Possiamo mettere un vincolo sui preti?

La diminuzione dei preti nella diocesi di Milano ha dato da pensare a don Paolo Brambilla e don Martino Mortola...
31 Ottobre 2023

L’articolo di Sergio Di Benedetto «I preti generosi ci sono (ma li stanno quasi ‘ammazzando’)» mi trova molto sensibile. Di Benedetto scrive che non mancano preti problematici; io aggiungerei che non mancano preti ripiegati su di sé, senza essere problematici. Tuttavia mi pare che la maggior parte del clero – parlando almeno di quello ambrosiano a cui appartengo – cerchi sinceramente di edificare la Chiesa con generosità.

La fatica dei preti ci ha interrogato molto e come docenti del Seminario di Milano abbiamo voluto investire tempo e pensiero. L’esito delle nostre riflessioni si trova nel volume «Un popolo e i suoi presbiteri. La Chiesa di Milano di fronte alla diminuzione dei suoi preti». Grazie alla Redazione di Vino Nuovo rimandiamo ad esso, in particolar modo alle Conclusioni, che propongono delle strade concrete (non a basso prezzo!) su cui camminare. Qui riprendo una sola idea: “il vincolo” sui preti.

Per affrontare un problema vi sono spesso dei vincoli che rendono difficile la risoluzione. Questo vale per i problemi di logica, di fisica, di meccanica. Prendiamo per esempio il classico quesito in cui bisogna collegare nove punti, posti a quadrato, con solo tre linee. È difficile e chiede di pensare fuori dagli schemi. Se tuttavia tolgo il vincolo delle tre linee si risolve immediatamente. Oppure si consideri il problema in cui si tratta di scrivere, su un foglietto, il numero 100 senza mai staccare la penna dal foglio. Si risolve solamente piegando il lato del foglietto, tracciando le linee e ripiegando indietro il foglietto. Anche in questo caso, però, se tolgo il vincolo della linea continua, la risoluzione è immediata.

Uno dei problemi che le diocesi italiane hanno dovuto affrontare negli ultimi decenni, soprattutto al Centro-Nord, è stato il notevole calo dei preti, giunti numericamente al limite per assicurare un parroco ad ogni parrocchia. Come si è scelto di risolvere il problema? Beh, in buona parte dei casi si è scelto di rimuovere il vincolo per cui un prete possa essere parroco di una sola parrocchia. Tolto questo vincolo, il problema si è risolto immediatamente. All’inizio si sono date due o tre parrocchie a un parroco, oggi si è giunti anche alla decina.

Ci si potrebbe quindi domandare quante siano le comunità assegnabili a un parroco. Tuttavia la domanda deve essere più radicale: un parroco può essere tale per più comunità? Io credo di no. Al massimo in via eccezionale e di transizione, ma non come scelta ecclesiale strutturale.

Il presbitero infatti esercita «la funzione di Cristo capo e pastore» (PO 6), dove il capo è la testa, la parte dell’organismo da cui tutto il Corpo prende vita (Col 2,19), una e unica. La “capitalità” di Cristo si ritrova, partecipata, in coloro che sono pastori della Chiesa, sia nella sua espressione locale più alta (la Diocesi con il Vescovo), sia in quella più semplice (la parrocchia con il parroco). Essa trova attuazione piena nella presidenza dell’Eucaristia e in ogni altra presidenza che deriva da questa.

Oggi si vedono tutti i limiti, segnalati da molti, del modello del parroco di più parrocchie: itinerante, oberato di lavoro e burocrazia, sempre ovunque e in nessun luogo, costantemente in fatica e senza riuscire a costruire legami significativi. Si chiede troppo all’uomo, si trasforma la teologia del presbitero-pastore e si mantengono una serie di strutture non più necessarie. Tutto questo in un contesto che vedrà, ben presto, un’ulteriore forte diminuzione del numero dei preti. Si può affrontare il problema in altro modo?

Proponiamo di ripristinare il vincolo di una sola parrocchia per un presbitero (o, se possibile, più presbiteri) e idealmente un luogo in cui celebrare l’Eucaristia, per radunare l’unica comunità, nelle sue diverse funzioni e ministeri, attorno all’unico altare. Sappiamo bene che l’“aggiunta” di questo vincolo chiede di ripensare completamente gli attuali modi di risolvere il problema del calo dei preti. Ma ogni altra soluzione, abbiamo provato a scriverlo, non ci pare porti su strade promettenti. A questo punto si dovrebbero aprire tanti altri discorsi … ma questo è solo un invito alla lettura.

 

 

11 risposte a “Possiamo mettere un vincolo sui preti?”

