Le parole del giubileo – 4 – Perdono/Pentimento

Se il peccatore non sentisse qualcuno che lo ama non avrebbe motivo di pentirsi.
25 Gennaio 2025

Perdono/pentimento

L’obiettivo principale del giubileo non è che l’uomo si penta e riceva il perdono di Dio, ma l’estinzione parziale o totale della pena del peccato (vedremo in seguito cosa significa). Il pentimento/perdono è però la condizione previa affinchè l’obiettivo del giubileo si realizzi.

Ma cosa indica questa coppia di parole? Perdono è l’atto con cui Dio decide di non trattare l’uomo secondo le azione commesse, e di continuare ad amarlo nonostante il peccato. Il pentimento è, invece, il riconoscimento del peccato da parte dell’uomo, che se ne assume la responsabilità e chiede di essere perdonato. Il problema è capire come si rapportano uno all’altro questi due termini.

La teologia classica individua nel pentimento la condizione necessaria per ricevere il perdono. E lo ha definito come “contrizione del cuore”, cioè lo sbriciolamento del “cuore duro”, insensibile, del peccatore, che diventa un “cuore tenero”, sensibile al bene. Questo cambiamento interiore sarebbe generato dalla percezione del dolore per il male provocato. Dolore che si impossesserebbe dell’anima del peccatore, e “sbriciolandone” la durezza del cuore, lo muoverebbe così a chiedere il perdono a Dio. E a questo punto Dio lo concederebbe.

In questa logica, il pentimento sarebbe precedente all’incontro rinnovato tra la persona e Dio. Anzi, solo dopo questo rivolgimento dell’anima, prodotto dalla percezione del male commesso, la relazione d’amore col Signore si potrebbe ripristinare. Pensato così, quindi, il pentimento sarebbe frutto di un lavoro interiore che l’uomo svolgerebbe tutto da solo, e il perdono di Dio entrerebbe in gioco solo dopo.

Ma il Catechismo della Chiesa cattolica definisce la contrizione del cuore come opera della grazia di Dio (n. 1452-53). E così, pure tutto il processo di conversione è sottomesso alla presenza della grazia di Dio (n. 1989-90). Lo stesso nella Bibbia, dove il pentimento è sempre frutto dell’opera di Dio nella persona, dell’incontro con Cristo, che anticipa e rende possibile, poi, il rivolgimento interiore di riapertura del peccatore (Cfr. At, 9.3-5)

Allora ciò che smuove il peccatore dalla sua durezza del cuore e la “sbriciola” non è tanto la percezione del male operato, ma è sentire che Dio continua ad amarlo. Non è l’angoscia dell’essere colpevoli, ma la bellezza di poter essere ancora amati, nonostante il peccato, e perciò capaci di amore. E in questa “luce” siamo messi in grado di vedere la portata del male commesso. Se il peccatore non sentisse qualcuno che lo ama non avrebbe motivo di pentirsi, continuerebbe nella sua durezza del cuore, senza poter percepire il dolore del male commesso.

Perciò, il perdono è possibile non perché, di nostra iniziativa, possiamo sentire sofferenza per il peccato commesso, ma perché Dio è ancora lì, che non vede l’ora di poterci riabbracciare. Non è l’uomo a tornare a girarsi, di suo, verso Dio, ma è Dio che continua a ripresentarsi davanti allo sguardo dell’uomo anche quando l’uomo non lo vorrebbe vedere. E in questo sguardo di amore, che Dio ci mostra, noi possiamo lasciarci guardare e ritrovare la pace del cuore, proprio perché siamo stati amati gratuitamente nel peccato.

Perciò dobbiamo pensare che l’unica condizione necessaria e possibile per poter iniziare il cammino del perdono è che noi, a quel perdono, ci crediamo, lo crediamo possibile. Dio ha una gran voglia di perdonarci, e non vede l’ora che noi ci lasciamo amare: «C’è più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7).

Il pentimento è già una conseguenza della percezione del perdono da parte di Dio. In questa luce, gli atti esteriori del giubileo non sono la causa del perdono che Dio ci regala, ma derivano, come conseguenza, dal nostro sentirci perdonati nonostante il peccato. Solo da questa condizione può incominciare il giubileo.

 

2 risposte a “Le parole del giubileo – 4 – Perdono/Pentimento”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Credo che lo sguardo di Dio veda tutto quanto travaglia l’uomo che gli sta davanti . Se da penitente Gesù sa e vede questo quando Pietro nega di conoscerlo, che Pietro cioè non lo odia come altri, ma cede alla paura, ancora la sua Fede ha da essere provata da altri avvenimenti, non si trova così coraggioso, come più avanti darà prova, a correre il rischio di venire a sua volta accusato. Il suo pianto esprime il suo dispiacere per questo suo misconoscimento nei confronti del Maestro che ha conosciuto impaurito all’idea di subire condanna dalla maggior parte del popolo presente.. Gesu Cristo non può che esprimere sempre incondizionato amore verso l’uomo in divenire Fratello, e mantiene Fede alla Promessa al Padre . Credo anche nel Dio Giusto, che rispetta la libertà dell’uomo accogliendolo quando pentito chiede perdono ma anche come per Giuda, essere lasciato a se stesso, perché non riconosciuto nell’amore e combattuto il suo Vangelo.

  2. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Più che cuore contrito, l’immagine che mi viene in mente dal vangelo riguardo al peccato può essere quella della trave nell’occhio, intendendo proprio il vedere ossia il capire più che il giudicare. Per avere coscienza del peccato occorre esserne consapevoli e questo richiede un’educazione e una comprensione tramite il vangelo, il quale direi che proprio sul tema del peccato basa il proprio racconto.

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