In questi giorni, sulle pagine de “L’Osservatore Romano”, Mons. Francesco Cosentino ha firmato un articolo dal titolo: “Concilio vaticano III? Una domanda aperta”. La sua tesi è che, forse, è ora di chiedersi se ci può bastare, per il futuro della Chiesa, cercare di recuperare e rendere concrete le indicazioni ancora attuali del Concilio vaticano II, o se, sulla scia di ciò che il card. Martini, già nel 1999 segnalava, indire un nuovo concilio per provare a dare risposte alle nuove questioni poste alla dogmatica, alla ecclesiologia e alla morale, dai cambiamenti radicali a cui stiamo assistendo.
Io proverei a dare una risposta: non credo che oggi ci siano le condizioni per indire un nuovo concilio. E non lo dico certo perché credo che ci basti sul serio recuperare e rendere concrete le indicazioni ancora attuali del Concilio vaticano II. Come ho già avuto occasione di dire, io credo che il vaticano II sia stata la risposta più matura della Chiesa alla modernità, arrivata però con quasi quattro secoli di ritardo, appena qualche decennio prima che la modernità tramontasse.
Resta vero, come giustamente indica Cosentino, che il vaticano II ci ha consegnato una enorme novità di metodo per delineare il rapporto tra fede e mondo, quella di concepire la Rivelazione in chiave “dialogica, storica e dinamica”. Ma proprio per questo preciso metodo, la stragrande maggioranza delle determinazioni da esso prodotto in quel concilio, erano valide in quel contesto culturale. Contesto che oggi è radicalmente mutato e rende inattuali, perciò, moltissime delle indicazioni antropologiche, ecclesiali e pastorali di quel concilio (in alcuni prossimi articoli, vorrei soffermarmi proprio su questo).
Le mie motivazioni contro un vaticano III sono, perciò, di altra natura e sono fondamentalmente due. La prima è che il cambiamento epocale in atto, che ha aperto tutta una serie di domande nuove e, al tempo stesso, ha riaperto vecchie questioni in forme diverse, non è stato ancora percepito sufficientemente all’interno della chiesa.
Percepito è molto diverso da recepito. Percepito significa che non ci si è ancora resi conto della vastità, trasversalità e profondità del cambiamento culturale che stiamo vivendo. Recepire, invece, significherebbe accogliere quel cambiamento culturale e integrarlo nella Chiesa. Non è certo questo che ci vuole per un Vaticano III e per la Chiesa di domani.
Ci vuole, invece, che nella Chiesa diventi consapevolezza diffusa, che la modernità è finita e che il tempo che stiamo vivendo è davvero un cambio d’epoca, i cui effetti non siamo ancora in grado di valutare fino in fondo, ma che già stanno investendo, per la vita di fede, come minimo, la dogmatica, l’antropologia, l’ecclesiologia e l’etica. Senza una presa di consapevolezza del genere, diffusa e condivisa, un vaticano III rischierebbe di diventare un luogo di scontro tra le varie “letture” che nella Chiesa si danno del momento attuale, senza produrre alcuna sintesi effettiva, pena il rischio di una frattura nel corpo ecclesiale.
La seconda motivazione si collega alla prima, ma è squisitamente ecclesiale. A norma di diritto canonico attuale, il concilio sarebbe fatto soltanto da vescovi. Quelli attuali sono mediamente persone nate e cresciute ancora nella modernità. Pochi di loro sono abbastanza giovani per aver respirato un’aria culturale diversa ed essere cresciuti partendo da condizioni esistenziali simili a quelle di oggi. Nessuno di loro è certamente nativo digitale e pochissimi di loro hanno sperimentato fin da giovani le novità post moderne, con i loro linguaggi, sistemi organizzativi, i ritmi e le forme relazionali, tanto da averli dentro come dati scontati.
