Fin da ragazza mi sono impegnata come catechista, prima nella Diocesi Ambrosiana ed ora in provincia di Padova, dove vivo con la mia famiglia.
In questi anni ho assistito ad una trasformazione dei bambini e ragazzi che frequentano le nostre parrocchie, ho visto cambiare i genitori che li accompagnano e ho visto modificare in maniera radicale il numero delle famiglie che veramente con fede frequentano le celebrazioni e si accostano ai sacramenti dei figli con vero desiderio.
Sport, attività exstrascolastiche, amicizie: tutto viene messo in primo piano rispetto al catechismo, l’ACR, la messa, la preghiera e molte delle altre proposte fatte dalla parrocchia.
Il genitore non trasmette al figlio l’importanza del cammino di fede, non lo accompagna con l’esempio e la preghiera: impone però la frequenza dell’ora di catechismo e i sacramenti perché è tradizione. La coerenza di pensiero, che oggi viene tanto sbandierata e anche spesso utilizzata come motivo di litigio e scontro, in questo caso può essere messa da parte.
La catechesi è così diventata per le famiglie e non più solo per i bambini: famiglie che hanno bisogno di essere supportate e che non sono più il centro educativo cristiano di una volta; famiglie che per prime non frequentano le celebrazioni domenicali, ma che vediamo in chiesa solo a Natale e forse a Pasqua.
L’ora di catechismo è diventata una “guerra”: la catechista è sempre alla ricerca di qualcosa che possa catturare l’attenzione. Si cerca di fare in modo che qualche idea possa rimanere “incastrata” nel mezzo delle mille altre informazioni che ogni giorno bombardano la testa dei bambini.
Nella frenesia quotidiana, l’incontro con Gesù dovrebbe diventare momento di calma e serenità, dove ritrovarsi e trovare le motivazioni e gli stimoli per essere ogni giorno cristiani e persone migliori: ci ritroviamo invece a “combattere” con bambini che arrivano a catechismo carichi di mille altre cose e che non hanno la pazienza di provare ad ascoltare ciò che gli viene proposto, se non sotto forma di gioco o di video.
Ogni strumento è valido e chi come me è anche insegnante sa bene come sia importante seguire le richieste e le necessità dei bambini che ci sono affidati: la riflessione personale però non può essere veicolata superficialmente da altri supporti, ma deve attraversare i propri pensieri.
Stiamo forse crescendo una generazione che saprà comunicare con Dio solo tramite smartphone?
Da mamma di tre figli, insegnante di molti bambini, catechista e animatrice ACR mi chiedo spesso quale sia la strada migliore da percorre per aiutare tutti questi giovani che fanno un breve tratto del loro cammino con me a trovare la loro via come adulti cristiani del futuro.