Il primo dei dieci punti previsti dal documento fondamentale del sinodo, come guida dei contenuti delle discussioni, porta il titolo “I compagni di viaggio”. Nella descrizione vengono indicate cinque domande per sostenere la riflessione sul “chi” del sinodo. Provo a riflettere su queste ad alta voce.
Nella vostra Chiesa locale, chi sono coloro che “camminano insieme”?
Camminare insieme è una metafora, perciò ha un contenuto reale molto sfumato e soprattutto molto diverso a seconda di chi lo interpreta. Se vuol dire partecipare abitualmente alla messa domenicale, mediamente in Italia, parliamo di appena 1 battezzato su 9. Se vuol dire partecipare realmente alle attività organizzative della comunità dobbiamo scendere ad 1 battezzato su 25. Se vuol dire condividere la stessa interpretazione della fede allora dobbiamo scendere ad una quota ancora più bassa. Se, poi, vuol dire crescere effettivamente sul piano della vita di fede, come comunità, forse dovremmo dire che non esiste proprio un camminare assieme. La domanda che mi sale allora è: c’è qualcuno che sta camminando insieme?
Quando diciamo “la nostra Chiesa”, chi ne fa parte?
La “nostra Chiesa”? Chi potrebbe davvero usare questa espressione oggi? Forse dei sacerdoti o dei vescovi; forse qualche raro laico? Perchè è quel “nostra” a fare problema. Certo, la teologia ce lo dice: tutti i battezzati sono Chiesa, ma resta molto astratto! Forse, in concreto, si pensa alla “nostra Chiesa” in termini di “questa comunità qui”, che spesso consiste nel giro di coloro che si incontrano, una specie di cerchio ristretto auto selezionato solo sulla base della disponibilità a seguire le indicazioni che vengono dall’alto. Fuori da qui, ho l’impressione che oggi pochissimi fedeli riescano a “sentire“ una “nostra Chiesa”. Nella mia diocesi, nel sinodo che sta cominciando, alcuni battezzati non più praticanti da tempo, che si definiscono anche non credenti, hanno comunque accettato di fare da referenti in alcuni gruppi di ascolto ecclesiale. La risposta di uno di loro all’invito è stata: “sono contento di fare qualcosa per voi”. Dove il pronome dice tutta la distanza percepita tra un “nostro” e un “vostro”.
Chi ci chiede di camminare insieme?
Non nascondiamoci: il sinodo fatto così come si annuncia non è un desiderio del popolo di Dio, ma dei Vescovi, e nemmeno di tutti loro. Già a livello dei sacerdoti ci sono molti che non lo avvertono come qualcosa che li tocca, tanto meno i fedeli dei cerchi ristretti e ancora meno quelli della sola messa domenicale. Se non ci fosse stata una pressione da parte di Francesco, forse la CEI non avrebbe nemmeno deciso il lancio del sinodo. La stessa sovrapposizione della prima fase, tra sinodo italiano e sinodo universale, di per sé non voluta, non ha solo ovvie ragioni logistiche, ma anche perché il lavoro effettivo di realizzazione di quello universale serve ad alleggerire quello che sarebbe stato necessario al sinodo Italiano: senza una profonda convinzione è conveniente appoggiarsi al lavoro di altri. Ma forse dal popolo di Dio sale un’altra richiesta, rivolta alla gerarchia, che speriamo possa avere davvero spazio nel sinodo: vescovi, preti, gerachia, ridate spazio ad un “camminare insieme”, altrimenti sarete sempre più soli!
Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale?
Cercare cosa pensano coloro che si sentono “fuori” dalla Chiesa e provare ad accompagnarci anche a loro: ecco, questo sembra un carattere davvero specifico di questo sinodo, segnalato in molti passi dei documenti sinodali e delle riflessioni. Ma di chi è davvero questa esisgenza? Ho l’impressione che sia, di coloro che si rendono conto, forse, che la crisi di fede in cui ci troviamo non sia generata tutta e sola da dentro la Chiesa, ma potrebbe avere, tra le altre cause, anche il cambiamento epocale in cui siamo, che rende non più ricevibile una fede che nasce solo dall’essere tramandata. Chi si rammarica dell’interruzione generazionale della trasmissione della fede, e lotta per ripristinarla, avverte i compagni di viaggio “esterni” alla Chiesa, solo come persone da evangelizzare. Ma davvero pensiamo che la Chiesa sia così autorefernziale da non aver bisogno, per comprendersi, di un rimando esterno? Di non dover fare i conti con l’immagine che esa lascia a chi se ne sente fuori?
