E se la Chiesa imparasse dalla democrazia?

Forse dovremmo ricordare più spesso che la "comunione gerachica" consiste in una fraternità e sororità agapica la quale, anche nel suo strutturarsi gerarchico, deve conservare le medesime peculiarità.
10 Luglio 2024

La 50ᵃ Settimana sociale dei cattolici svoltasi a Trieste dal 4 al 7 luglio ha riflettuto sulla partecipazione alla vita democratica del Paese. È stata una bella e importante occasione per pensare alla teoria e alla pratica della democrazia a partire dal vissuto di tante realtà ispirate cristianamente che operano per la promozione dell’inclusione, della cittadinanza attiva, della responsabilità pubblica. Ciò riguarda da vicino la missione della Chiesa la quale nel suo porgersi missionario ad extra ossia nel suo preoccuparsi delle ansie e delle gioie del mondo riconosce la democrazia come un valore – dotato di un’anima e di un metodo – finalizzato alla tutela dei diritti fondamentali della persona. Difatti come ha sostenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso che ha inaugurato la Settimana sociale triestina, al cuore della democrazia vi sono: «le persone, le relazioni e le comunità a cui esse danno vita, le espressioni civili, sociali, economiche che sono frutto della loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità».

Ora in quanto evento ecclesiale la recente Settimana sociale dei cattolici ci annuncia, seppur implicitamente, che il valore della democrazia potrebbe tornare utile anche per riflettere, ripensare e rinnovare il vissuto ad intra delle comunità credenti, cioè del loro accogliere e vivere organizzato il mistero agapico di Dio rivelatosi pienamente in Cristo. Difatti tutto quello che di bello e buono i cattolici annunciano agli altri, finanche su questioni mondane e plurali come la democrazia, è in primo luogo valevole come norma per la loro medesima esistenza di credenti e cittadini. L’obbiettivo non risiede nel trasformare la Chiesa in una democrazia poiché – come ha ben ribadito il Concilio Ecumenico Vaticano II nella Nota esplicativa previa – i discepoli di Cristo si organizzano in una comunione gerarchica. Tuttavia occorre precisare che la hierarchica communio sancita dall’assise conciliare non coincide né con la democrazia né tantomeno con la monarchia assoluta, o l’oligarchia, bensì con una fraternità e sororità agapica la quale anche nel suo strutturarsi gerarchico conserva le medesime peculiarità.

In simile cono di luce possiamo sostenere che la Chiesa non ha l’obiettivo di reagire alla sua crisi sposando il modello delle istituzioni democratiche – neanche di rafforzare quelle monarchico-assolutistiche – bensì di rinsaldare la comunione per vivere la missione. A questo proposito ci sono aspetti della pratica democratica che avrebbero molto da insegnare alla compagine ecclesiale: la mediazione, la franchezza nel confronto anche quando è conflittuale, la capacità di gestire il pluralismo delle idee e delle scelte, l’inclusione, l’ascolto, la promozione delle diversità, delle intelligenze e delle abilità, il sostegno a tutte le forme di povertà, il rifiuto verso ogni forma di assolutismo, di clientelismo, di sopruso e di maneggio. Insomma il metodo democratico potrebbe aiutarci a vivere meglio la nostra esperienza di Chiesa senza dover necessariamente correre il rischio che la comunione ecclesiale diventi una democrazia.

Da questo punto di vista penso che la credibilità del messaggio che i cattolici italiani hanno promosso a Trieste a favore della democrazia in Italia passi anche dall’opera ecclesiale volta alla realizzazione di percorsi, di pratiche, di pensieri e di strutture le quali – al di là del metodo della cooptazione con il quale è stata selezionata buona parte dei delegati alle Settimane sociali – riconoscano i carismi suscitati dallo Spirito e permettano quella comunione agapica in grado di indicare alla democrazia ciò a cui è chiamata a tendere: l’amicizia sociale e civica.

Di conseguenza la battaglia contro “gli analfabeti di democrazia” di cui ha parlato a Trieste il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è da condurre ovunque, anche all’interno della Chiesa, al fine di evitare – nei possibili ma speriamo del tutto improbabili corsi e ricorsi della storia – di ritrovarci un popolo credente accondiscendente o indifferente alle pratiche illiberali. In tal senso anche nella progredita riflessione sulla democrazia condotta alla 50ᵃ Settimana sociale, sarebbero tornate utili le figure e gli insegnamenti di Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi che di persona, e a più riprese, hanno pagato l’analfabetismo democratico di segmenti significativi del cattolicesimo della prima metà del Novecento.

4 risposte a “E se la Chiesa imparasse dalla democrazia?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Democrazia = forma di governo del popolo/ Teocrazia, e da Dio la la fonte spirituale cui l’uomo si ispira per dare maggiore significato alla propria vita temporale. Da semplice fedele credo la dottrina della Chiesa abbia da sempre assolto questo compito l’avere cura della vita di ogni uomo, in ogni forma di governo, testimoniando quegli ideali che il Dio Creatore ha suggerito essere via a raggiungere il maggior bene per l’uomo. In molti Paesi diversi per storia e cultura le forme di governo sono di ispirazione democratica, e finché coesistono interessi idee e fini comuni, questi realizzano tranquillità e una Pace. Ma perché una guerra. ? Il grande politico e uomo Alcide De Gasperi, e stato esempio di come la Democrazia possa essere vitale se disposta sempre a superare anche ingiustizie per il bene comune attraverso un illuminato dialogo, la forza delle armi denota debolezza dell’uomo che non sa o vuole attingere a ciò che di più alto possiede intelligenza e cuore.

  2. Savino Pezzotta ha detto:

    Certamente i discorsi di Mattarella, di Zuppi e del Papa sono importanti e rappresentano un dono che dobbiamo sviluppare,ma quello che forse bisognerebbe cogliere di più e come i convenuti a Trieste hanno vissuto e non solo partecipato l’evento. C’è stato un dialogo molto intenso e a me che osservavo da distanza mi è sembrato di vedere la pratica dello spirito sinodale. Ora bisogna vedere come questo spirito di fraternità di dialogo, di ricerca e di ascolto si declina nella realtà : troppe volte le settimane sociali sono servite ad alimentare una sorta di correzione di bozze e di arricchimento delle nostre biblioteche , ma con una prassi scadente. Io spero che si abbia la forza e il coraggio di dare vita a dei forum di cittadinanza nelle parrocchie e nei territori dove ci si rapporta con tutti sulle questioni politiche e sociali e creare uno spirito di fraternità.

  3. Giovanni Arletti ha detto:

    Articolo molto interessante finalmente non solo contro ma in dialogo per costruire una società migliore ricordandoci che dietro le scelte che si fanno ci sono le persone e tutto ha un senso se diamo una qualità di vita migliore

  4. Mario Bizzoccoli ha detto:

    Concordo, anche se, per me Chiesa in senso istituzionale, dovrebbe essere sinonimo di Democrazia, che è poi, Fraternità/Solidarietà , l’Agape Storica, la vera Laicità, non ii conclamato e avverso liberal-libertarismo. Fraterni Saluti.

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