Noa e il dogma non scritto

Noa e il dogma non scritto
8 Giugno 2019

Ho pregato e prego il Padre perché, nel suo infinito amore, sia per Noa quello sguardo amorevole e libero che lei ha disperatamente cercato tra noi, senza poterlo trovare. Oltre questo, su Noa, resta solo il silenzio. Ma è un silenzio carico di tante voci che invece si alzano e gridano. Mi sono preso alcuni giorni per pensare, ma credo che una piccola riflessione sui commenti alla tragedia di Noa non siano più rimandabili.

Giuseppe Savagnone, (https://www.tuttavia.eu/2019/06/07/la-solitudine-di-noa/) mostra bene le contraddizioni delle reazioni di Michela Marzano alla morte della ragazzina olandese. In un commento a caldo su «Repubblica» Marzano scrive «Non è giusto, non è così che si fa, non si può morire a 17 anni, anche quando la vita sembra solo un peso di cui volersi liberare al più presto». La stessa Marzano, nel febbraio 2017, alla vigilia della discussione della legge sul testamento biologico, scriveva: «Sono anni che il fronte del “no” invoca il concetto di “sacralità della vita”, facendo finta di non sapere che la dignità di ognuno di noi si fonda sulla nostra autonomia, e che nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di giudicare le nostre scelte e i nostri desideri», E ancora, pochi giorni dopo, a proposito di un emendamento alla legge secondo cui la libertà di scelta del paziente veniva limitata, a norme di legge, dalla deontologia professionale del medico, aggiungeva che questo vanificava la libertà dei pazienti: «Dovevo essere io a decidere. Io paziente, io che soffro e chiedo solo di andarmene via, io che ho diritto di restare fino alla fine soggetto della mia vita. E invece niente. Alla fine, l’ultima parola spetterà ancora ai medici».

Ma allora perché Marzano non può accettare la morte di Noa? La ragazzina olandese ha preso molto sul serio il dogma non scritto, che la stessa opinionista afferma con forza, della assoluta intangibilità della volontà individuale: nessuno, assolutamente nessuno, ha il diritto di interferire nella mia volontà. Ora, credo sia davvero difficile smentire il dato, ormai sotto gli occhi di tutti, che se c’è una cosa che è facilissimamente violabile, condizionabile, manipolabile, attraverso sottili giochi comunicativi e di mercato, sia proprio la nostra volontà. Quando avevo come colleghi due bravi docenti di “tecniche della comunicazione di massa”, di fronte a certe affermazioni sulla inviolabilità della volontà individuale si mettevano a ridere, perché sapevano bene come e quanto questa affermazione fosse solo una arma di distrazione di massa, per non farci vedere il potere delle persuasioni più o meno occulte in cui costantemente viviamo.

Poi leggo la storia di Alice (https://www.letteradonna.it/it/articoli/punti-di-vista/2019/06/06/depressione-disturbi-alimentari-abusi-noa-pothoven/28469/), dandola per vera (non ho modo di verificarla al momento). E lì scopro che la diversa fine della vicenda di Alice, analoga a quella di Noa, sta, secondo il dott. Mendolicchio (psichiatra e psicanalista, Direttore Sanitario della struttura in cui Alice è stata curata) “nel fare in modo che il soggetto faccia un incontro positivo con l’Altro”. Cioè che l’altro sia “capace di farsi presenza e di accogliere quel grido di dolore a lungo soffocato e costretto in un corpo sofferente” e a partire da li aprire una possibilità di cura.

Allora, però, come non vedere la contraddizione? Se il dogma non scritto, ma potentemente creduto oggi è: nessuno, assolutamente nessuno, ha il diritto di interferire nella mia volontà, come sarà possibile la presenza di un altro che cura? Perché è evidente che curare significa promuovere un cambiamento nella volontà di chi vuole farla finita. Altrimenti non possiamo parlare di cura. Infatti, nel dogma non scritto, l’altro può essere presente solo come accompagnatore e realizzatore della volontà della persona, senza nessun potere di promuovere in essa un cambiamento. Anche la cura, quindi, tende ad essere un’interferenza sulla volontà individuale.

Quando ragiono di questo con i miei studenti, di fronte al loro radicale assenso al dogma non scritto gli chiedo di guardarsi nel mezzo della pancia. “Perché prof.?” “Cosa vedi nel mezzo della tua pancia?” “Bhè, prof. Cosa vedo… l’ombelico, perché?” “Sai cosa è?” “Eh certo, quando mi hanno tagliato il cordone ombelicale, e allora?” “E cosa ti ricorda a proposito della tua volontà?” “Ma cosa centra, mica ho scelto io che me lo tagliassero”. “Appunto! La tua origine non l’hai scelta tu, l’ombelico te lo ricorda sempre. Se oggi puoi dire che la tua volontà è assolutamente intangibile è perché qualcuno te lo ha reso possibile, non lo hai deciso da sola. Nessuno vuole sé stesso. Al massimo ci accettiamo. E quindi dovremmo riconoscere che la nostra volontà non è assoluta”.

Ma sembra che molti oggi si guardino compiaciuti il proprio ombelico, pensandosi il centro del mondo, senza più riconoscere il significato di quello strano nodo al centro del nostro corpo. Si diceva una volta che “si vendeva l’anima al diavolo”. A me sembra che oggi abbiamo venduto il corpo al mercato, così la nostra anima è rimasta senza fondamento e illusoriamente pensa di auto fondarsi.

 

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