Quali persone o gruppi sono lasciati ai margini, espressamente o di fatto?
Quando Francesco parla delle periferie si riferisce a quelle del mondo, non della Chiesa, definite sulla base del potere economico, politico e comunicazionale. Quando si parla di periferia della Chiesa, quali sono i criteri per definirle? Sta ai margini chi ci si sente? Chi non partecipa attivamente alle attività? Chi non accetta lo stile di fede del sacerdote? Chi è pubblico peccatore? Chi vive in situazioni morali irregolari? Chi non ha fede, come se la fede di una persona fosse visibile con certezza da fuori! Sta più ai margini un battezzato che ogni tanto va a messa e vive poco o nulla della sua appartenenza a Cristo? O un battezzato che si è “staccato” dalla Chiesa perchè sente una distanza reale tra questa e il vangelo che, a casa, legge e su cui si interroga?
La domanda sintetica del primo dei dieci punti del sinodo, sembra allora essere se esista o meno un “noi” ecclesiale, non tanto sul piano teologico, ma su quello esistenziale, reale. Le nostre comunità forse non sono più comunità; fatica ad esserci un tessuto sociale che si traduca in incontri reali, generati dalla condivisione della stessa fede, fuori da quelli strettamente religiosi. Forse dovremmo cominciare ad interrogarci su questo per capire “chi” vive il “noi” del sinodo.
Se posso ancora dire: c’è una insistenza eccessiva a chiedere denaro, la/le povertà non necessitano soltanto di denaro sonante ma di una sensibilità che tocchi l’animo di ognuno vedere la povertà quella che ci e più vicino. “non di solo pane vive l’uomo” parole sante perche vere, le stiamo vivendo. il Covid, oltre a recare malattia del corpo, provoca l’animo umano fa emergere di qualee quanta solidarietà sia capace, perché il bene di uno diventi quello di tutti. Se lo spirito è presente nella persona, tanti problemi come nodi si sciolgono, fa sorgere Speranza,e oggi è questa che si sta perdendo, i morti sul lavoro interrogano circa le cause, la gang di giovani che compie azioni delittuose interroga la società tutta, il come arginare il virus il modo c’è, come è stato nel passato per altre, perché oggi no?. Ecco molto dipende se si chiede lumi alla Parola, che parla di vita nuova, seme di pace e di speranza,
Non si parla d’altro che diCovid, dibattiti per indurre a un dialogo tra chi non intende vaccinarsi, suppone di essere immune per una atavica convinzione tanto che sopporta ogni sacrificio ma pretende il diritto a libertà, e non importa sentire uno di questi he una volta aggredito dal virus, intubato, manda messaggi che si era sbagliato!.Qui si parla di Fede, di come intraprendere un cammino insieme, clero e laici? I preti sono specchio di come è la comunità, un giovane 50 e gli altri che lo aiutano, con acciacchi di vecchiaia, non esiste; se prima del Covid c’era qualche raduno per dialogare difficile pensare di andare in parrocchia alle 9 di sera, con tutti i problemi del giorno da risolvere, lavoro si-no, scuola si-no,; siamo veramente in un tempo dove sembra già da cristiani fare tutto quello che la fede ci suggerisce
Se non ci si guarda intorno, se non si tiene conto di ciò in cui siamo immersi, si rischia che uno IN cerca di USCIRE OUT, apra la porta e si spaventi di ciò che vede fuori specie se lo confronta con i lasciti, istruzioni, sicurezze interne alle quali quindi, rientrando, tenta disperatamente di attaccarsi per sopravvivere. Mission impossible xchè come x l’OMICRON risulta davvero inutile cercare di erigere barriere IN:OUT. Che tu lo voglia o no l’OUT ti entra dentro, sarà don Euro di Carrara o il Vescovo di Parigi o il Becciù che chiede soldi al Perlasca. Siamo immersi. Non c’è scampo.
Vedevo su Report come Banca d’Italia reagì allo skandalo diamanti. Stesso format di tante storie Vaticane.
Seguivo altrove le enormi-terribili innovazioni del CISPR. Impossibile fermarle.
Le vere sfide vengono più che dal noi, dal fuori. E ci sommergono, ci emarginano. Anche xchè ci siamo impantanati con ZAN e la morte pietosa.