Siamo davvero gente di poca fede?

Una riflessione aperta dopo l’ultima indagine sociologica di Franco Garelli sulla religione cattolica in Italia
22 Agosto 2020

La domanda nuda e cruda è questa: “E’ possibile misurare la fede?”. Sorge spontaneo chiederselo all’indomani dell’uscita della sempre interessante ed approfondita indagine sociologica realizzata da uno dei maestri della sociologia religiosa il prof. Franco Garelli che fotografa i cambiamenti del sentimento religioso in Italia negli ultimi venticinque anni.

Dati che ci devono interrogare non tanto per la base statistica che presentano ma per il sottofondo che descrivono: un’epoca di trasformazione e incertezza, in cui si fa sempre più esile il sentimento religioso e la fede risulta più una esperienza di solitudine che di condivisione. Nella anticipazione di “Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio (2020, Il Mulino) pubblicata dal portale sulla chiesa globale de la Stampa, Vatican Insider, Domenico Agasso Jr. ne sintetizza i principali dati.

Negli anni Novanta poco meno della metà dei cittadini del Belpaese ogni giorno ricavava qualche minuto per una preghiera personale: nel 2017 a malapena uno su quattro. Uno su venti pensava che in Dio credessero solo le persone più ingenue e illuse; oggi è l’idea del 23%. Il trend di chi non si riconosce in alcuna fede è un più 30%, che equivale a un quarto della popolazione, mentre è diminuita dall’80% al 65% la percentuale di chi ritiene che la religione sia determinante per trovare il senso della vita. Dio esiste? Oggi risponde no un terzo degli italiani, alla fine del secolo scorso era il 10%, la cifra è triplicata. Il motivo principale? «Se davvero esistesse un dio, non permetterebbe la diffusione del male, delle tragedie, delle calamità e delle ingiustizie nel mondo». E poi ancora altri dati, superiori al recente passato, che evidenziano una certa paura del futuro e un ritorno al pensiero di una presenza del maligno nelle pieghe della storia e dell’esistenza contemporanea.

Siamo gente di poca fede dunque? Il calo sempre più vistoso della partecipazione attiva alla messa o della preghiera quotidiana, rispetto alle indagini sul campo che Garelli realizza ogni decennio come studioso rigoroso e consulente della Conferenza episcopale italiana, sono solo i principali elementi che emergono dalle interviste raccolte. In proporzione alla popolazione le persone che si accostano ai riti e alla vita della comunità si sta sempre di più assottigliando in uno scenario religioso, definito «in grande movimento», in cui crescono l’ateismo e l’agnosticismo. Un lento inesorabile processo di secolarizzazione che avanza senza che neppure i credenti si pongano interrogativi, magari confrontandosi in modo serio, ampio, strutturato, diffuso con il mondo laico.

Questi dati sono molto indicativi di un cambiamento sociale, individuale e comunitario, che già negli anni Novanta fu ben descritto dal volume di Pietro Prini “Lo scisma sommerso” (Studium) in cui il filosofo cattolico esaminava le cause della frattura profonda mettendo a confronto cristianesimo e sensibilità del mondo contemporaneo, e nel 2000 da Gian Enrico Rusconi “Come se Dio non ci fosse” (Einaudi) da una prospettiva laica, la scissione tra moderno e religioso. Rileggendo le indicazioni statistiche di Garelli mi è ritornato in mente un ulteriore volume agile ma pesantissimo per la profondità  dei suoi contenuti quello di Michel de Certeau e Jean Marie Domenach “Cristianesimo in frantumi”, un dialogo sullo stato e il futuro del cristianesimo tra due intellettuali francesi, svoltosi nel 1973, da qualche anno ripubblicato da Effatà, illuminante, nonostante la distanza di quasi cinquant’anni dalla sua realizzazione, per comprendere i dati della ricerca di Garelli.

Cresce da un lato un cristianesimo identitario e di appartenenza educativa, una religione civile e culturale che assume la prevalenza sull’esperienza comunitaria, il dubbio e la ricerca di un confronto quotidiano con la Parola, la preghiera, la partecipazione attiva, i cattolici praticanti, alla vita non solo sacramentale, ma anche ordinaria a sostegno dell’attività pastorale di preti e religiosi.

Nel frattempo, chi guarda da lontano le Sacre Stanze, invoca più aperture e modernizzazioni, per esempio per quanto riguarda il ruolo delle donne (sacerdozio femminile) e i preti sposati; mentre chi resta vicino al recinto cattolico, per convinzione o per ideale socio-politico, richiede ed esorta le gerarchie della Chiesa, spesso «con veemenza», a tenere fermi «i princìpi ecclesiastici, senza lasciarsi influenzare dalle opinioni prevalenti». Resta anche molto alto il desiderio di spiritualità, le domande di senso non scompaiono, e spesso sono ricercate in esperienze ecumeniche, oppure in altre forme di religiosità o di fedi monoteistiche o nella dimensione della meditazione delle tradizioni orientali.

