edificare l’umana società” (n.3). La Lumen gentium sviluppa ulteriormente questo concetto:
“L’eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l’universo; decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina; dopo la loro caduta in Adamo non li abbandonò, ma sempre prestò loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore” (LG 2). “Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l’uomo e l’ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti” (LG 7). “In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At 10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità” (LG 9).
Questo popolo viene presentato con grande enfasi nel libro dell’Apocalisse (7,9-10) nella visione degli ultimi tempi:
“Apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello“.
La dimensione sociale della persona, dunque, è pienamente inserita nel contesto della salvezza che nel suo compimento vedrà l’unione piena con Dio e con tutte le creature.
Personalmente ritengo la salvezza un tema molto interessante perché argomento chiave del vangelo e perché la domanda da cosa ci abbia salvato Gesù col suo sacrificio e da cosa ci possa ancora salvare non trovava risposte facili. Non credo che se ne parli abbastanza, a parte le formule rituali, e in un modo o nell’altro è lodevole proporre l’argomento anche come confronto perché non deve rimanere un tema scontato e limitato al dogma ma piuttosto esprimere verbalmente la motivazione profonda che spinge al bisogno di fede. È interessante anche la continuità col vecchio testamento che lo rende ancora di più argomento chiave per ritrovare le sue origini nella fede ebraica. La salvezza ha tante manifestazioni da quella storica del popolo ebraico alla salvezza dalla morte e dal peccato, dalla salvezza futura a quella della vita presente per è necessarie più di una puntata….
La religione Cristiana si presenta: come di una gioia di cui godere in virtù di un amore ricevuto e che si desidera vivere nella propria vita con quanti ci troviamo a condividerla. Non mi sembra possibile parlare di religione che porta a salvezza, vero, ma come percorso culturale, se non anche da un incontro con quel Cristo del quale il suo Vangelo ho esperienza provata. La catechesi ricevuta nella infanzia ha da essere vissuta per diventare quel pane spirituale di cui si sentirà il bisogno quando la vita ci porrà di fronte a scelte anche difficili, una libertà che ci pone domande circa Verità, Giustizia, e di oggi quale la Pace. “Saremo annunciatori credibili di Gesù Cristo quando l’avremo veramente incontrato nel profondo della ns. esistenza, quando, tramite l’incontro con lui, ci sarà stata donata la grande esperienza della verità dell’amore e della gioia – Benedetto xvI”.
Con tutto il rispetto, mi sembra che l’articolo sia più che altro un susseguirsi di copia e incolla. Forse c’e bisogno di fare uno sforzo in più per evitare di fare il medesimo errore che fanno ogni domenica i nostri sacerdoti durante l’omelia. Altra annotazione. Perché ci si ostina a chiamare buono il malfattore he ottiene la grazia? Neppure Gesù si è arrogato questa qualità (Mc. 10,17-31). Perché non ce la si fa ad abbandonare la convinzione che per essere salvati occorra essere buoni?
Gentile sig. Angelo, non sono sicura di avere ben compreso le sue osservazioni, ma provo a risponderle. Questo post è il secondo di una serie di tre che si propone di offrire un percorso biblico sul tema della salvezza, riportando brani della scrittura e del magistero per esteso. I miei commenti sono volutamente ridotti al minimo perchè sono convinta del fatto che l’accesso diretto ai testi biblici e del magistero sia una buona abitudine da coltivare.
Quanto alla questione del (cosiddetto) buon ladrone, emerge chiaramente dai testi che ho riportato che la redenzione è opera libera e gratuita di Dio offerta a tutti gli esseri umani , anche a coloro che si trovino in una situazione di peccato.
La saluto cordialmente e la ringrazio per l’attenzione.