Repole-Mancuso: il problema è cosa si intende per “Salvezza”

Il dibattito di questi giorni ha riguardato la necessità di Gesù Cristo per la Salvezza, ma né Repole né Mancuso ne hanno dato una definizione, mentre è proprio ciò che si intende per "Salvezza" a svuotare le chiese oggi.
16 Agosto 2024

Aggiungo anch’io qualche parola al dibattito tra Roberto Repole e Vito Mancuso, sul quale in molti hanno scritto – non ultimo Stefano Fenaroli qui su Vinonuovo.it – provando a riflettere sulle questioni e tralasciando i giudizi sulle persone.

Mi pare che l’oggetto della discussione, su impulso di Mancuso, si sia spostato dal tema centrale dell’articolo di Repole, ossia il futuro della fede cristiana e della Chiesa a fronte della crisi attuale, a quello dell’esclusività della Salvezza attraverso Gesù Cristo. Questo spostamento nasce, a mio parere, da un fraintendimento da parte di Mancuso (e di Fenaroli): nel suo testo Repole non affronta il tema dell’esclusività della Salvazza cristiana. La frase incriminata – “Io sono cristiano perché credo fermissimamente ciò che dice Pietro nel libro degli Atti: che non c’è nessun altro nome in cui c’è salvezza, se non Gesù Cristo” – è una citazione (evidentemente fraintendibile) posta a conclusione di un testo la cui tesi fondamentale è che l’adesione a Gesù Cristo permette, ancora oggi, di accedere alla vicinanza di Dio, alla bellezza di una vita buona e umanizzante, e che da qui la Chiesa deve ripartire. Come sottolineato da Maurizio Gronchi nella sua replica a Mancuso, Repole, citando At 4, non può aver voluto dire qualcosa di diverso da quanto il Concilio Vaticano II ha affermato in merito alla Salvezza, aprendola a “tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia (Gaudium et Spes 22). Nessuna affermazione di esclusività dunque. Non è questo quindi, a mio parere, il tema sul quale vale la pena soffermarsi.

La questione vera posta da Repole è la crisi che incontrano la Chiesa e la fede cristiana oggi e come affrontarla, ed è su questo che vorrei spendere qualche parola provando ad approfondire e facendo qualche rilievo alla prospettiva del Vescovo di Torino. Nella sua disamina ciò che Repole individua come causa della situazione attuale è il venir meno di un’adesione convinta e testimoniale a Gesù Cristo da parte dei cristiani: “oggi non mi preoccupa che la Chiesa diventi minoranza, ma che non si percepisca che il Dna della Chiesa è Gesù Cristo”; “io credo che molti cristiani non sentano più l’urgenza o la bellezza di annunciare e testimoniare Gesù Cristo agli altri”. La sua proposta è quindi suscitare un nuovo radicamento in Gesù Cristo per costruire comunità cristiane che, pur se minoritarie, siano presenze significative nella società, per l’umanità. Il passaggio che Repole però non chiarisce – e che a mio parare è decisivo – è il motivo di questo venir meno oggi, anche tra i cristiani, del riferimento a Gesù Cristo. Da cosa è causato? Nel testo afferma di credere che “molti cristiani facciano proprio il nichilismo contemporaneo”, ma perché di fronte al nichilismo la proposta cristiana risulta essere così poco attraente, così poco convincente e competitiva? Perché in un mondo in cui “c’è poca fiducia nella vita e nel futuro, […] una cultura che non offre spiragli di speranza” la fede e la speranza cristiana non riescono ad essere delle risposte credibili? Un tempo senza speranza non dovrebbe essere un terreno fertile per chi si professa portatore di speranza, come i cristiani?