E, da ciò che si evince dalla ricerca, non esiste un ateismo militante e un agnosticismo ideologico forte, ma un progressivo abbandono da parte di persone e famiglie di un cattolicesimo di tradizione culturale e di superficie. Salvo poi ritrovarlo nei riti di passaggio della vita che depotenziano il valore alto e misterioso della vita sacramentale ridotta a momenti dell’esistenza, non molto diversi dagli altri (Battesimo, cresima, matrimonio, estrema unzione, funerale).

Dobbiamo dunque preoccuparci oppure assumere questo scenario come una realtà con la quale confrontarci senza cadere nell’angoscia apocalittica e nella dimensione di chiusura e di scontro con il mondo. A oltre cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, esso appare lontano e spesso richiamato come l’età dell’oro della Chiesa in cammino che ha bisogno di rinnovarsi e convertirsi giorno dopo giorno.

Resta poi l’interrogativo che non ha risposte, sul senso ultimo dell’esistenza, se non nell’affidamento e qui nasce la differenza profonda tra fede e religione che nessuna indagine sociologica può misurare. E d’altra parte il filosofo Giovanni Fornero nel commentare l’indagine di Garelli, sempre su Vatican Insider, spiega con precisione che “Per non fare indebite confusioni, è bene distinguere fra diminuzione della partecipazione religiosa e calo del sentimento religioso. Sul primo punto, come documenta Garelli nel suo libro, non ci sono dubbi. Sul secondo aspetto la situazione è più complessa”.

Ma non basta ancora, forse neppure la profezia di Joseph Ratzinger quando scriveva: “Avremo presto preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto, ma al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge.”

Esiste qualcosa di più grande e insondabile, che preme nel cuore di ogni uomo, una sete di speranza e di senso che insorge in tutti. E se il vangelo ci dice «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc, 18, 1-8) questo richiamo dovrebbe spronarci all’impegno di carità unito alla meditazione e alla preghiera, alla ricerca e alla fatica del pensare, per proseguire il cammino e aprire altri orizzonti nella testimonianza, non è solo qui e ora, ma anche per un allora da costruire insieme a tutta l’umanità, senza alcuna esclusione.

9 risposte a “Siamo davvero gente di poca fede?”

  1. Francesca Vittoria vcentini ha detto:

    Quello che porta a considerare dell’oggi è proprio il fatto che nessuno dei dieci comandamenti sembra andare più bene, non portare a vera libertà, non quella per l’uomo di oggi. Ne sono prova leggi che vengono approvate a maggioranza sul riconoscimento di diritti che differiscono a doveri Che Dio ha raccomandato, non la Chiesa come si vuole sempre fare riferimento. Se così è allora la fede coinvolge, sembra coinvolgere davvero un “resto”, come all’epoca del trionfo romano, non quello delle conquiste di Duci, dove l’uomo era uomo?con tante invenzioni, con tanti limiti superati scientificamente, quasi capaci di miracoli, tutto quanto viene a mancare a un nostro simile se contrasta con interessi, Non muove pietà.La giustizia sembra debole se reclamata a un potere forte. Ma consola quando uno ha Il coraggio come dimostrato dalla Cancelliera di Germania , ad avere risposta a una offesa che indirettamente viene inflitta a un credo nella civiltà e nella umanità.

  2. Giampaolo Centofanti ha detto:

    Riscontriamo tre variamente diffuse tendenze nella Chiesa: astrazioni, societas christiana; spiritualismo, resto di puri e duri; fuggendo da tali problematiche pragmatismo, per esempio giusto incontro, ma senza lo sviluppo, nei modi e nei tempi adeguati, anche delle identità. Allora omologazione, che fa comodo a chi vuole svuotare la gente. Allo stesso modo dell’identitarismo chiuso in sé.
    Sono i tre riduttivismi del razionalismo: ragione astratta; anima disincarnata; residuo emozionale, pratico, della vita quotidiana.
    Orientamenti forse sperimentabili come provvidenziali, perché si interpellano l’un l’altro. I fedeli si possono sentire da tutto ciò portati a cercare una spiritualità semplice in cammino sereno, personalissimo, ben al di là degli schemi, verso e grazie ai riferimenti della fede. Crescendo nella Chiesa e imparando da ogni uomo. Entrando in contatto col proprio cuore semplice nella luce serena. E così sulla propria via ogni uomo.

