La traccia storica già delineata, ha mostrato come le forme della gestione concreta del potere nella Chiesa siano variate da epoca ad epoca. Siamo andati da una democrazia della fede, che richiede e fonda una oligarchia illuminata, ad una monarchia di fatto, limitata da una oligarchia che riconosce il monarca, ma soprattutto lo elegge con strumenti di democrazia,. Il tutto, passando per fasi di oligarchia non assoluta più o meno accentuata.
Vista nel suo complesso, questa dinamica storica dice due cose. Primo. Non esiste alcuna forma umana di gestione del potere che, nella sua purezza, possa essere adeguata all’essenza della Chiesa. Perché è vero che la Chiesa non è una democrazia, ma non è nemmeno una monarchia od un’oligarchia. Tanto meno è un’anarchia o una dittatura. Nessuna di queste forme “pure” traduce in atto fedelmente l’essenza della Chiesa. Secondo. In ogni epoca sono sempre presenti tracce di democrazia, di oligarchia e di monarchia, variamente connesse tra loro a seconda degli equilibri che la condizione culturale, in cui la Chiesa si trova in quell’epoca, permette. Forse bisogna riconoscere che, per fedeltà all’essenza della Chiesa questi due assunti devono sempre essere presenti in ogni forma di gestione del potere ecclesiale.
A partire da questa base, quale forma di gestione del potere potrebbe essere adeguata, per la Chiesa, nell’epoca che viviamo? La speranza è che questa risposta sia frutto del cammino del sinodo. Dentro ad esso mi sento di avanzare qualche indicazione che, personalmente, ritengo sensate.
A livello universale
1) Si potrebbero decentrare le scelte pastorali che non attengono a dati essenziali del “depositum fidei”, assegnandole ai livelli nazionali e regionali delle conferenze episcopali. Ad esempio i tempi e i modi di conferimento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Di fatto spesso è già così, ma senza il riconoscimento giuridico ufficiale. Sarebbe così strano che ogni conferenza regionale potesse definire scelte diverse a seconda delle condizioni di sviluppo personale in cui in quella zona di mondo i giovani si trovano, fino anche a decidere che possa essere il catecumeno stesso a decidere i tempi? Ancora. Il celibato dei preti. Siccome non attiene all’essenza dell’essere prete, possiamo permettere che alcune conferenze episcopali lo rendano facoltativo? Era la proposta del sinodo sull’Amazzonia che Francesco stesso ha deciso, invece, di non attuare. Ancora: il conferimento all’episcopato. Sarebbe così strano che fosse la conferenza di quella nazione o regione a decidere i propri vescovi?
2) Si potrebbe considerare l’apporto dei laici all’interno delle assemblee episcopali, compresi sinodi e concili, sancendo questa possibilità attraverso la ridefinizione giuridica degli statuti. Per deliberazioni di fede potrebbero avere ruolo consultivo, ma obbligatorio, mentre per decisioni pastorali che li riguardano e non attengono al “depositum fidei” potrebbe anche avere voto deliberativo. Ad esempio la prassi pastorale per i divorziati risposati, sarebbe materia su cui anche i laici avrebbero possibilità e diritto di voto. Ancora. Sulle consultazione per le proposte di possibili nomine all’episcopato o delle loro assegnazione territoriali, i laici potrebbero avere voto deliberativo. Mentre, ad esempio, sulle forme di gestione del sacramento della penitenza potrebbero avere solo parere consultivo. Resterebbe, comunque sempre, la possibilità al vescovo di Roma di invalidare, a suo giudizio, una deliberazione conciliare, sinodale o delle conferenze regionali o nazionali.
A livello locale
1) Rendere deliberativi e non solo consultivi, gli organi di gestione comunitaria che già esistono, trasferendo in essi la stessa prassi di deliberazione presente nei sinodi e nei concili, in modo che le decisioni debbano essere prese, per statuto, a maggioranza qualificata. Con l’impegno di rendere operativi le decisioni organizzative e gestionali attraverso l’opera di laici qualificati, in modo da liberare i sacerdoti da tutto ciò che non appartiene all’essenza del loro ministero. E, in caso di dubbi relativi a questioni di fede e di morale, definire giuridicamente che, sia il parroco, sia i fedeli, possano rivolgersi al vescovo per verificare la validità della scelta operata dal consiglio. Ovviamente lo stesso per i consigli di livello diocesano, con possibilità di riferimento al presidente della conferenza episcopale regionale.
