La diversità feconda

È da poco uscito, per le Edizioni Dehoniane, il volume «La diversità feconda. Un dialogo etico tra religioni nella città», che tratta il delicato e attuale tema del pluralismo religioso, del dialogo e dell’etica nel mondo di oggi
14 Ottobre 2021

Che la differenza sia diventata la cifra delle nostre città è ormai sotto gli occhi di tutti: differenze economiche e sociali, crescenti dopo anni di (apparente forse) cammino verso una giustizia condivisa nella polis; poi differenze di visioni della vita, di etiche, di scelte di senso, e ovviamente differenze di religione, secondo quell’etichetta, “pluralismo religioso”, che si è affermata con un’evidenza: non esiste più un’uniformità religiosa, un’unica fede condivisa nell’Europa e nell’Italia attuali. Sempre a livello religioso, vi sono poi differenze anche all’interno di una stessa fede, declinata in modi e appartenenze diversi. Dunque la diversità come paradigma culturale è dato di esperienza quotidiana, con cui ognuno deve fare i conti. Ecco, è questo il fatto da cui parte La diversità feconda. Un dialogo etico tra religioni nella città, edito dalle Edizioni Dehoniane (Bologna, 2021), un volume che raccoglie, grazie a Simone Morandini, ben 12 interventi, aperti da una prefazione a firma dello stesso curatore e una postfazione che raccoglie stimoli e rilancia prospettive, opera di Pierluigi Consorti, che chiude il suo scritto ricordando un artefice del dialogo come padre Dall’Oglio.

Il libro, che si fonda sul quid della Fondazione Lanza di Padova, ha il suo nucleo, ovvero il fil rouge degli interventi, nella prospettiva etica da usare nel trattare del fatto religioso, prospettiva entro cui si collocano i saggi, pur negli approcci e nelle sensibilità dei singoli autori che, ovviamente, corrispondo alla diversità: perché il volume è, in sé, già assaggio di quella differenza feconda che il titolo sostiene e su cui scommette, ossia che la differenza religiosa sia un’opportunità che vada colta, superando il concetto minimale di tolleranza, come annota Simone Morandini: «Non basta cioè un approccio meramente multiculturale (cui basta far convivere senza attriti culture e religioni); occorre invece rischiare una prospettiva dinamicamente interculturale, volta a coltivare positive interazioni vitali tra di esse».

Dunque, forze di vita che generano approcci, conoscenze e modi etici condivisibili e condivisi, nello sforzo che non semplifica ma che, al contrario, coglie tutto il portato della complessità: parola quanto mai urgente nel tempo in cui la continua semplificazione rischia di produrre banalità o livellamenti al basso, e quindi malintesi. Così ci si muove nell’abbracciare con saggezza la diversità, seconda la grande carta di Fratelli tutti e del documento sulla fratellanza umana sottoscritto da Papa Francesco e dal grande imam Al-Azhar nel 2019 ad Abu Dhabi, che dà avvio al primo saggio, di Claudio Monge ˗ il quale rilancia alcune piste antropologiche ˗ tenendo la dichiarazione del 2019 come cornice (e non solo) di altri interventi. La fraternità resta come arco di contatto, a partire da un’etica della città plurale (Pier Davide Guenzi) da caratterizzarsi, almeno come orizzonte, proprio secondo una «fraternità eccedente» (categoria derivata da Duilio Albarello). Ai saggi di Guenzi e Monge si unisce, nella prima sezione del libro, dal titolo Orizzonti, uno studio documentato di Enzo Pace sul pluralismo religioso, che dà le giuste dimensioni del fenomeno e offre un inquadramento realistico dell’Europa, che è un «cantiere aperto», dove alla matrice giudaico-cristiana si vanno unendo linee che hanno «come punto generatore altre grandi religioni o nuove forme di cristianesimo carismatico o pentecostale».

