Siamo tutti ayatollah?

Il vangelo non si muove sulla logica meritocratica della perfezione.
10 Dicembre 2022

“Ma voi pensate debbano avere gli stessi diritti perché sono persone o perché sono omosessuali?” “Se non fossero omosessuali non staremmo a discuterne, prof.” La totalità della classe non ha dubbi: si devono riconoscere gli stessi diritti degli etero anche agli omosessuali. E lo motivano chiaramente: il loro orientamento sessuale non può essere fonte di discriminazione. E quando la domanda diretta li mette davanti al fondamento di questa loro affermazione sono altrettanto decisi: i loro diritti vanno riconosciuti perché sono omosessuali.

Non è l’unico tema su cui la percezione dell’essere persona tende ad offuscarsi e a scivolare sullo sfondo. Anche sulla pena di morte, ad esempio, moltissimi degli stessi studenti pro lgbtqa+ sono convinti che, se una persona compie atti di grave violenza, perda la sua dignità di persona e perciò lo stato possa utilizzare anche la pena di morte. Proprio in questi giorni, in una terza superiore, discutendo su questo tema, a proposito di Fahimeh Karimi, la donna iraniana, madre di tre figli, condannata a morte con l’accusa di aver dato calci a un paramilitare durante una manifestazione antigovernativa, il loro retro pensiero emerge con chiarezza: “andrebbero messi a morte i capi del governo che impongono l’hijab”.

Pur scontando l’estremismo adolescenziale, si fa fatica a negare che anche per noi adulti l’essere umano in quanto tale non è più un valore inviolabile, la persona è stata svuotata della sua dignità non negoziabile che le deriva dal suo essere e tale dignità, ora, si appoggia sulla valutazione del suo comportamento, sulla base del criterio etico che la società ritiene come valore primario. Mostrando così, come i miei studenti, ma forse anche molti adulti, e i governanti iraniani rischiano di assomigliarsi terribilmente: cambia il contenuto di questo criterio, ma la dinamica che conferisce valore alla persona resta la stessa. Qui da noi, il criterio è l’assolutezza della volontà individuale, a cui qualsiasi altro valore si deve inchinare, in Iran è l’assolutezza della legge coranica interpretata dai loro ayatollah, che non ammette eccezioni.

In entrambi i casi, però, uno strisciante e pervasivo perfezionismo morale fa da criterio interpretativo del valore della persona umana: più l’individuo si adegua ai criteri etici determinati dalla cultura dominante e cerca di realizzarne la perfezione possibile, più il suo valore di persona viene riconosciuto. Perciò, qui da noi, qualsiasi forma di restrizione della volontà individuale viene percepita come una violenza nei confronti della persona, anche quando questa volontà vuole affrancarsi dalle restrizioni dovute alla costituzione del corpo umano; da loro qualsiasi forma di deviazione dell’ortodossia va perseguita come un crimine, anche quando non riconosce le esigenze di libertà che il corpo umano stesso manifesta, per sentirsi bene in una relazione umana. Rischiamo davvero di essere tutti ayatollah.

Sia noi che loro diamo per inevitabile una certa quota di restrizione della volontà individuale, perché altrimenti la società non potrebbe esistere; ma noi continuiamo a pensare ciò come un male necessario, loro lo ritengono invece un bene in quanto tale. E la nostra critica alla loro cultura si appunta su questo, ma non riesce a considerare abbastanza, invece, il fondo comune di perfezionismo che ci lega a loro.

Perciò, qui da noi, con la stessa logica meritocratica desideriamo la piena della parità di diritti per un omosessuale, perché riteniamo che la sua condizione sia la perfetta espressione della intangibile volontà individuale; desideriamo la condanna a morte per chi si macchia di gravissimi delitti contro l’intangibile volontà degli altri, perché la immaginiamo come perfetto riequilibrio possibile della giustizia; desideriamo l’affrancamento delle altre culture dai vincoli che limitano l’intangibile volontà individuale, perché lo immaginiamo come perfetta evoluzione dell’essere umano.

Su questo dobbiamo essere onesti: il vangelo non si muove sulla logica meritocratica della perfezione. Perciò, per un credente che vive nel nostro mondo post cristiano occidentale, il problema non è appena la valutazione “misericordiosa” di queste situazioni, inclinando verso un buonismo altrettanto assente dal vangelo. Ma ben di più, il problema è il recupero del valore della persona umana fondato solo sul suo esistere, ben prima del suo agire, e la fuoriuscita dal criterio meritocratico che rischia, sia nella destra ecclesiale che nella sua sinistra, di risolvere il vangelo in una ideologia. La fatica dei credenti di oggi non sta nello scegliere da che parte schierarsi, ma sta nella libertà di schierarsi per il vangelo sempre e ovunque, non solo a pezzi e quando ci conviene.