Da questo punto di vista sono d’accordo con quanto afferma Mancuso: “il problema, sia chiaro, non è del mondo, che va per la sua strada, ma del cristianesimo, le cui chiese rimangono vuote”. Il problema non è un mondo in cui “una cosa vale l’altra” ma una proposta cristiana che non riesce a farsi percepire come qualcosa che vale davvero. E qui, secondo me, è decisivo il tema della Salvezza cristiana, di cui tanto si è discusso rispetto all’esclusività, ma della quale né Repole, né Mancuso danno una definizione precisa. La Salvezza è ciò che la fede cristiana offre come possibilità al credente, ciò che Gesù Cristo, morto e risorto, e la fede in lui rendono possibile per i suoi discepoli. In cosa consiste questa Salvezza? Tenendo come riferimento GS 22 potremmo sintetizzare dicendo che Gesù Cristo salva l’uomo dal peccato, dalla morte e, potremmo dire, dalla “separazione con Dio”. Ora, è del tutto evidente come nel contesto attuale l’offerta di Salvezza dal peccato (con tutte le controversie che porta con sé rispetto al tema della grazia, del peccato originale, del sacrificio espiatorio…) e dalla morte risultano essere risposte a domande che non ci sono. Perché – sintetizzando male temi che chiederebbero molto più approfondimento – l’uomo di oggi percepisce come un’ingiustizia l’idea che si nasca già segnati dal peccato; vive il senso di colpa, il pentimento, la richiesta di perdono nel contesto delle relazioni interpersonali, non nel rapporto con Dio; focalizza la sua attenzione e la sua preoccupazione sulla vita concreta di ogni giorno, non su ciò che accadrà dopo la morte; non trova alcun valore in un’esistenza vissuta nel sacrificio o nell’aderire a prescrizioni morali in vista di una vita futura; percepisce come infantile e poco credibile la descrizione dell’aldilà propria dell’immaginario cristiano (giudizio, inferno, purgatorio, paradiso) preferendovi piuttosto, anche tra i credenti, descrizioni derivate da altri contesti culturali. Questo, prima di essere qualcosa con cui si è più o meno d’accordo, rappresenta un dato di fatto di cui prendere atto. Se la Salvezza cristiana è questo, se ciò che la relazione con Gesù Cristo offre è questo – che è quello che afferma la dottrina cristiana, che si insegna a catechismo, che si ripete nelle formule delle nostre liturgie deserte – è chiaro che il cristianesimo non ha nulla da offrire al mondo di oggi. (Con questo non sto affermando che questi temi debbano essere rimossi o che non siano veri per un credente, ma che qui l’uomo di oggi non trova nulla di interessante e desiderabile per la propria vita).

Questo è il motivo per cui oggi, anche tra i cristiani, viene meno l’adesione a Gesù Cristo, perché ciò che lui offre è associato nella maggioranza dei casi a qualcosa di cui nel contesto odierno non si sente alcuna esigenza. Di questo sembra essere consapevole anche Repole, che non a caso (ma sorprendentemente, a ben vedere) nel suo intervento, quando parla di ciò che Gesù Cristo rende possibile, non fa riferimento alla Salvezza dal peccato o dalla morte, ma alla “consapevolezza che Dio si è fatto vicino”, a un’“etica e a una vita buona che nascono dall’adesione a Gesù Cristo”, al “patrimonio del Vangelo” che motiva l’impegno sociale, la preferenza per i poveri, la lotta contro le ingiustizie… Una prospettiva incentrata sull’oggi, su ciò che di buono e di bello l’uomo Gesù, che la fede cristiana chiama Dio, ci consegna come possibilità di vita. Da questo punto di vista Repole va nella stessa direzione di Mancuso, ossia quella della tanto discussa spiritualità (dove la differenza tra i due permane nel riferimento esplicito ed esclusivo a Gesù Cristo in Repole, che Mancuso integra con altre tradizioni, le quali però, nella sostanza, si muovono nella stessa prospettiva). Coincide questo con il terzo “aspetto” della Salvezza, che ho sinteticamente chiamato “Salvezza dalla separazione con Dio”. GS 22 recita così: “Il cristiano poi, reso conforme all’immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello Spirito» (Rm8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore. In virtù di questo Spirito, che è il «pegno della eredità» (Ef 1,14), tutto l’uomo viene interiormente rinnovato”. In questa prospettiva la Salvezza cristiana consiste nell’essere abitati dallo Spirito di Dio – in questo senso non più separati da Dio –, nell’incontrare e fare proprio l’amore di Dio; quello stesso amore incarnato da Gesù Cristo, così da assumere nella propria vita il suo stesso sguardo, il suo stesso desiderio, i suoi stessi sentimenti. Significa riscoprire nei gesti, negli incontri, nelle parole di Gesù, nella sua tenerezza, nel suo rifiuto dell’ingiustizia, nel suo amare fino alla fine, l’evidenza di una bellezza capace di dare senso alla vita, capace di diventare bussola per gli sguardi e le scelte di ogni giorno.

