Sulle regole

Sulle regole
14 Maggio 2019

“E allora cosa serve rispettare le regole???” Lo avevo visto che da un po’ stava “friggendo” su questo punto. Sbuffi, occhiate, espressioni di disaccordo. Poi non l’ha più tenuta, Giulio, ed è sbottato. La classe si è zittita e lo ha guardato stupito.

La questione era nata sulla pena di morte. Avevo chiesto alla classe se la decisione di uno stato, di uccidere chi aveva ucciso fosse giusta o meno. La risposta della classe era stata unanime: non è giusto! Colpito da questo, avevo scavato un po’ e ne era emerso che lo stato sbaglia a comportarsi nello stesso modo di colui che ammazzando qualcuno ha sbagliato. Allora ho chiesto: “Quindi ammazzare qualcuno è sempre un male per voi, a prescindere dall’intenzione con cui lo si fa?”

Gloria ha ribattuto: “Beh, prof, le regole sono regole. Se nella bibbia c’è scritto “non uccidere” vuol dire che questo è male comunque e sempre”. “Gloria, tu dovresti però sapere che pure lo stato laico, che non si fonda certo sulla bibbia, riconosce che ci sono diverse intenzioni che portano ad uccidere e che non tutte hanno perciò la stessa gravità, tanto che sono previste pene diverse, o anche che uccidere, in alcune situazioni, può non essere reato. Possiamo allora dire che il nostro giudizio oggettivo “non uccidere” sia perfetto e non abbia bisogno invece di essere calato nella situazione concreta perché si possa assumere anche il valore dell’intenzione con cui la persona compie questo gesto?”

Proprio a questo punto Giulio: “E allora cosa serve rispettare le regole??? Se le regole devono tener conto delle situazioni concrete allora è come non ci fossero. Una regola vale perché è così per tutti, altrimenti poi cominciamo a mettere dei distinguo e dei perché e finisce che ognuno si giustifica come vuole”.

“Ok Giulio, secondo te avere un rapporto sessuale fuori dal matrimonio è bene per l’uomo?”. “Penso che sia sbagliato, io non lo farei mai, ma c’è un sacco di gente che lo fa e si giustifica proprio tirando in ballo la faccenda dell’intenzione, che tanto per lui non vale molto, è solo uno sfogo”. “Capisco, Giulio, ma dimmi cosa pensi tu di questa situazione: uno che era abituato ad a andare con qualsiasi donna, senza impegni sentimentali, e ora sembra davvero innamorato di una, e decide di avere rapporti solo con lei, anche prima di sposarla, cioè fuori dal matrimonio? Cosa ne pensi?

Non faccio in tempo a finire la frase che Arianna si è già buttata nella conversazione: “Ma no prof. Cosa centra, questo è un’altra cosa. Se è innamorato le cose cambiano”. “Sei d’accordo Giulio – gli dico?”. “Si prof. Questa è una cosa diversa”. “Eh, ma allora, scusa, sei in contraddizione con quello che hai detto prima. Tu prima non ammetti che esistano eccezioni alla regola, dovute alle situazioni, poi riconosci che questa situazione è un’eccezione positiva. Quindi? La regola è davvero valida a prescindere dalle situazioni? O non esiste validità di una regola se non dentro ad una determinata situazione?” “Ma allora – sempre Giulio – non capisco come si faccia ad evitare che si possa giustificare tutto!”

“Credo si possa farlo distinguendo tra valore e regola. Il valore è uno stato d’essere a cui io tendo perché ne avverto l’attrazione e la bellezza e che riempie di senso la mia vita. Ad esempio amare. Non ha contorni concreti in sé, non contiene di per sé indicazioni operative dirette, ma indica un modo d’essere generale che si può vivere in tante forme diverse. La regola è il tentativo di tradurre quel valore in una condizione concreta della vita. Ad esempio, non avere rapporti fuori dal matrimonio. E’ concreta, cioè indica direttamente un comportamento da tenere o da evitare. Ma questa traduzione non è detto sia l’unica possibile, per quel valore, e nemmeno che non possa essere mai modificata.

“Fino qui vi torna – chiedo alla classe?” “Si, prof. Ci sta”. “Proviamo allora a tirare una conseguenza – dico. Una regola che non riconosca dietro sé un valore è un guscio vuoto, perde significato e forza, e serve solo ad essere utilizzata per altri scopi, ad esempio per offrire identità sociale a buon mercato a chi è in crisi. E di solito succede che inizia ad essere sbandierata come un vessillo sotto cui ritrovarsi, spesso senza la preoccupazione di rintracciarne un senso, ma facendolo diventare un idolo”. “Non capisco prof. – ribatte Lucia – mi fa un esempio?” “Ad esempio quando diciamo in modo assoluto “faccio quello che mi sento”, senza collegarlo a nessun altro valore, cioè qualunque sia la cosa che mi sento di fare. O, allo stesso modo, “Faccio quello che dice il tale” E qui potete metterci chiunque: da Salvini al papa, da Benedetto XVI a Trump, da Marx a Nietzsche, da Buddha a Cristo… chiunque. Se la logica è questa, cioè assolutizzare una regola, senza riconoscerne dietro un valore che la fonda, chiunque può diventare idolo.

Quando Gesù dice: “Sono venuto non per abolire la legge, ma a darle compimento”, significa che è venuto a porre il valore che sta dietro alla legge, che la rende significativa, e anche la giudica senza mai poterla rendere idolo, nemmeno a nome Suo. E quel valore è l’amore, da cui le regole prendono pienezza. Purtroppo, invece, al contrario, noi rischiamo di dare pienezza all’amore riempiendolo di regole. Ma non è mai l’ordine dato dalle regole a generare l’amore, ma al contrario è l’amore che sviluppandosi, mette ordine creando le regole”.

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