Nella letteratura il tempo pasquale ha stimolato tanti autori che hanno scritto su Gesù alcune pagine che in questi giorni mi piace ricordare, per vivere la Settimana Santa a partire da George Bernanos:
Suor Marta: Nel giardino degli Olivi, Cristo non era più padrone di nulla. L’angoscia umana non era mai salita più in alto, e mai più raggiungerà quel livello. Aveva ricoperto tutto in lui, salvo quell’estrema punta dell’anima in cui s’è consumata la divina accettazione.
Suor Chiara: Egli ha avuto paura della morte. Tanti martiri non hanno avuto paura della morte…
Suor Geralda: Non solo i martiri, anche dei briganti, Suor Chiara.
Suor Chiara: I martiri erano sostenuti da Gesù, ma Gesù non aveva l’aiuto di alcuno, perché ogni aiuto ed ogni misericordia procedono da lui. Nessun essere vivente entrò nella morte così solo e così disarmato.
Suor Matilde: Il più innocente è ancora sempre un peccatore, e sente confusamente di meritare come tale la morte. Il più colpevole risponde soltanto dei suoi delitti, ed egli…
Suor Caterina: Il più innocente ed il più colpevole, senza aver commesso alcuna colpa e rispondendo di tutte, divorato dalla Giustizia e dall’ingiustizia, insieme, come da due belve infuriate.
Scrive poi François Mauriac sull’ultima cena: E disse loro: “Questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto, che sarà sparso per molti. Io vi dico, in verità, che io non berrò più del frutto della vigna, fino a quel giorno che lo berrò di nuovo nel regno di Dio”. Che cosa compresero quelli che or ora avevano avuto parte di quel corpo e di quel sangue? Il Figlio dell’uomo era lì, adagiato al centro della tavola, e nello stesso tempo ciascuno di loro lo sentiva fremere dentro di sé, palpitare, bruciare come una fiamma che non fosse se non refrigerio e delizia. Per la prima volta in questo mondo si consumava il prodigio: possedere la persona che si ama, incorporarsi in lei, non fare più che una cosa con la sua sostanza, essere trasformato nel proprio amore vivente.
Da qui il passo è breve sul Calvario e Niko Kazantzakis racconta: Padre Fozio sentiva la campana suonare a festa e proclamare che Gesù era nato, che Egli era sceso sulla terra per salvare il mondo…Scosse la testa sospirando. “Invano, invano, Gesù mio” mormorò. “Sono quasi duemila anni e ancora…ancora ti mettono in croce. Quando nascerai, Gesù mio, per non essere più messo in croce e vivere con noi eternamente?
Verso la croce alza lo sguardo anche Natalia Ginzburg: Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza tra gli uomini, fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Nella stessa direzione guarda Max Gallo quando afferma: Il vento urlò più forte. Folate di sabbia mi schiaffeggiavano il viso. Poi le raffiche squarciarono i veli del tempio e costrinsero la folla ad allontanarsi. Restarono solo le donne, in ginocchio, ai piedi della croce. Mi parve che una mano potente premesse sulla mia nuca, obbligandomi a chinare il capo e a far rientrare la testa nelle spalle. Sentivo tutto il corpo tremare per la paura. Il terremoto scuoteva la terra, spaccava le rocce e apriva voragini. Mi sorpresi a dire: “E se quest’uomo fosse davvero il figlio di Dio?”.
Quasi una risposta a questa domanda arriva da Albert Camus: Cristo è venuto a risolvere due problemi principali, il male e la morte, che sono appunto i problemi degli uomini in rivolta. La sua soluzione è consistita innanzitutto nell’assumerli in sé. Anche il dio uomo soffre, con pazienza. Né male né morte gli sono più assolutamente imputabili, poiché è straziato e muore. La notte del Golgota ha tanta importanza nella storia degli uomini soltanto perché in quelle tenebre la divinità, abbandonando ostensibilmente i suoi privilegi tradizionali, ha vissuto fino in fondo, disperazione compresa, l’angoscia della morte. Si spiega così il dubbio tremendo di Cristo in agonia. L’agonia sarebbe lieve se fosse sostenuta dall’eterna speranza. Per essere uomo, il divino deve disperare.
Ma nella prospettiva del terzo giorno ci invita a guardare Marco Beck: Se sapremo estrarre dalla pietra il nostro cuore facendolo aderire strettamente al cuore del Riemerso dal sepolcro, al suo rigenerato, inarrestabile pulsare, ecco, sentiremo – nel chiarore ancora incerto, nel silenzio dell’anima e dell’alba – che Lui, l’Ucciso, è vivo.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori, vedrà una discendenza, vivrà a lungo.(Isaia 53). Scandalo all’umano sentire che Dio Padre sembra insensibile vedere il Figlio morente, invocarlo e non fare nulla. Se non fosse che è proprio per un amore più grande che il Padre con non meno dolore ha sopportato “ per la colpa del mio popolo fu percosso a morte”. Noi oggi assistiamo impotenti una guerra fratricida dove con violenza e odio si uccidono gli uni gli altri. Così si crea il buio quello della morte inutile. Non così quella di Cristo…”Il giusto mio servo giustificherà molti.Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza. Uno dei malfattori crocifisso ha intuito quel Gesù subiva una ingiusta sentenza, si raccomanda di ricordarsi di lui,; questo fa dire a Gesù “oggi sarai con me in paradiso”. L’altro credeva nel potere che porta a salvezza, ma così non esiste Pasqua di Risurrezione.