Come ha fatto Gesù a sopravvivere digiuno quaranta giorni nel deserto?

Se Gesù è pienamente uomo deve aver avuto un vissuto in tutto simile al nostro, a partire dal quale provoca il nostro modo di pensare Dio.
9 Marzo 2025

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA, ANNO C – Le tentazioni (Lc 4,1-13)

 

Come è possibile che Gesù sia sopravvissuto nel deserto quaranta giorni senza mangiare nulla e senza nemmeno sentire la fame? È la prima e più immediata domanda che un bambino si farebbe leggendo il brano di Vangelo di questa prima domenica di Quaresima. Le domande dei bambini hanno una caratteristica eccezionale: chiedono conto di ciò che noi adulti diamo ormai per scontato. Per questo è difficile rispondere. Come ha fatto Gesù a digiunare quaranta giorni nel deserto? È un problema che non ci poniamo più: è chiaro, Gesù è Dio e in quanto tale ha poteri eccezionali. Fine.

A ben vedere non ci chiediamo nemmeno più come sia possibile, se Gesù possiede poteri eccezionali che evidentemente rendono il suo vissuto totalmente dissimile dal nostro, considerarlo oltre che pienamente Dio anche pienamente uomo, come afferma il dogma. Non ce lo chiediamo più perché, grazie al cielo, c’è una parola che viene in soccorso a tutti i nostri dubbi: mistero. Anche ai bambini affascina questa parola, perché sono curiosi e dove c’è un mistero vedono la possibilità di un’esplorazione. Il problema sorge quando crescono un po’ e si rendono conto che questo mistero non è più di tanto esplorabile – come può Gesù, che digiuna quaranta giorni nel deserto senza sentire la fame, essere pienamente uomo, come me e come te che senza cibo non resistiamo mezza giornata? – va solo accettato così com’è perché alla ragione risulta incomprensibile: non è questo che il più delle volte chiamiamo fede? E così smettiamo di porci domande: o accogliamo il mistero, oppure lo rifiutiamo.

Personalmente credo esista una terza via, capace di sostenere una fede che non è credere un mistero ma mettersi alla sequela di una proposta credibile. Una via resa possibile esattamente da un atteggiamento che torni a porsi domande prendendole sul serio, a partire da quella sull’umanità di Gesù: se, come il dogma afferma, Gesù è pienamente uomo, non può aver vissuto in una forma, a delle condizioni, diverse da quelle che caratterizzano l’esistenza di ognuno di noi!

Cosa succede se si leggono i Vangeli da questa prospettiva – come cercherò di fare commentando i Vangeli domenicali di questa Quaresima – partendo cioè dal presupposto che il vissuto umano di Gesù di Nazareth sia stato in tutto simile al nostro? Diminuisce o aumenta, cresce o perde di consistenza la portata di ciò che il Vangelo ci comunica rispetto alla rivelazione di Dio compiuta da Gesù? Lascio la risposta a chi legge, limitandomi ora ad applicare questa prospettiva al Vangelo delle tentazioni.

Questo episodio è, nei Vangeli che ce ne parlano – Marco, Matteo e Luca – sempre immediatamente successivo a quello del Battesimo, ossia al primo gesto che ci viene raccontato di Gesù adulto, con il quale inaugura il suo ministero pubblico. Soffermiamoci un momento su questo inizio: Gesù si mette in fila tra la folla compiendo un rito il cui significato è confessare i propri peccati, riconoscendosi bisognoso del perdono di Dio. Avete mai riflettuto su quanto questo sia paradossale? Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio, per prima cosa va a chiedere perdono come un peccatore qualsiasi! Qual è il senso di questo gesto? La prospettiva della Quaresima ci viene in aiuto: sulla croce Gesù concluderà la sua vicenda terrena e il suo ministero morendo come un peccatore, così come, col Battesimo, dà inizio al suo ministero come un peccatore. Nel Vangelo troviamo moltissimi episodi in cui Gesù è circondato da pubblicani e prostitute, mangia con loro, subendo la stessa disapprovazione e lo stesso giudizio che era loro riservato; non dimentichiamoci che anche quando Gesù si accosta ai malati, per il modo di pensare dell’epoca, si sta rivolgendo a dei peccatori. Potremmo allora dire che il farsi prossimo ai peccatori, farsi come i peggiori, rappresenti la cifra sintetica del modo con cui Gesù sceglie di svolgere il suo ministero. Gesù compie la sua missione, realizza il suo essere Messia e Figlio di Dio, condividendo la vita e la sorte dei peccatori. Dopo il Battesimo la misteriosa voce dal cielo – “Tu sei il Figlio mio, l’amato” (Lc 3,22) – conferma la paradossale scelta di Gesù: quell’uomo che chiede perdono per i peccati è il Figlio di Dio, così come lo sarà quell’uomo crocifisso.