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Sul ” resto d’Israele ” consiglio vivamente la lettura di:
    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Dieci_trib%C3%B9_perdute_d%27Israele.
    PS. Personalmente evito paragoni e analogie che presentano sempre lati discutibili. Con la ricchezza del lessico di cui disponiamo non ce n’è bisogno.

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    A quel resto biblico e’ e appare oggi, tanto simile questo cristiano, pur se ha raggiunto i confini del mondo. Molte chiese anche europee sono diventate monumenti, vestigia di una fede del passato, sconsacrate,memoria di storia cristiana, di popolo umile e anche povero, ma che pieno di fede.le aveva costruite. I musei senza le opere di questa fede sarebbero semivuoti. Pietre sono rimaste anche quelle dei Cesari. Non sappiamo del futuro se non la realtà che ci sta davanti e che non è solo frutto di coronavirus ,ma il vuoto lasciato dal sacro altri idoli hanno preso posto per la volontà e coscienza maturati nell’uomo fino ai gg. nostri. masolo Dio conosce circa il rimasto a Lui fedele. C’e forse una sola regione, che ancora infiora capitelli sperduti,e tutte le croci dentro le case, non sono un pio ricordo, vissute dalle persone, come quelle erette, sparse nelle sue montagne hanno tutte un fiore fresco, preghiera

  5. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Il “ piccolo resto” apparentemente insignificante eppure indomito, secondo me si rifa’ alla storia di Israele e del popolo ebraico. Questo popolo eletto da Dio, dovette far fronte nella sua storia a due eventi traumatici , la deportazione a Babilonia, e poi nel 70 dopo Cristo , la distruzione del Tempio di Gerusalemme e la diaspora.
    Eppure gli ebrei , come religione, sono ancora presenti nel mondo, non si sono estinti come , mettiamo, i seguaci di Baal o della dea Astarte. Cosi’ sara’ probabilmente dei cristiani. Fra cento anni , mettiamo, in un mondo ipertecnologico e magari governato dall’ Intelligenza Artificiale , un piccolo resto di cristiani, che magari celebreranno la Santa Messa nelle Catacombe, sussistera’ ancora.

  6. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma davvero Papa Joseph Ratzinger ha avuto percezione da profeta! Sta accadendo oggi tanto pensiero. La speranza dunque è proprio che il piccolo resto, apparentemente insignificante ma indomito, passato attraverso un processo di purificazione (e qui ho nel cuore persone care che solo l’opera di Dio poteva averle rese tanto capaci di suscitare meraviglia per come tante croci sembravano “non pesare” da rendere sempre confidenti in Dio). E può essere che vi sia il calo di partecipazione religiosa ma che non significhi avere perso il senso religioso, questo si fa domanda per il vuoto che si è costituito al suo posto intorno alla persona, altri idoli, ma che anche per questo vi sia il sorgere di desiderio di dare un senso alla preziosità della vita, perché tale essa è. Per questo è importante che il clero sia così sacerdote da saper rispondere a questo resto su chi è Gesù Cristo secondo noi oggi è che cosa significa Vita, perché è il vivente.

  7. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Complimenti x la ricca esposizione ( se permette ai pochi fedeli rimasti aggiungerei pochi e anziani).
    Apprezzo Domenach del “73 da cui prorompe la domanda su COSA abbiamo fatto in CINQUANTA anni se non fosse che, imo, certe ? le aveva poste già Nietsche ben prima col rifiuto di una certa forma di religione.. La CC ha proceduto a orecchie naso bocca tappata e cervello all’ammasso. Scusate ma mi fa pena l’illusione di un B16 sul rilancio da parte di un residuato senza discernere :
    1) cosa dovrebbe significare qd residuo agli occhi del Popolo che non sia stato già significato dai mille rivoli della CC che sono restati rivoli?? Come mai?
    3) Come mai invece ben diversa sorte ebbe la predicazione, l’Annuncio nei primi secoli? cfr Diogneto, forse..?
    Lasciate che accosti qs tema a quello della Mafia o dell’evasione fiscale..
    SE si fosse voluto, da tempo…ecc ecc.
    Ma è mancata la volontà POLITICA.
    CHE SIA LO STESSO NS PROBLEMA?!

  8. Paolo Cardoni ha detto:

    È possibile avere un riferimento alla fonte della citazione di Joseph Ratzinger? Grazie.

    • gilberto borghi ha detto:

      Si tratta di una citazione dall’ultimo di cinque discorsi radiofonici, andato in onda il giorno di Natale del 1969 per la “Hessian Rundfunk. I discorsi sono stati pubblicati dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future”, nel 2009.

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