Quel “Vangelo da vivere” annunciato da Papa Francesco

Crescere e maturare dall'età giovanile a quella adulta, insieme agli scritti di Francesco, è stata un'avventura esistenziale che ha richiesto e sprigionato parecchia energia...
23 Aprile 2025

Quando il 13 marzo del 2013 Bergoglio è stato scelto dai cardinali riuniti in conclave per divenire il vescovo di Roma frequentavo il primo anno del corso di Licenza in Ecclesiologia presso la Facoltà Teologica “San Giovanni Evangelista” di Palermo e da qualche tempo insegnavo religione cattolica nelle scuole statali. Mi trovavo in una fase di crescita e di maturazione – uscivo dalla giovinezza per incamminarmi verso l’età adulta – e sin da subito le parole, i gesti e le modalità comunicative di Francesco mi colpirono per la loro semplicità mista a profondità e cura. Per certi versi riscontravo nella realtà quello che diverse volte insieme ai giovani della mia parrocchia di appartenenza e delle realtà associative che frequentavo – su tutte FUCI e Azione Cattolica – avevamo sperato: una modalità di Chiesa meno formale e più vicina alla vita concreta delle persone.

Negli anni successivi ho quasi sempre rintracciato quello che sin dalle impressioni iniziali avevo avvertito ovvero una straordinaria capacità da parte del papa argentino di legare il Vangelo alla storia, la fede ad un sapere pratico ed esistenziale, la vita umana al dono di santità da parte di Dio. In diverse occasioni – realizzazione di articoli per blog e riviste, preparazione di interventi in conferenze per gruppi ecclesiali o associazioni laicali – ho avuto la possibilità di studiare e di meditare il magistero di Francesco e da questo ho tratto suggerimento e forma per il consolidamento della mia esistenza credente. Da simile prospettiva avverto Bergoglio come il pontefice maggiormente significativo per il mio percorso personale, ecclesiale e professionale.

I documenti di Francesco – esortazioni apostoliche ed encicliche – hanno declinato quel legame fra annuncio evangelico ed esistenza che risulta centrale nella vita di ogni credente. Infatti nell’Evangelii gaudium Bergoglio ha proposto ciò che poi è divenuta una costante del suo magistero. Si tratta della Chiesa in uscita nella quale tutti i discepoli prendono l’iniziativa per andare a cercare gli esclusi e i lontani e comunicargli la bellezza del Vangelo. Una modalità di Chiesa che spinge i credenti alla conversione pastorale finalizzata ad uno stato permanente di missione contraddistinto da un nuovo stile teso a superare ogni introversione ecclesiale.

E poi la fraternità vissuta nei piccoli e grandi gesti di cura reciproca, e dalla rilevanza sociale, che evidenziano secondo Francesco come l’amore non abbia valore solo nelle micro relazioni familiari ma anche in quelle macro come la politica, l’economia, la società e la cultura. Di fraternità, di cura del creato e di attenzione alle periferie esistenziali Bergoglio ne ha scritto in Laudato sì e Fratelli tutti sottolineando – fra le diverse questioni – che l’intervento dei cristiani nelle dinamiche sociali fa parte della spiritualità e costituisce esercizio di carità il quale permette l’accoglienza del dono di santità da parte di Dio. E ancora il recupero dell’importanza del cuore e il rilancio della speranza con i recenti documenti Spes non confundit e Dilexit nos. Questi testi declinano la proposta di vita cristiana come una via attraente poiché coerente e coesa in quanto non alimenta la fuga dal mondo bensì dinamiche di libertà, amore, laicità, democraticità e giustizia.

Di certo questo non è il momento per attribuire etichette al pontificato di Bergoglio già definito superficialmente ora rivoluzionario, ora riformista o conservatore tenue. Tuttavia, Francesco attraverso il suo magistero ha invitato i credenti ad un incessante impegno in un contesto culturale caratterizzato dalla fine della cristianità e, quindi, di accettazione critica e pensante della postmodernità e della pluralità. In simile scenario la fede secondo Francesco non potrà mai divenire una consolazione che distrae bensì un’energia volta non tanto a costruire dighe o muri trattenenti bensì a favorire le correnti capaci di rifare il mondo per il tramite di un Vangelo vissuto. Da questo punto di vista, il papa venuto “dalla fine del mondo” ci lascia un insegnamento fatto di gesti, parole e percorsi che continuerà ad animare l’opera della Chiesa cattolica nel mondo.

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