Dal Natale, la testimonianza

Celebrare santo Stefano e i santi Innocenti, provando a cogliere il legame con il Natale e la Pasqua
26 Dicembre 2023

Quando nasce un bambino, una bambina è tutta una festa, una gioia incontenibile pervade i genitori, i familiari, i parenti, gli amici per il lieto evento.
Anche il Natale è una festa di luce e di gioia, preannunciata dall’angelo a Maria: «Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28), perché Dio si è fatto uomo nel grembo di Maria, ha condiviso e vissuto totalmente la condizione umana per riscattarla dal peccato e dalla morte e ridonarle la felicità piena perduta.

Ma perché, immediatamente dopo il mistero del Natale, si parla di morte, di martirio (Santo Stefano) e due giorni dopo di strage (Santi Innocenti) accentuate da una certa dose di crudeltà e malignità in quanto si tratta di bambini, perlopiù neonati? Questi fatti cruenti non sono in stridente contrasto con la gioia della nascita del Salvatore che contagia, tra gli altri, anche i pastori nella notte di Betlemme? A un primo sguardo si direbbe di sì, ma la liturgia accosta questi due fatti di sangue al tema della testimonianza (inconsapevole nel caso dei Santi Innocenti) e della fedeltà, guardandoli già alla luce della Pasqua, sotto la lente del sacrifico di Gesù sulla croce, in quanto Egli: “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil. 2, 6-8).

Il bambino di Betlemme è un bambino speciale, è il Figlio di Dio, è la Parola (Verbo) fatta carne, con una missione speciale: quella di portare a compimento l’opera di salvezza del genere umano, di riportare l’uomo alla primitiva condizione di figlio di Dio, condizione che si era persa con il peccato originale, con la superbia e la ribellione a Dio. Il teologo ceco Tomaš Halìk, nel suo recente libro Si destano gli angeli. Avvento e Natale di un ‘epoca inquieta, dice: «In Lui (in Gesù) Dio si abbassa a uomo, si mette “al posto nostro” e apre lo spazio di un incontro pieno di amore, dell’unione fra la natura umana e quella divina. É questa la sostanza dell’Incarnazione. Si realizza nella vita di Cristo, culmina nel suo sangue con “la nuova alleanza”[…]. Cristo e la sua opera di salvezza sono il dono più grande e personale di Dio».

Stefano e i SS. Innocenti sono testimoni di Gesù con il sacrificio della loro vita, riconoscono in Gesù il Salvatore annunciato dall’angelo ai pastori: “nella città di Davide oggi è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2,11); partecipano, avendo fede, affidandosi e confidando in Lui, in qualche modo all’opera di redenzione dell’umanità.
Troppo chiedere a uno come Stefano di sacrificare la propria vita per la fede in Gesù? Esagerato il sacrificio di bambini inermi e innocenti per colpire il “nato re dei Giudei”?

In quest’ultimo caso agisce la malvagità umana che, accecata dalla gelosia e dal potere, non sa e non vuole riconoscere quella “luce vera che veniva nel mondo” , come ci dice l’evangelista Giovanni, e per questo, in quanto tenebra della mente e del cuore, non l’hanno accolta. In Stefano la testimonianza si coniuga con la coerenza e la fedeltà fino alla fine al Maestro e Signore della vita che la dà in abbondanza; d’altronde Gesù aveva avvertito i suoi discepoli che “sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mt 24, 9) e che, dopo le persecuzioni e le tribolazioni, avrebbero trovato la vita piena: “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà al propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16, 25).

 

(ph: Manuscript Illumination with the Martyrdom of Saint Stephen in an Initial E, from a Gradual, Niccolò di Giacomo da Bologna, The Metropolitan Museum of Arts, NY)

Una risposta a “Dal Natale, la testimonianza”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Possiamo vedere nella violenza a Stefano ogni altra anche vicina e ai nostri giorni: femminicidi, il forte sul debole, le guerre protratte, ormai assuefatti ad affidare l’onore alle armi, a odio, vendetta. Non si sente in tutto questo marasma di tonfi, di fosforescenze in cieli neri se non sfacelo di presenza umana che uccide per non venire uccisa mentre tanti popoli sono attoniti in attesa se vi sarà vita l’indomani di tanta indomita inclemenza. Non sembra levarsi voce tanto profetica di antica E nuova Parola a fermare un simile eccidio. Forse nessuno crede più che esista quel Dio di Amore che ha introdotto i suoi Comandamenti, come apprendimento all’amore da parte dell’uomo (Benedetto XVI), via perfezionata dal Figlio con “Ama il prossimo tuo come te stesso e non solo, ma pure se nemico! Che verità, visto che per fare la Pace bisogna avere tanto coraggio da da arrivare a tale umilta’., per la salvezza di molti

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