Questa prospettiva spirituale (della quale ad esempio la teologia di Paolo Gamberini prova a rendere ragione nella prospettiva del post-teismo) è ben lontana dal considerare Dio e lo spirituale “come una realtà amorfa, indistinta, che tutto comprende, […] qualcosa che dovrebbe separarci da questo mondo, da questa realtà, cercando il proprio senso, la propria felicità in un “cielo” spirituale, dove non ci sono più differenze…” come scrive Fenaroli. Dà valore invece a quanto nelle Scritture e nella tradizione cristiana si afferma rispetto all’opera dello Spirito nell’uomo, alla presenza di Dio nel mondo e del mondo in Dio. Non per proporre di vivere al di là del mondo, ma radicati nel mondo, operando guidati dallo Spirito di Dio; non per annullare le differenze ma per affermare ciascuna come manifestazione inevitabilmente finita e parziale dello Spirito. Per rendere accessibile oggi ciò che la tradizione cristiana porta con sé da sempre, ma che è troppo spesso rimasto sepolto dietro una teologia e dei linguaggi che non dicono più nulla.

È a questo livello che la vicenda di Gesù può avere, secondo me – ma anche secondo Repole e Mancuso – ancora qualcosa da offrire all’uomo di oggi, perché viviamo in un mondo in cui “una cosa vale l’altra”, ma dove, soprattutto tra i più giovani, la ricerca di qualcosa che abbia senso è presente e viva, ed è con rassegnazione che vi si rinuncia. Il modo nuovo di essere Chiesa, di aderire e testimoniare Gesù Cristo, di cui parla Repole, non può che passare da qui, avendo il coraggio di ricentrare su questo livello l’annuncio cristiano.

Una precisazione prima di chiudere: è evidente come a questa spiritualità sia possibile giungere a partire da Gesù Cristo (Repole) così come da altre prospettive (Mancuso), coerentemente con quanto affermato da GS 22 riguardo la Salvezza accessibile a “tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia”.

 

17 risposte a “Repole-Mancuso: il problema è cosa si intende per “Salvezza””

  1. Daniela Dorigo ha detto:

    Concordo appieno con quanto affermato da Paola Meneghello.Per il futuro per me non è il ricorrere tutti a tutti i costi e per fare questo,perdere l’ identità. Altrimenti cosa potremo offrire?Ci vuole il coraggio di affermare le Verità della fede,non concentrarsi su quanti siamo…Gesù ha detto ai suoi discepoli ,ad un certo punto,quando le sue parole erano state recepite come “dure”, che addirittura potevano andarsene…e poi ci sono altre citazioni forti tipo….ci sarà ancora la fede sulla terra?È la nostra natura umana che ci fa preoccupare principalmente delle cose terrene e tralasciare quelle dello spirito…Io mi sono”riconvertita”a 20 anni attraverso l ascolto del Rosario che viene considerata da molti cristiani come una pratica noiosa….dobbiamo essere il sale non l acqua….

  2. Michele Moser ha detto:

    L’idea di “sanare” un Ramana Maharshi o un ‘ Anandamayi Ma o un Gandhi,la trovo abbastanza comica

  3. adriano Bregolin ha detto:

    I tantissimi commenti sono il segno che Repole ha toccato profondamente la vita cristiana.
    Tutte le aggiunte sono ugualmente interessanti. Per favore però finitela con la stora dlle Chiese vuote. Dio le ha riempite e “nessuno viene a me se non lo attira il Padre”. Quanto a Gamberini deve studiare ancora tanto!