A questa prima parte segue la seconda, più ampia, Una sinfonia di voci, dove veramente ci viene restituita tutta la complessità del fenomeno del credere oggi e del dialogo secondo tradizioni, culture, fedi differenti: da quella ebraica (Miriam Camerini, che sosta sul tema dell’Altro a partire dal testo biblico) a quella protestante (William Jourdan, il quale offre anche un esempio di dialogo tra movimenti riformati, ossia quello tra protestantesimo storico ed evangelismo carismatico) a quella islamica (Yahya Zanolo, che tratta anche dei vari concetti di fraternità secondo l’islam), da quella latamente cinese (nelle forme del taoismo e del confucianesimo, prese in esame da Amina Crisma, che spiega, ad esempio, il bel concetto di Tianxia: «ambito di tutti quanti abitano sotto il cielo») a quella indiana (Svamini Hamsanada Ghiri, che insiste sull’idea di unità che soggiace al mosaico induista) a quella buddista (Massimo Raveri, che pone a tema l’etica e la riflessione sulla santità, nel loro progresso temporale). A questi saggi se ne affiancano altri, della sezione Declinazioni: lo spazio delle etiche applicate, in cui dalle precedenti sintesi storico-teoretiche ci si muove verso ‘applicazioni’ morali nel campo bioetico, che diviene «laboratorio» di un dialogo tra religioni e con le religioni (Leopoldo Sandonà), anche nell’esemplificazione (Francesca Marin e il tema delle circoncisioni rituali in ambito clinico, tra sicurezza e libertà di religione). In chiusura, il libro si sofferma sul nodo ecologico: Matteo Mascia e Simone Morandini approfondiscono gli approcci delle più diffuse tradizioni religiose riguardo all’ecologia, secondo assunzioni progressive di responsabilità nei confronti della «casa comune», ma anche nelle divergenze tra le fedi nell’affrontare tale urgenza.

Dunque il volume si muove con ampiezza di sguardi, cercando la valorizzazione del dialogo senza irenismi né semplificazioni, ma provando a leggere nella diversità alcune vie di costruzione della città degli uomini. Il tutto a partire dal ribaltamento di un’icona: Babele, la scintilla delle diversità, non come maledizione ma come possibilità e ricchezza, sapendo, sulla scorta la grande enciclica bergogliana, «riconoscere all’altro il diritto di essere se stesso e di essere diverso»: è il grande basamento di Fratelli tutti 218, un inno alla bellezza, alla concretezza e alla necessità del dialogo, da insegnare e consegnare in eredità al futuro: «Quello che conta è avviare processi di incontro, processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze. Armiamo i nostri figli con le armi del dialogo! Insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro!» [217].

2 risposte a “La diversità feconda”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Forse da questo Sinodo, si apriranno nuove prospettive di cammino per la religione cristiana, non si può non riconoscere che di passi a incontrare l’altro, dai Papi che conosciamo non siano stati fatti, intrapresi. Forse per ancora stampare, bisogna fare nuove esperienze. nel vissuto quotidiano la Fede sembra trovarsi debole,frammentata circa sicurezza nel credere le sue Verità.; forse succede anch per altre religioni rima, una interpretazione che sembra distante dalle origini dai primi predicatori. Al Santo Sepolcro, In quel luogo, sembrano essersi dato appuntamento genti di ogni parte della terra; voci, volti, un salmodiare, cortei, gruppi, singoli, una atmosfera piena di contrastanti diversità, ma per questo anche bello esserci, camminare, le diversità sono uno stimolo, un mondo nuovo, però attenti a stare e meglio riscoprire la propria identità i fede. . Forse oggi c’è bisogno di questo, che come al Santo Sepolcro tuttosi è spalancato, tutto è venuto alla luce

  2. Dario Busolini ha detto:

    Vado un po’ al di fuori del tema però mi addolora la notizia che l’editore di questo libro abbia appena portato i libri contabili in tribunale per il fallimento. Mentre da una parte la ricerca si propone di valorizzare e ricomprendere le differenze dall’altra diminuiscono gli spazi e i mezzi per discuterne e pubblicarne i risultati. Fino a qualche anno fa l’editoria cattolica era un’isola relativamente felice ora invece rischia seriamente di scomparire con le gravi conseguenze che è facile immaginare.

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