 

5 risposte a “Siamo tutti ayatollah?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Integralismo; tutte le religioni lo sono?su la Stampa oggi”l’hijab, un velo ormai trasformato in camicia di forza dal sinedrio degli ayatollah -“quante storie per un pezzo di stoffa…Mahsa Amini, 22 anni, bastonata a morte il 169 dalla Gasht-e Ershad, la polizia morale”dice uno degli studenti più brillanti ad Azar Nafisi. Gesù Cristo ai dottori della Legge, “guai a voi che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito; “guai a voi che avete portato via la chiave della conoscenza”. E’ la conoscenza del pensiero di Dio che viene tenuta nascosta, cosi la Legge diventa legge di uomini. a gestire un potere per soggiogare altri uomini. Cristo risponde ai Giudei :” chi mi glorifica e il Padre mio, del quale voi dite:”E’ nostro Dio”: , e non lo conoscete”. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. È ancora:” prima che Abramo fosse, Io Sono”. A noi oggi questo dovrebbe bastare a saper discernere chi seguire.

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    Chiara Lubich raccomandava di evitare di esibire segni distintivi “cristiani”…
    Padre Evdokimov raccomandava ai suoi confessori di non inserirsi nel talamo nuziale.
    Il sottoscritto preferirebbe non venirlo manco a sapere se la Persona che ha davanti è LGbt, trans o altro.
    IL problema è che oggi siamo subissati di outing.. sembra che siano diventati tutti sesso-target. Non se ne può più.
    A meno che, armati di carità cristiana, non si affronta la cosa cone espressione di una profonda insicurezza interiore, senso di inferiorità, il voler DIMOSTRARE qualcosa ( vedi PRIDE). A noi o a se stessi??

  3. Paola Meneghello ha detto:

    Aggiungo che tutto ciò che suona come “intento moralizzatore”, sa di imposizione della propria morale, del proprio punto di vista, in chiave assoluta.
    Che sia la religione, molto appropriato il paragone con l’integralismo di stampo religioso, o che sia la visione “aperta ” di una società, si tratta sempre di quella mentalità che separa e divide per categorie, e che decide ciò che è giusto o sbagliato dall’alto.
    È una bella riflessione, quella di questo articolo di oggi, c’è di che pensare e mettersi in discussione, grazie!

  4. Paola Meneghello ha detto:

    Pare una giustizia di tipo retributivo: un dare/avere molto umano nel senso riduttivo del termine.
    Anche il sentimento di compassione verso quelli considerati esclusi (i gay), in effetti diventa la difesa della propria “parte”, non in virtù della dignità universale in quanto tale, ma di una appartenenza…la rivalsa dei buoni verso i cattivi, quasi in spirito vendicativo..
    La volontà individuale, qui, non è un”volere” superare se stessi e la propria umanità limitata, nella consapevolezza del valore innato in ogni persona, per espandersi verso le altre volontà altrettanto degne ed innate; qui è la pretesa del mio contro il tuo, e qui ci si imprigiona, si tira indietro, credendo di liberarsi..
    Sono un’ottimista, spero sia solo uno step necessario a prendere atto che il vero nemico risiede in noi stessi, in questo “io”, che facciamo così fatica a superare.

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma uno non è credente se intende vivere seguendo e realizzando il proprio volere; fidando nelle proprie capacità,obbedendo a tutto quanto la natura lo induce a desiderare.; diventa essere divino, se cerca altro al di fuori di se, come un Abramo, ma se rimane Adamo? L’uomo di terra torna polvere, l’uomo che cerca Dio ha la vita eterna. A rendere partecipi dei disegni del Padre è venuto Cristo, ha lasciato scritto pagine della sua presenza tra gli uomini. Se seguiremo il suo insegnamento noi vivremo, non moriremo. Ma questo implica fare secondo ciò che Gesù ha insegnato. E’ da ciechi non vedere il cambiamento della società già in atto. Una società che ha preso distanza da Lui, in balia di se stessa, diventata disumana se si pensa all’uso che si fa del corpo di carne!, diventato cosa, schiavi gli uni degli altri, tornati dubbiosi esaltati da una libertà onnipotente,, senza Dio, incapaci di pietà, di rispetto, di sacrificio per amore di un fratello.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)