2) Riconfigurare le assemblee comunitarie (parrocchiali o diocesane), definendo per legge il diritto o meno di parteciparvi e assegnando ad esse le delibere sulla costituzione degli organi di rappresentanza, che dovrebbero, perciò, rispondere del loro operato a tali assemblee. In particolare andrebbe assegnata all’assemblea della comunità la definizione del consiglio degli affari economici, (parrocchiale o diocesano) al cui interno possano partecipare solo persone qualificate e retribuite.
Una osmosi?clero e laici? Si e no. Un clero che solo celebri la divinità, assolva il compito di raccontare di Lui, del Dio che esiste, buono perche e’Amore, via per un futuro di vita, ma non lo dimostri, (come Gesù ha fatto non solo guarigioni ma ha dato la sua vita a prova), e’ come il suono di un barattolo vuoto, non induce alla fede. Altro è se entra in dialogo fraterno con chi gli cammina a fianco, e fa luce allo sconosciuto di saggezza, si adopera per essergli quel prossimo che dando se e ciò che possiede lo illumina nella conoscenza circa il vero, il bene. E’ il farsi testimone che convince, il portare la luce del Dio che serve. è ciò che il comune mortale cerca: poter attingere a una sorgente che gli infonda del bene vitale, come il minatore va alla miniera, trovarla significa un pane quotidiano assicurato. La Chiesa e la sorgente della Sua acqua in terra, deve distribuirla pura a un mondo che Ne ha bisogno e non lo riconosce.
Un parere dall’esterno da semplice fedele che mi viene da quanto si sta sperimentando per un cambio di parroco in parrocchia. E’ Cristo che fa la Chiesa; solo se c’è Lui avviene un cambiamento nella persona singola e di conseguenza assume un volto nuovo tutta la comunità. Il problema nasce quando Cristo diventa icona, della Sua Persona si fa a meno, ci si ispira soltanto per quel che di Lui si adatta alle nostre idee. Se il clero ha Cristo vive per essere suo discepolo, vive anche tra la gente, fa partecipi i fedeli di quella spiritualità che è necessaria a cambiare nella quotidianità la vita stessa di un uomo, lo illumina a conoscere se stesso educandolo a diventare quell’uomo che non rimane materia ma trasforma tutto se stesso, e la materia diventa mezzo per vivere per sempre. L’amore che proviamo sempre è vivo per le persone care ne è la conferma, esiste la vita per sempre, quella che fa di Cristo il Salvatore.
Sento in TV TRE Rebus la Scaraffia dire che nel sinodo ci sono molte donne ma solo UNA ha diritto di voto, quella che fa parte della Segreteria…
E aggiunge che cmq mai e poi mai viene cooptata una donna contestatrice..
Caro prof Gil!
imo hai lasciato x ultimo il più controverso, la gestione dei soldi.
Il vero tallone di Achille.
Ad OGNI livello.
Cfr Bertone/IOR/LEGIONARI/ ecc ecc ecc ecc
Roba che skotta! Chi tocca si fa male, se non altro x disillusione..😭🤣😂
Rèvenons à nos m… con un ricordo personale.
Ho assistito/preso parte, piccolA, alla nascita di RNS in terra di Bg. Anni fa.
Da un piccolo fuocherello a dispersionne di cenacoli locali. Ad un certo punto ci si pose il problema della STRUTTURA, specie quella centrale. Fiducioso come sempre in Lui ero contrario: lo Spirito è libero.
Poi mi sono ricreduto.
SE un cenacolo diventa chiuso su di se, fuori dallo Spirito ( sento dire che tu sei di Paolo, lui di..) CHI può scioglierlo, cacciarlo?
La struttura decisionale ci vuole, eccome.
Ma ne vanno definiti e limitati gli ambiti di intervento.
Ciao