Ora, se il Battesimo è il primo passo che Gesù compie in questa direzione, cosa sono le tentazioni, sempre raccontate subito dopo, come in un dittico? Il brano si apre con il riferimento al digiuno nel deserto e al numero quaranta che nella prospettiva biblica richiamano immediatamente l’esperienza dei quarant’anni vissuti da Israele dopo la liberazione dall’Egitto: tempo in cui il popolo sperimenta la fame, la prova, il dubbio. Il contesto in cui l’episodio delle tentazioni è ambientato esprime quello che Gesù vive interiormente. Immedesimiamoci nel suo vissuto: ha finalmente preso una decisione. Ci ha messo tanto, trent’anni, nei quali ha vagliato tutte le possibilità, ma alla fine si è deciso: il modo attraverso il quale svelerà il volto di Dio sarà condividere la sorte dei peggiori e degli ultimi. Ma nella sua umanità, come accade a ciascuno di noi, subito dopo aver fatto il primo passo, Gesù viene assalito dall’inquietudine e dal dubbio: è la scelta giusta? È veramente questo il modo autentico di essere Messia, così diverso da quello che tutti si aspettano? È davvero questo il vero volto di Dio, così paradossale?

È esattamente su queste domande che vertono le tre tentazioni che Gesù respinge. Nella prima è proposta l’immagine di un Dio, di un Messia, tappabuchi, che risolve i problemi quasi per magia. Nella seconda un Dio, un Messia, potente e glorioso prostrato in adorazione e quindi assoggettato alle logiche demoniache del potere. Da ultimo, un Dio, un Messia, che manifesta la propria grandezza attraverso segni e prodigi grandiosi invece che nel farsi prossimo degli ultimi, degli scartati, dei sofferenti. Gesù resiste alle tentazioni rifiutando immagini di Dio certamente più comode e attraenti di quella che ha scelto di incarnare. E provoca noi a chiederci, all’inizio di questa Quaresima, quale Dio crediamo; se sappiamo riconoscere e respingere in noi immagini di Dio diverse da quell’uomo crocifisso.

10 risposte a “Come ha fatto Gesù a sopravvivere digiuno quaranta giorni nel deserto?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    ..gli dice Giovanni:” …tu vieni a farti battezzare da me, ma sono io che dovrei farmi battezzare da te…”lascia fare perché etc..” Gesù inizia da quel Segno a prepararsi a un altro Battesimo quello più avanti “del sangue il “lasciarsi crocifiggere. come agnello innocente”. Ha vissuto sanando ogni sorta di mali, ma anche affrontato contestazioni che Giudei, Scribi e Farisei hanno opposto ai suoi Insegnamento: scoprirli nella menzogna, facendo luce su ogni dottrina ingiusta praticata dal popolo che non contando solo spettava servire, portare quei pesanti fardelli che loro non avrebbero toccato con un dito”? Egli ha fatto vita pubblica come uomo manifestando però le idee daFiglio di Dio, predicando la Verità del Padre, Vivendo da uomo che non aveva dove posare il capo”, Maestro perseguitato dai Potenti ai quali contestava le ingiustizie e un Potereoppressivo, opponendo invece l’amore come come giusto mezzo per un vivere come tra fratelli, . amici non servi

  2. Paola Meneghello ha detto:

    Il Vangelo è pieno di caratteri simbolici, ma ciò non significa che tutto sia fuori dalla storia reale, ovviamente.
    D’altronde, la storia umana è sempre stata piena anche di uomini dalle caratteristiche considerate “eccezionali”..
    Gesù, nei Vangeli compie tanti miracoli: tutto simbolico e per nulla reale storicamente? Io non credo.
    Piuttosto ribalterei la cosa: non il miracolo di un Dio fuori dall’uomo e inaccessibile all’umanità, ma una possibilità dell’umano in divenire non ancora pienamente espressa..
    Condivido comunque l’intenzione del post: il Messaggio di Gesù è “oltre” già di per sé, e la sua attuazione, per l’uomo “normale”, affatto scontata..
    Però, ultimamente, noto un certo ridimensionamento di tutto ciò che porta “oltre” e un po’ mi spiace.
    Forse sono troppo idealista e sognatrice,
    però mi ricordo le parole di Sant’Agostino: “Dio si è fatto uomo, perché l’uomo si facesse Dio ” , e mi si apre il cuore..

  3. Claudio Bismara ha detto:

    Sarebbe anche da chiedersi come gli evangelisti abbiano saputo cosa sia successo in realtà in quei 40 ( o 4) giorni. Ad ogni modo, sono portato a pensare che figli di Dio non si nasce ma si diventa, e ciò vale per il Gesu’ storico e anche per noi. Questa visione metterebbe d’accordo la natura pienamente umana di Gesu’ con la nostra.

