Mentre vi scrivo, facendo finta di essere a Lisbona, la jeep bianca di Papa Francesco sta percorrendo, tra due ali di folla, un grande viale della capitale portoghese per raggiungere il Parco Edoardo VII, 25 ettari di area verde dove lo attendono, come in un festoso multicolore mosaico, ragazze e ragazzi giunti qui da tutto il mondo per ascoltarlo e pregare con lui.
È la cerimonia di apertura di questa 37.ma GMG, il vero atto di esordio di questo ennesimo incontro internazionale dei giovani cattolici inventato quasi 40 anni fa da Giovanni Paolo II.
Lo temevo… dopo 48 ore che faccio finta di essere inviato alla GMG (vedi qui) ho iniziato anch’io a parlare per luoghi comuni. Ma d’altronde noi giornalisti siamo abituati a usare perifrasi e costrutti abusati, come “splendida cornice”. E noi cattolici siamo maestri di retorica spesso vuota. Quindi non potete pretendere troppo da un giornalista cattolico, per di più vicino ai sessanta.
Intanto Francesco è arrivato al parco e – a tradimento – gli altoparlanti diffondono in tutta l’area l’inno del Grande Giubileo del 2000: quella “Emmanuel” che dice che siamo qui “sotto la stessa croce, cantando a una voce”. Una mossa furbetta degli organizzatori che cerca di creare un ponte ideale con quella GMG di 23 anni fa, ma che a me provoca un senso di straniamento, come quando sento in chiesa “Dov’è carità e amore, qui c’è Dio”. Possibile che il mio immaginario musicale cattolico giovanile sia lo stesso dei miei figli? E allora sorge spontaneo il dubbio che trascinare questi eventi identitari cattolici avanti nel tempo, con più o meno la stessa formula dal 1986, sia un’operazione un po’ forzata, anacronistica.
Vorrei unirmi al gruppo dei miei colleghi pensosi e progressisti che alzano il sopracciglio quando sentono il temine “papaboys” e corrono sprezzanti a meditare su una montagna tibetana. Oppure a quell’altro club di cattolici più indietristi che rimpiangono le GMG di una volta con Papa Wojtyla che sferzava la folla adolescente o Papa Benedetto che la ammaestrava con suadente, sobria profondità. Poi, però alzo gli occhi dal mio immaginario taccuino e vedo centinaia di migliaia di persone sotto i 40 anni che sono qui per vivere un’esperienza di fede e ascoltare il Papa di oggi: Francesco.
Sicuramente è merito suo se ancora oggi il cattolicesimo riesce a parlare alla gente in modo semplice e diretto, spesso coinvolgente. Bergoglio ha sicuramente svecchiato il linguaggio papale, aggiornandolo ai tempi di una comunicazione più veloce in un contesto che non è più culturalmente cristiano. Ma per non cadere nella papolatria diciamo che è merito soprattutto dello Spirito Santo che – per noi che ci crediamo –nonostante tutto continua a soffiare anche su questa terra inquinata, insanguinata e digitalizzata, dove l’intelligenza artificiale lancia bombe e scrive articoli probabilmente migliori di questo.
Uno spirito che suggerisce a Francesco di spronare i giovani a essere inquieti, a non rifiutare le crisi, ad alzarsi dai divani, sollevare gli occhi dallo smartphone e vivere la vita. Che gli fa dire a chi vive come se l’invisibile non ci fosse, che dobbiamo occuparci della dimensione materiale della vita all’interno di quella spirituale. O ricorda ai cattolici che disprezzano il mondo che la chiesa deve vivere senza mondanità ma non senza il mondo, perché la fede va incarnata, non è ideologia.
Perciò avrei voluto essere a Lisbona, seppur con la mia pelata da ragazzo degli anni Sessanta, perché a queste cose ci credo anch’io. Forse, come ha già scritto qualcuno, bisognerà inventare anche la Giornata Mondiale dei diversamente giovani, con i volontari che distribuiscono Voltaren e Gaviscon.
Io mi prenoto.
Ma tutti questi papaboys una volta finita la GMG dove spariscono ? Perche’ nella realta’ saltano fuori solo in questa occasione: mai che li si vedano nella vita quotidiana della Chiesa, alla Messa, nelle parrocchie, dove l’ eta’ media dei praticanti e’ ben oltre i sessanta .
Deve esistere una certa categoria di giovani che si attiva solo per andare alle GMG e per tutto il resto del tempo vive ibernato.