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Gesù Cristo dunque non è “utopia” perché le Chiese sono vuote! Lui stesso ha detto a suo tempo “Ma il Figlio dell’uomo quando verrà, troverà la Fede sulla Terra? (Lu.18)e un Pietro interroga “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?”, ma non si nota che il comportamento oggi nei conflitti?, cosa dire circa l’esistenza di popolazioni decimate da fame e violenza inaudita, mentr certa parte del mondo ha tavole imbandite, in hotel l’opulenta riservata ai più ricchi, la disparità con chi fatica stride e genera violenza. Dove vedere Cristo se nessuna o troppo flebile voce si alza a denunciare tali ingiustizie. Il Fariseo si riteneva giusto perché pagava le decime su tutto quanto possedeva, ma è il Pubblicano addolorato che chiede pietà per quanto ha commesso che Gesù Giustifica,. Gesù dunque L’uomo oggi per scelta e’ adoratore di se stesso, nel cuore ha posto come altare altro idolo/i,

  5. Pietro Buttiglione ha detto:

    Riscontro le domande decisamente emotive di Maria Cristina, che con-divido.
    Io scrivo:
    1) Resurrezione?? Sai che perfomance, se poi tanto risorgeremo tutti!
    Cercare altrove x la ns “salvezza”!!😅🙃
    2) Croce!!
    Due vie x la sua comprensione
    * Gesù non ha MAI voluto essere messo sull’altare. “Figlio dell’uomo”. Perchè?
    Quindi niente angeloni con la spada.
    * Gesù salva, e non obbliga nessuno. ma non con lo SPIC&SPAN del peccato originale, ma con tutta la sua vita coerente fino alla Croce. Cfr la spiritualità di Gesù abbandonato dei Focolari.
    Abbandonato da Tutti gli uomini.
    Vicino a tutti gli abbandonati.
    Full stop.

  6. Pietro Buttiglione ha detto:

    Dalla Messa dei laicissimi Francesi ho preso l’abitudine di seguire “debout” il out/in di Cristo dal Tabernacolo.. Lo fanno TUTTI.
    L’altro gg ho sofferto vedendo quella porticina chiudersi.. e mi sono detto:
    Ma xchè lo CHIUDIAMO DENTRO? dovrebbe Invece essere sempre aperto.. disponibile!!
    E ho ripensato a qs discussione cui porto due pensieri, da libero pensatore (( abolirei i Teologi!))
    1) Lui, se siamo davvero Cristiani, lo portiamo DENTRO noi al mondo. e si DEVE vedere!
    Senza fare alcun proselitismo.
    2) Perchê non riusciamo a minestrarlo agli altri.??( Ricordo il titolo che diedi al gruppo ICCR: RIPARTIRE da Cristo). Per chi ha Fede l’inghippo non puô risiedere in Lui.
    Cfr al Cap.S del mio libro il j’accuse ” Il Gesû che trasmettiamo è davvero trasparente o FALLACE??
    3) Scrivendo aggiungo, tema spesso da me ribadito:
    SALVEZZA???????
    Ma il Giudizio è roba nostra o pertiene a Lui????

  7. Maria Cristina Venturi ha detto:

    A proposito di ” domande di senso” : che senso ha che Cristo sia morto in Croce? Se il suo era un insegnamento morale e spirituale ,di tipo umanitario ,come quello di Socrate o di altri pensatori stoici, che hanno sempre predicato l’ amore, la compassione, la tolleranza , perche’ morire sulla Croce? E ancora: che senso ha che Cristo dopo essere morto in Croce e sepolto ,dopo tre giorni sia risorto?bnelle vostre elucubrazioni teologiche ,manca sia la Croce che la Resurrezione . Due eventi senza importanza per la storia della salvezza salvezzatutti bene” per essere salvi? E allora ragione i giovani che cercano un “senso” a non aderire a questo cristianesimo: senza Croce e senza Resurrezione , Gesu’ diventa uno come tanti, e Budda e’ persino piu’ simpatico.?