    • Marco Cantatore ha detto:

      Peccato che tale visione sia ariana o adozionista o giù di lì…
      Se è vero che Gesù ha scoperto il suo essere Dio con gradualità (e la discussione è aperta), questo non significa che lui non sia nato Figlio di Dio. Anche perché noi siamo figli in Lui, e solo per grazia di Lui. Da soli non “potremmo fare nulla”.
      La distinzione tra Gesù storico e Cristo della fede non fa che accentuare il cripto-arianesimo in cui ci dibattiamo dalla teologia ottocentesca a questa parte…

      • Daniela Manicastri ha detto:

        Rispondo a M. Cantatore. Sec me si è figli di Dio di “default”, non per assunzione per mezzo di Gesù, “da soli non possiamo nulla” non c’entra con la divina figliolanza. Credo che invece s’intenda che dobbiamo seguirlo nella pratica quotidiana se vogliamo raggiungere una pienezza INFINITA. Siamo mistero a noi stessi, camminiamo a tentoni nel buio delle decisioni, ci possiamo, anzi ci perdiamo tranquillamente. Come dice il Vangelo di Gv “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Chiudo: questa idea sull’adozionismo non mi quadra; come se le persone siano nulla senza questo, mentalità cristiana sec me superata, quella di chi si batte il petto e non osa alzare la testa verso il Padre. Allo scopo avete mai visto la differenza fra l’inchino tradizionale di entrata in chiesa e quello (leggermente inclinato in avanti) ad esempio dei monaci? L’uomo è dignità non servo.

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma Gesù non era semplice uomo mortale, in tutti e 4 Vangeli mantiene stretto rapporto con il Padre, ben conscio di essere Figlio di Dio, infatti” Io sono nel Padre come il Padre e in me- perché io sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato”.Io sono il pane della vita”, e in quanto tale opera si manifesta tra i suoi increduli, avendo a cuore la missione affidatagli. la salvezza del mondo. I 40 gg.nel deserto senza mangiare, una esperienza di vita senza certo cibo, forse non ne sentiva il bisogno: infatti “Gesù pieno di Spirito Santo..guidato dallo Spirito nel deserto” la fu tentato dal diavolo. Non mangio’ nulla in quei giorni ma quando furono terminati ebbe fame.”Alle Tentazioni Gesù risponde riaffermando la supremazia di Dio Padre e in quanto
    Figlio non cede alle seduzioni di potenza terrena proposte.Una insegnamento che parla a noi di oggi, ad avere la stessa Fede in Lui, Cristo Salvatore

  5. Matteo Piemontese ha detto:

    Come si può scrivere un post del genere impostato su una domanda che, appunto, solo i bambini possono fare? Non hai mai studiato o almeno letto qualcosa sul significato dei numeri biblici?

    “Il numero quaranta nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, si incontra spessissimo. E’ una cifra simbolica importante. Rappresenta momenti salienti dell’esperienza di fede del popolo di Dio e anche del singolo credente. Questo numero, come anche il tre o il sette, non rappresenta, dunque, un tempo cronologico reale, scandito dalla somma dei giorni. Indica piuttosto una lunga attesa, una lunga prova, un tempo sufficiente per vedere le opere di Dio, un tempo entro il quale occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità senza ulteriori rimandi. E’ il tempo delle decisioni mature.”

  6. Costantino Squeo ha detto:

    La scelta è quella dell’incarnazione, del perimetrare la strada degli uomini quale proprio destino. Luca però ci dice che quei 40 giorni sono solo il primo dei tornanti; ben altri e molto più cruenti impatteranno fino all’ignominia della croce. Credo che la posta in gioco continui ad essere la libertà dell’uomo, quella integrale, decisiva.

  7. Angelo Rubino ha detto:

    Il frutto di una scelta. Gesù avrà impegnato i suoi primi 30 anni a vagliare la scelta da fare! È il cammino a cui siamo chiamati a compiere se accettiamo il passaggio dal mistero (essere bambini) alla fede adulta che comporta l ‘ ingresso nel deserto cioè fuori da ogni legame ambientale/ sociale per riconoscere ciò che essenziale e prioritario per la nostra esistenza che può portare anche a rinunciare il cibo.

  8. ALBERTO GHIRO ha detto:

    È vero, la scelta di stare coi peccatori indica quello che egli è venuto a fare. Non è venuto per dare regole o insegnamenti morali ma per salvarci e chi meglio dei peccatori ha superato le questioni morali e ha bisogno solo di salvezza?
    La sua salvezza passa dall’essere uomini e figli di Dio, rivolgendo la volontà al fare e non all’essere che è la battaglia che egli vince nel brano delle tentazioni.

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