Pochi, perciò, nella gerarchia ecclesiale potrebbero provare a trovare vie di sintesi autentiche, cioè nate dall’esperienza sul campo, per connettere fede e post modernità. Per poter far sì che un vaticano III possa avere efficacia rispetto ai problemi per cui sarebbe convocato, ci vorrebbero vescovi che, invece, abbiano dentro di loro, in modo quasi spontaneo, i linguaggi, i sistemi organizzativi, i ritmi e le forme relazionali tipiche del mondo di oggi, affinché in esse si possa incarare la loro vita di fede e il sapore di vangelo che si portano dentro. Per questa operazione, credo sarà necessario aspettare almeno altre due generazioni di vescovi.
Perciò, non è questo, ancora, il tempo delle sintesi, ma semmai è il tempo dell’ascolto, della percezione, da far crescere dentro a persone che, vivendo questo presente come nativi e non come semplici abitanti, più avanti, forse, potrebbero essere in grado di trovare nuove ricomposizioni della fede in rapporto al mondo.
….che Dio si è fatto vedere, essere presente nel mondo. Si imita un S.Francesco, ad esempio in quanto a essere messaggeri di Carità, fratellanza, operatori di Pace. Le armi, tutta la robottica utile certo a operare, anche strumenti efficaci a essere un bene per l’uomo, ma quando si parla della vita dello spirito questa trae forza dall’amore. Per questo si cita quello materno necessario al bene del figlio, a imitazione di quello che Dio ha nei confronti dell’uomo da Lui creato. Non ha pensato che la sua creatura morisse, ma come Lui a vivere e per sempre. Perciò questo amore e comunicante, lo è in potenza; se viene a mancare tutto cambia, l figlio non conosce la madre e viceversa, così tra fratelli, La guerra non è espressione di amore…per questo non efficace a ristabilire il benecomune.. “Ma quando verrò, troverò la fede.?”Strano questo dubbio già allora! Profetico sembra
La Chiesa e strumento dello Spirito., e’ il suo corpo che lo incarna . Pensare che un altro mezzo possa essere un diffusore piu efficace, quale la comunicazione digitale, mi pare irreale se si tratta di fede in Cristo. Non esiste altro esempio di efficacia se non si imita Lui stesso. Dio Padre non avrebbe pensato di mandare e sacrificare il Figlio se esistesse un mezzo diverso dalla persona umana. Neppure il seguire leggi e tradizioni sono state efficaci a divulgare la Fede in Lui se non attraverso il Figlio. Oggi il Santo Padre si è fatto presente, in sedia a rotelle, con altri Confratelli In rappresentanza dei popoli che vogliono la Pace, si sono fatti Voce grido dello Spirito , che i Governanti odano e si accorgano di percorrere una via sbagliata se questa ha da essere per realizzare giustizia e pace. Questo è operare per il Vangelo. La Storia ci insegna che sempre da una persona piena di fede
Credo che le istituzioni ecclesiastiche debbano sforzarsi di proporre un’ altra narrazione della fede per essere credibili nell’età post moderna. Aspettare non credo che serva, è vero che ci sono attualmente due chiese : una rivolta al passato l altra rivolta al futuro, ma questa realtà non cambierà nel tempo. come i genitori si devono sforzare di tramandare ai figli i valori espressi in maniera nuova anche la Chiesa, secondo me deve saper comunicare la fede e i suoi valori in maniera diversa.
La Chiesa non deve essere profetica?
Non so se la stizzita risposta di Sergio Di Benedetto a Gian Piero Del Bono sia dovuta al suo c.d. eurocentrismo o invece al fatto che mette il dito nella piaga.
Più in generale, che il Vat. 2 sia arrivato culturalmente “troppo tardi” (rispetto al moderno) è fin troppo evidente.
Ma la lettura necessaria è ben diversa.
Non è che quel “troppo tardi” era invece un “troppo presto”?
Con la logica conseguenza che l’ansia odierna del “troppo tardi”, rispetto al postmoderno (qualunque cosa il p.m. voglia dire: troppe letture colpevolmente ingenue si presentano…), rischia di essere di identica fretta?
