In questo periodo pandemico uno degli argomenti ‘caldi’ che abbiamo affrontato su Vino Nuovo è stato quello relativo alla sessualità e, nello specifico, all’omosessualità dal punto di vista cristiano-cattolico (e non solo), dando vita a un bel dialogo tra Gilberto Borghi (qui e qui), Gabriele Cossovich, Andrea Grillo e Riccardo Larini.
Sul tema è uscito un interessante libro di Luigi Accattoli – Per una teologia dell’omosessualità (Luni ed.) – in cui vengono raccolti una serie di interventi del teologo Baget Bozzo (1925-2009), per i quali egli viene valutato come “un anticipatore di nuovi cammini” – compresi quelli di Papa Francesco – a “difesa degli omosessuali”.
La sfida era – ed è notevole – soprattutto perché questa ‘apologetica’ trascende il piano prettamente morale – a volte moralistico – della questione, per affrontarla invece sul piano metafisico e teologico. La Bibbia, secondo la premessa di Baget Bozzo, metterebbe in discussione l’omosessualità ‘di scelta’, ma non quella ‘di natura’, riguardo la quale si renderebbe quindi necessaria: 1) un’antropologia teologica (della creazione) che rifletta in modo più approfondito sulla cosiddetta ‘natura umana’; 2) il diritto-dovere da parte dello Stato di tutelare giuridicamente le unioni che ne derivano.
Resta però che, per Baget Bozzo, è esclusa la possibilità di considerare l’“omofilia” qualcosa di “alternativo e paritario rispetto alla eterosessualità”, perché altrimenti verrebbero identificate quelle che Baget Bozzo definisce “omosessualità originaria e sodomia”. Di conseguenza, egli tiene ferma anche la distinzione tra unione civile – riconoscibile – e matrimonio/adozione – non riconoscibile.
Particolare è il senso dell’accento messo sul fatto che “l’uomo non è solo un corpo, ma è anche un’anima e uno spirito” per cui, come in ogni altra condizione creaturale (compresa quella eterosessuale), non bisogna dimenticare che il corpo terreno non è il “vertice” del corpo glorioso. Quindi, la “condizione” omosessuale può rientrare, come tutte le altre, all’interno del “limite” e del “mistero” che come creature sperimentiamo. Qui però, invece di far comparire la parola peccato (come qualcuno si aspetterebbe), Baget Bozzo parla di idolo, o meglio della sessualità come idolo: che la “condizione” di omosessualità aiuterebbe a far comprendere come tale.
L’omosessualità “originaria” sarebbe allora un segno creaturale che aiuta i credenti (e i non credenti) a pensare e vivere il kerygma cristiano – e l’etica che ne consegue – sotto l’egida della misericordia: verso sé stessi e verso gli altri. Non a caso, nell’evoluzione del proprio pensiero, passerà dall’adesione a una risposta più tradizionale a questo “limite” creaturale – quella che poi definirà della “verginità coatta” o “per precetto” – ad una proposta che provi a liberarsi di questo “paradosso”, riconoscendo e valorizzando “l’esercizio della (omo)sessualità dentro una relazione stabile”.
In questa graduale evoluzione rientrano due prese di posizioni forti sul Gay Pride (del 2000) e sulla opportunità di accesso delle persone omosessuali al seminario (1986 e 2004) che, di fatto, significarono anche opporsi a due giganti della Chiesa e del pensiero cattolico del Novecento: Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger.
È chiaro infatti, per Baget Bozzo, che ripensare “l’amore carnale” come “via all’amore di Dio” significhi compiere un “salto storico” che non potrà non avere conseguenze decisive anche per l’ecclesiologia. Ma egli, con questa sua ‘apologetica dell’omosessualità’, voleva intanto invitare la Chiesa a domandarsi qual è l’intenzione di Dio sulla condizione “originaria” con cui ci ritroviamo nel mondo, senza appunto disconoscere che la questione della omosessualità è strettamente legata alla questione della sessualità, o meglio della corporeità sessuata, e della sua finalità complessa, tesa tra procreazione (non sempre possibile) e unità affettiva (sempre auspicabile).
Anche per questo il teologo genovese ha costantemente esortato i cristiani d’orientamento omosessuale a testimoniare il loro “status pieno” di credenti, perché è attraverso questa via – come spesso è avvenuto nella storia della Chiesa – che la comunità ecclesiale ha potuto e può allagare il suo perimetro di accoglienza e comprensione di quello che Baget Bozzo rivendicava essere un “fatto cristiano”.
Certo, si potrebbe – e si deve – ricordare che oggi la discussione si è ampliata (al mondo LGBT) e radicalizzata (rendendo forse obsolete certe categorie e certe discussioni). E che molte voci teologiche dell’epoca hanno detto meglio – e in modo più completo e sistematico – quanto Baget Bozzo ha espresso in modo più incerto e frammentato.
Ma, forse, l’importanza di tale lettura consiste proprio nel fatto che la sua posizione di apertura, accoglienza e deciso ripensamento della dottrina, si è mantenuta tale anche nel periodo in cui “era passato su posizioni di destra, rivendicatrici della tradizione cristiana del nostro paese” (L.Accattoli): è laddove non ti aspetti che possa esserci la verità – o una sua intuizione, da approfondire e far maturare – che vale la pena cercarla e portarla alla luce.
Proprio perché l’uomo non è solo corpo ma anche spirito che gli è riservato un destino diverso, cioè fatto a immagine e somiglianza della divinità a condividerne il regno, che le Sacre Scritture sono la nostra guida. In esse sono presenti tutti gli aspetti della natura umana e per ognuno di essi è aperta la possibilità di accedere a quel regno. Non siamo fatti per la morte ma per la vita; abbiamo la responsabilità è libertà di scelta, può entrare lo storpio e ogni essere menomato ma occorre vestire l’abito della festa per part.al banchetto del Re.Dio però ha dato precise indicazioni, la famiglia e con lo spirito e modello quella di Nazareth,si legge di accettare il proprio stato fidando in Dio e succede che immeritatamente una malattia cambi un sogno di vita e occorra accettarne un altro.Ma lì si fa spazio e ospitalità a Dio che ha il potere di accettare e offre l’aiuto necessario.Cambiare i piani di Dio E supporre di stravolgerli eco e poter contare le stelle