    • Gabriele Cossovich ha detto:

      Carissima,
      io credo che croce e risurrezione rimangano fondamentali: la croce come manifestazione di un amore “fino alla fine”, che non si ferma neppure davanti alla prospettiva della morte. La risurrezione come testimonianza che questo amore è più forte della morte, nemmeno la morte può vincerlo.

    • Paola Meneghello ha detto:

      Se ne potrebbe, anzi dovrebbe, parlare con parole nuove..
      Innanzitutto Cristo salva dai peccati perché chi guarda al Suo esempio e va oltre la difesa di se stesso e del proprio particolare, trova in sé quell’oltre che lo rende un uomo nuovo, un uomo libero, che può essere il sale sulla terra..
      Gesù si è donato in corpo e anima, ha accettato di dare il proprio sangue, – se avesse voluto, avrebbe potuto scampare alla crocifissione..senza pensare a un miracolo, bastava fosse stato più prudente..- e ha donato il Suo Spirito Santo al mondo.
      Ogni uomo, morendo, rimette il suo spirito, tutti noi siamo responsabili dell’avvento del Regno, ma Gesù era l’Uomo vero, per questo identificato col Padre…
      Bisogna far posto al divino in noi, ma se pensiamo che tutto inizi e finisca nel nostro io, come fare?
      Se pensiamo di essere salvati, anziché di poter noi stessi salvare il mondo sull’esempio di Gesù, questo mondo come farà a cambiare?

    • Michele Moser ha detto:

      Buddha non è uno come tanti e 2500 anni di buddhismo stanno li a dimostrarlo.Limitiamoci a parlare di quello che conosciamo

  8. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Condivido pienamente l’affermazione Mons.Repole, così apprezzo i molti rilievi del Teologò Vitò Mancuso circa l’assenza di societas e di humanitas, le cui prime vittime sono “i ns.ragazzi m per mancanza di ideali, speranza nel futuro, fiducia in se stessi. Ed e per questo che è sostenibile che solo in Gesù Cristo che non possiamo dire di non avere contatto in quanto si è incarnato nascendo come uomo, in una famiglia, rispettando la Fede dei Padri, Maestro di vita per ogni uomo. Si è offerto vittima umana perché il Suo Spirito fosse più vicino a ogni uomo in tutti i confini e lingue nella Terra. Ultima Parola di Dio Padre in quanto a conoscere cos’è l’amore fraterno, via dunque alla verità e promessa di vita, non la caducità della morte.Tutti i credenti formano quella Chiesa descritta discendere dal cielo come la nuova Gerusalemme, sua sposa. Importante avere F e d e in Lui, eredità preziosa, testimonianza vissuta, passando il testimone spero essa risulti viva .

  9. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    In punta di considerazioni: La Chiesa ha dimostrato fuori dall’Altare di essere società/famiglia debole, ripiegata su se stessa illudendosi che basti l’Altare a farla apparire come Chiesa di Cristo agli albori. L’Unità sembra essersi materializzata in tanti rivoli: il Sermig è una società/famiglia cristiana; il St.Egidio altra Comunità cristiana e così di tutti e quelle esistenti che possono formare un corpo unicoChiesa? Ma tutte separate, così le parrocchie e confraternite di appartenenza. Fanno tutte parte del Corpo di Cristo, sicuramente, ma da indipendenti le une dalle altre. Dove l’amore Cristiano? E’ questo che al fedele non arriva sentore. Il mondo laico non ha più voluto Cristo come Maestro educante, i genitori non educano in privato Cristo, altri interessi sono diventati primari e demandano a una scuola che in nome di rispetto di tutti non lo annovera neppure tra i Pensatori di rilievo educativo.

