XXIX domenica del tempo ordinario: Mt 22,15-21
IL TRIBUTO (Antoon Van Dick, 1625 ca., Genova, Palazzo Rosso)
Se Gesù non prova soggezione nei riguardi dell’imperatore, da una parte conferma chi gli dice «Tu non guardi in faccia a nessuno». Dall’altra, lo smentisce: perché, sia pure in un’immagine e in una scritta, il Signore guarda il volto di Tiberio. E lo riconosce, dal momento che ne pronuncia il titolo di “Cesare”. Nello stesso tempo, però, Gesù fa presente l’esistenza di un valore più grande e più alto, chiamandolo per nome. E indicandolo col dito a chi – come il personaggio a destra – pare ipnotizzato dalla moneta.
Il rapporto con l’autorità non viene, dunque, eluso da Gesù. Che, anzi, invita a relazionarsi con lei, rendendo la moneta a chi l’ha emessa. E accettando d’essere cittadini di uno Stato regolato da leggi.
Ma alzare lo sguardo verso Dio significa chiamare per nome colui che ci ha messi al mondo, ci riconosce come figli – fatti a sua immagine – ed è così orgoglioso di noi da avere i nostri nomi «scritti nei cieli». Alzare lo sguardo a Dio – come ci invita a fare il pittore, che si è certamente ispirato a un quadro di Tiziano di sessant’anni prima – significa fare la sua volontà. Rispetto al tributo verso l’autorità, che spesso non conosce per nome e non guarda in faccia nessuno, il tributo che dobbiamo al Padre è ben più caldo e impegnativo.