Anche questo post desidera raccogliere, in continuità con quanto scritto da don Paolo Brambilla (qui), alcune provocazioni dell’articolo “I preti generosi ci sono, ma li stanno (quasi) ammazzando”. Sapendo che soluzioni facili non ce ne sono, propongo, alla luce di quanto scritto nel libro “Un popolo e i suoi presbiteri“, alcuni passi concreti che ogni diocesi, già nel presente, può fare. Queste proposte, seppur parziali e opinabili, desiderano offrire suggerimenti concreti, facilmente verificabili e capaci di dare avvio a processi più importanti. Rimando ai capitoli del libro sopracitato per leggere argomentazioni più approfondite riguardo ad alcune di queste proposte.
Ecco le sei azioni concrete a mio avviso opportune per “avviare processi”:
1) Commissionare in ciascuna chiesa locale un’analisi demografica sull’andamento della popolazione, dei battesimi, dei matrimoni e delle ordinazioni negli ultimi anni, aggiungendo delle proiezioni demografiche sul prossimo ventennio.
2) Consultare i laici, i consacrati e il clero diocesano in merito a mozioni concrete e precise (es. obbligo per ogni parrocchia di avere un economo, riduzione di parrocchie, affidamento di parrocchie a diaconi, a comunità religiose o a gruppi ministeriali, convenzioni con preti provenienti da altri paesi).
3) Avere maggiore cura delle situazioni personali in cui si trovano i preti, concedendo periodi distesi di tempo sabbatico e di aggiornamento per coloro che manifestano stanchezza o demotivazione.
4) Discernere insieme ai consigli pastorali il reale bisogno di nuovi ministri ordinati nelle comunità. Talvolta alcune destinazioni sono motivate più dal bisogno di un prete di trovare un luogo dove abitare, che dal bisogno della comunità di avere un prete. Il risultato che ne consegue molto spesso è che si creano dissidi tra preti della stessa comunità che tolgono tante energie specialmente ai preti più generosi e propositivi.
5) Verificare quanto compiuto dai preti nelle precedenti destinazioni: l’osservazione di quanto vissuto permetterebbe di valorizzare quei preti generosi e laboriosi che, grazie a Dio, sono ancora tanti nelle diocesi. Al contrario, una attenta verifica eviterebbe che un prete, se avesse commesso gravi errori in un determinato compito, inizi subito un altro incarico senza adeguata supervisione.
6) Rivedere il modo di destinare il clero. Essendo ormai impossibile garantire preti in tutte le parrocchie, si potrebbero individuare poli eucaristici dove vivere in modo particolare l’iniziazione cristiana e la pastorale famigliare, affidando a ministri non ordinati la cura di altri ambiti di evangelizzazione.
Queste azioni, che coinvolgono in prima persona i vescovi ma interessano tutto il popolo di Dio, sono direttamente collegate ai principi di comunione, missione e partecipazione che sono oggetto del Sinodo in corso. La declinazione di questi temi fondamentali dell’ecclesiologia nelle realtà concrete dei preti e delle parrocchie mi appare come la sfida più urgente per il prossimo futuro.
In poche parole…. responsabilità e serietà da parte di tutti
In sintesi se si esclude il 3) gli altri . sono di tener conto della varie realtá locali.
Ovvio.
Imo non si affronta il focus, cioê che le situazioni “senzaprete” impongono la revisione di riti, liturgie inclusa Messa, ruoli e strutture anche fisiche. Ecc ecc