  10. gilberto borghi ha detto:

    Grazie Gabriele, che ci aiuti a rimettere un po’ in asse il senso di questa discussione. Aggiungo che a me sembra che entrambe le parti possano migliorare nella lettura dell’Altro. Mancuso può smettere di pensare che indicare Cristo come fonte di salvezza sia sempre e solo escludere le altre prospettive (pure Gamberini rischia questo). Repole può migliorare nel leggere quali siano le domande di senso aperte oggi nel mondo, che sono molte, impellenti e drammatiche, ma che la Chiesa nella sua stragrande maggioranza, non sa ancora intercettare, figuriamoci essere in grado di rispondere. Apprezzo moltissimo che un vescovo abbia il coraggio di dire apertamente che siamo minoranza, ma questo era già visibile almenno 20 anni fa. Se la Chiesa vuole leggere il mondo bisogna che lo abiti di più, non solo lo visiti ccome turista critico. E se Mancuso vuole leggere Cristo vale altrettanto: abitare la relazione diretta con Lui.

    • Gabriele Cossovich ha detto:

      Caro Gilberto, grazie!
      Io credo che, al di là delle posizioni e dei limiti dei singoli autori, che ci sono senz’altro, il punto fondamentale è che il cristianesimo deve muoversi nella direzione della spiritualità se vuole dire qualcosa oggi. Condivido che per un crisitano Gesù non può non essere il riferimento principale e che questo non è necessariamente esclusivo di altre prospettive, senza però negare che anche a partire da altri riferimenti si possa arrivare alla medesima spiritualità. Perché se è vero che Cristo è la verità dell’uomo, allora l’uomo quando cerca sinceramente la verità arriva a Cristo, anche solo implicitamente.

  11. Paola Meneghello ha detto:

    Cristo salva, nella misura in cui Lo si riconosce come vera Essenza di se stessi, al di là dell’appartenenza religiosa, e al di là dell’ego e dell’apparenza.
    Identificandoci con la nostra finitezza, vediamo solo quella, e crediamo nella morte, anziché nella Vita che tutto comprende..Questo è il peccato dell’uomo da cui discendono tutti gli altri..sentirsi un io, una parte, e difendere solo quella..fare della propria persona il fine, anziché lo strumento..
    A proposito di identità, come fa l’uomo che si identifica con la propria finitezza, ad elevarsi verso il cielo, come ha fatto Maria? Davvero basta credere, o forse bisogna vivere, conoscere questa Realtà dentro di sé, che eleva?
    È un errore, per me, basare la salvezza al rispetto di regole esteriori..
    Non fare, ma Essere..
    Per questo, credo che il Cristianesimo del futuro non possa essere solo pratico, ma soprattutto Mistico..

    • gilberto borghi ha detto:

      Perfettamente daccordo con il cristianesimo del futuro. Per arrivarci però? Buttiamo via l’acqua e il bambino come rischia di fare Mancuso? Certo, gli sforzi ecclesiali che non vogliono seguire questa linea sono ancora molto deboli, ma ci sono. Iniziamo a valorizzare questi, senza perdere troppo tempo a discutere con chi, nella Chiesa, invece, vorrebbe tenere e l’acqua e il bambino.

      • Paola Meneghello ha detto:

        Assolutamente d’accordo sull’acqua e il bambino.
        Secondo me nei dogmi si nascondono Verità profonde, e occorre presentarli in modo intelligibile alla coscienza di oggi.
        Proprio a questo alludevo a proposito dell’Assunta ..
        E proprio per questo apprezzo il lavoro ad esempio di Gamberini, come anche di Paolo Scquizzato, che cercano di innovare pur senza perdere per strada lo “Spirito ” che va non solo preservato, ma fatto emergere.
        Come dicevo già, ciò non significa che non possano esserci errori e non si possa essere concordi su tutto, ma la delegittimazione a prescindere non serve a nessuno, tantomeno ad una religione e ad una Chiesa che se non ammettono gli errori, non potranno mai andare avanti e continuare a dar Vita..
        Mancuso è un teologo, ma da tempo si occupa anche di altro, è più un libero pensatore, secondo me, ma i teologi veri e i sacerdoti consapevoli ci sono, e vanno incoraggiati, secondo me..proprio per non perdere tutto..

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