L’esempio “petro-spinoziano” della “chiesa” tedesca è paradigmatico (nella sua tragica negatività).
La Chiesa e come il “guardiano del faro” , la luce promana dal Vangelo e per i mortali della terra guida di verità e vita., Se si affievolisce o sparisce cala il buio nel quale tutti cammineremmo come ciechi. Le chiese che si chiudono, le messe senza fedeli sono avvisaglie della difficoltà all’accettare quelle verità che lo Spirito indica essere via, verità è vita. Incredibile come tante conquiste in tutti i campi abbiano portato a un tale impoverimento in umanita a un soggiacere al potere derivato da ciò che si è creato per combattere gli uni gli altri in piena coscienza e deliberata volontà. Ciechi a non vedere che oltre non esiste futuro, un buio intellettuale sembra guidare a decisioni Che generano ansia e inducono a sfiducia nel futuro. La luce del Vangelo e come il fuoco del camino, Scalda, ispira, incoraggia alla speranza, richiede proporre la sola verità, il coraggio di proclamarla come da esempio di cui si ama ricordare” “mai più la guerra”
Concordo sul fatto che i tempi e la lettura dei loro segni non siano né maturi né sufficientemente recepiti. Inoltre manca del tutto quello spirito di sostanziale fiducia nel futuro della società e della Chiesa che può spingere ad un’impresa del genere: all’epoca del Vaticano II si credeva nel progresso dell’umanità e nella riconciliazione tra Chiesa e mondo, oggi tra crisi climatiche, crisi economiche, ritorno dell’incubo atomico, invecchiamento della popolazione, svuotamento delle chiese e chi ne ha più ne metta chi può aver voglia di preoccuparsi anche di un concilio? Concilio che, comunque, dovrebbe cominciare con lo scegliere di non essere più Vaticano ma davvero cattolicamente universale perché Roma, ormai, non basta più, in tutti i sensi.
Qs intervento mi ha fatto ricordare la famosa ? :
Nato prima uomo o gallina?
O l’altro.. fatta l’Italia.. ok ..e gli Italiani??
Dare ragione a Gil, come è giusto, mi mette tristezza da cui mi dalva un accenno di Gian Piero :
E se invece di un pletorico pretorico Concilio si aprissero gli ‘iazzi’ lasciando liberi buoi, colombe e porci??
Scherzi a parte ciò porterebbe ad una riduzione drastica dei poteri e strutture curiali cosa stranecessaria..
Vediamo cosa la Chiesa d’Africa sa produrre, in piena libertà…
Ma anche quella Tedesca…
Sento già cosa dite ma vi tappo subito la bocca: non si era detto che lo Spirito.. ecc?
Perché continuare a castrarlo, poveretto!!!??
Tenendo conto che i pochi cattolici rimasti , almeno in Europa , sono anziani o di mezza eta’, che i seminari sono vuoti, che le nuove vocazioni scarseggiano , che i conventi e le chiese chiudono, che l’ Unione Europea e’ determinata a “ de-cristianizzare l’ Europa “ , e anche a de-popolarla con un drastico calo demografico, fra due generazioni , cioe’ fra cinquanta anni, di un eventuale Vaticano III non importera’ a nessuno. Rischiera’ di essere un convegno ignorato di una religione ignorata e quasi estinta . I pochi cattolici rimasti, il piccolo gregge, dovra’ probabilmente celebrarlo nelle catacombe. Oppure nel centro dell’ Africa dove pero’ non spadroneggi l’ Islam .
A quel punto l’ elogio d ella “ modernita’” ,l’ apertertura al “ mondo” ,e altre temi che ci sembrano cosi’ importanti saranno superati dagli avvenimenti .
Caro Gian Piero, nel suo eurocentrismo appassito e impaurito praticamente lei ignora 3/4 dei cattolici del mondo… con la paura non si è mai edificato nulla.