Natale a casa di Gesù

Abbiamo mai pensato al presepe, alla "casa" di Gesù, come ciò che ne rivela anche le radici più profonde?
22 Dicembre 2022

Si avvicina il Natale, fervono i preparativi e in ogni famiglia cristiana non può mancare l’angolo del presepe. Uno spazio privilegiato, ben riconoscibile, in cui trovano posto una capanna (o una grotta), Gesù bambino, Maria, Giuseppe, il bue e l’asinello, i pastori, gli angeli e, solitamente in disparte (in attesa di avvicinarsi) i Magi. In un certo senso, allestire il presepe significa accogliere nella propria casa, la casa di Gesù, ospitare il luogo di nascita del Signore. Ebbene, tra tutti gli elementi che vanno a comporlo, proprio il presepe in quanto luogo, in quanto «mangiatoia», è quello che passa maggiormente inosservato, su cui ci si sofferma più raramente.

Letteralmente il termine «presepe» deriva dal latino ed è la traduzione del termine greco che ritroviamo nel Vangelo di Luca e che significa «mangiatoia». Questo è tutto quello che i vangeli ci dicono sul luogo di nascita di Gesù, unitamente ovviamente al nome del paese: Betlemme. Solo l’evangelista Matteo, quasi di sfuggita, afferma che i Magi, andando a trovare Gesù, entrarono in una oikìa, termine greco che significa «casa». Può essere interessante, allora, cercare di capire il senso di questa «casa», di questo luogo di nascita, per il Natale, per Gesù stesso e, infine, per la nostra fede.

Punto di partenza, come sempre, sarà il confronto con l’esperienza umana fondamentale che ognuno di noi può fare pensando alla propria casa (natale), come luogo quasi “scontato” in cui si respira affetto, cura e tenerezza. È quest’aria che si respira, infatti, a fare di una qualsiasi costruzione architettonica (grande o piccola, singola o in condominio) una casa.

Per farci guidare in questo cammino, vogliamo affidarci a una canzone di Francesco Guccini, dal titolo Radici, uscita nell’omonimo album del 1972. Un testo forse meno noto di altri, ma che mette descrive con intelligenza e con la solita abilità letteraria del cantautore pavanese, alcuni elementi chiave della realtà che definiamo «casa».

Innanzitutto, la casa è luogo d’incontro, un crocevia temporale tra passato e presente. «Tempi e vite» scorrono attraverso di essa; riecheggiano «voci forse di altra età», sempre sul «confine dei ricordi».

Nella casa, noi cerchiamo le nostre «radici» e così, in essa, comprendiamo la nostra vera natura, la nostra «anima». Non è un caso che il termine stesso «casa» possa indicare la propria «casata», il proprio albero genealogico. La casa, quindi, come luogo simbolico di tutta una storia, fatta di persone, incontri e relazioni, che ci precede e che in questo luogo fisico trova una nuova e singolare tappa con la nostra stessa esistenza.

In questo senso, la casa racchiude dei «legami», che come mani ci afferrano, ci custodiscono e talvolta possono anche opprimerci. Eppure, è proprio in questo «punto di memoria» custodito dalla casa, è in questa storia che sempre ci precede e che ci accoglie, che possiamo ritrovare «la saggezza» e provare quel «grande senso di dolcezza» che inonda la nostra vita, un ancoraggio solido a partire dal quale e alla cui luce possiamo (dobbiamo?) prendere in mano la nostra vita. Potremmo anche dire che la casa non solo si trova a un indirizzo ma, in senso lato, ci indirizza verso nuovi e sconfinati orizzonti.

Un testo breve, profondo e ricco di spunti. Ma come possiamo ritrovare tutto questo in quella casa, ancor più simbolica, che è il presepe? Gesù nasce a Betlemme, «nella città di Davide» (Lc 2,11). Così la definiscono gli angeli, e Matteo fin da subito ci dice che Gesù Cristo è «figlio di Davide» (Mt 1,1). È questa la casa(ta), il legame storico-genealogico che accoglie questo bambino facendone un membro del popolo eletto d’Israele. Un bambino che nasce in un piccolo villaggio quasi nascosto dall’ombra della vicina e ben più grande Gerusalemme (circa 10 km), ma in cui la storia della salvezza ha lasciato tracce. È un villaggio, infatti, anch’esso abitato da «voci di altra età», come afferma Matteo citando il profeta Michea (5,1); una Parola che invoca da Betlemme la nascita di un «pastore» per Israele, dando così un senso ben preciso alla vita di questo bambino. Infine, non si può trascurare il senso letterale del nome «Betlemme», dall’ebraico bet-lechem, «casa del pane». Gesù nasce in una mangiatoia, nella casa del pane.

Ecco quali sono le «radici», direbbe Guccini, che Gesù può trovare guardando alla propria «casa», al luogo che custodisce le sue origini (davidiche) e la sua nascita. È guardando a queste «radici» che Gesù potrà capire (e noi con lui) la sua propria «anima». Gesù, il pastore d’Israele che è chiamato a farsi cibo, a donarsi come pane per sfamare l’umanità intera (non è un caso che, a partire da Is 1,3, l’asino e il bue vengano riletti come ebrei e pagani che riconoscono l’unico Salvatore).

Tutto questo, allora, ci ricorda come davvero le parole (profetiche o meno) che sono racchiuse nella casa di ognuno, i legami (davidici o meno) che costituiscono la nostra storia, sono realmente, per riprendere Guccini, «parole troppo grandi per un uomo». Continuare a interrogarle, senza accoglierle, rischia di farci trovare solo «il solito silenzio senza fine». Queste, infatti, sono parole che custodiscono un senso che ci interpella, sono una storia che ci accoglie e in cui siamo chiamati a trovare il nostro compimento, nella nostra singolarità.

È lo stesso percorso che dovrà fare anche questo bambino di nome Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Egli è colui che porta a compimento la storia che l’ha preceduto, colui che ha fatto della sua vita quel dono nel quale, in un certo senso, è nato, rivelando così in maniera unica e sorprendente il vero volto dell’amore di Dio. A Betlemme Gesù ritrova l’essenza di quella sarà la sua vita, e noi lì riconosciamo l’anticipazione del suo essere dono per gli altri, del suo farsi servo fino alla fine, che è la sola e vera regalità di Dio.

 

Una risposta a “Natale a casa di Gesù”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si è proprio così,il presepe e legame che unisce il passato con il presente ed e prospettiva di speranza per il futuro.La storia del popolo ebraico dalla quale nasce il cristianesimo; il presepe della famiglia legame con quella di prov. oggi nella nostra,la. Fede che viaggia nel tempo fino al presente.L’incognita e se il messaggio trova un cuore aperto ad essere accolto, il mondo guarda alla ricchezza, e ai mezzi per conquistarla,la capanna insegna invece a guardare chi e povero,debole un farsi carico di sacrificare qualcosa di nostro. Il presepe e famiglia gioia e vita ,un impegno a viverlo

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