  1. Carmine Taverna ha detto:

    Buongiorno,
    I privilegi? Il lusso? La spettacolarizzazione? Voglio farmi bello davanti a Dio e agli uomini, 3 cose: comunione tra fratelli, amicizia del vicinato, moglie e marito in armonia. Non siamo nati per scelta, ma per misericordia siamo stati scelti. Lasciarsi formare da lui, Gesù.
    Promette a Dio stabilità. Il Sinodo ci chiama a camminare insieme, si parte con ascolto di tutti, narrativo, sapienziale, profetico. Una cosa mi colpisce, del vangelo: ci invia a due a due: andate ad annunciare il Vangelo, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro il Regno di Dio è vicino. Coraggio la povertà vuole il Signore, né pedofili, né vagabondi, né dirigenti, ma servi con dignità e competenza. Guai a voi ricchi? Il cristiano è colui che vive il mistero di Cristo. Ricercare Diofarsi simile a Cristo. Il modello è la Vergine Maria maestra: umile, fedeltà, carità, preghiera, Comunione. Buon cammino sinodale fraterno sapienziale a tutti. Un caro saluto Sinodale.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Costretti a fare chilometri? Ma quando una malattia si fa difficile, non andiamo forse a cercare lo specialista senza porre difficoltà di tempo, di passi, e quanto altro serve? Serve anche il servizio televisivo, per chi non può spostarsi fino alla chiesa. Il Santo Padre si è servito del telefono per un contatto personale. La Persona che il prete rappresenta non può essere sostituita da un laico, pur maestro di dottrina, per questo ha da farsi trovare ma non nel modo come correre da una parrocchia all’altra per celebrazioni che umanamente lo costringerebbe quasi come assolvere un officio a cottimo. Ho sentito raccontare di quanto certi frati in fama di santità, venissero raggiunti da gente disposta a fare lunga coda! Segno che è dai fedeli anche un certo disturbo per prenotarsi un colloqui in un tempo comodo anche al parroco.

    • Alessandro Manfridi ha detto:

      Francesca Vittoria un conto è la ricerca del prete riconosciuto come “medico dell’anima”. Ben vengano le persone che fanno la fila per incontrare presbiteri riconosciuti come tali. Altro conto i “numeri” di un servizio pastorale. Se c’è un prete solo e 16 parrocchie, o lui le girerà tutte assicurando la sua presenza col contagocce; o ne servirà una sola ma è ben certo che la maggior parte dei fedeli delle altre 15 si disperderà.

  3. Sonia Grazian ha detto:

    Argomento molto vasto e difficile da trattare in poco tempo, anche perché ci sono piccole e grandi realtà che sono molto refrattarie al cambiamento

  4. gilberto borghi ha detto:

    Se vogliamo uscire dal “pretecentrismo” bisognerà attendere che il numero dei preti cali ancora molto… sperando che i laici si sveglino dal loro sonno pastorale. Se anche il vincolo fosse ripristinato dovremmo comunque vedercela con il dato ancora incofutabile: il prete da vita alla comunità!
    E allora prima dovremmo anche interrogarci se esistano davvero ancora le comunità o non siamo in presenza ormai di singoli o al massimo gruppetti parentali o amicali che partecipano alla messa per il proprio individuale bisogno di relazione con Dio (e a volte nemmeno questo!) senza poi altri momenti di relazione sociale derivanti dalla fede.
    Il calo dei preti non è qualcosa sfuggito alle mani di Dio…

  5. Matteo De Matteis ha detto:

    Il “vincolo” che toglierei è la struttura piramidale clericale, affidando per esempio la funzione di parroco ad un’ equipe (composta da varie ministerialità di pari autorità tra loro, tra cui naturalmente anche quelle laicali): così il potere sarebbe esercitato collegialmente e non autocraticamente dal prete-parroco del modello attuale e le persone “problematiche” (sia preti che laici) sarebbero moderate ed aiutate dagli altri membri del gruppo

  6. Pietro Buttiglione ha detto:

    Sicuramente dovremo cambiare Liturgia/Eucarestia rito/Chiesa/Parrocchia.
    Quella + difficile è la Chiesa.
    Io qui cambiando residenza ne ho conosciute ben tre negli ultimi anni.
    Una é molto esposta nell’aiuto agli emarginati. Ma la Chiesa alla Messa vede pochi anziani pure problematici nei loro rapporti. L ‘altra, pure recente e “grande” ha problemi simili… La terza, la più antica, vede Messe partecipate e rumorose, cioè vive. Che sia x il rapporto tra fedeli e volume??
    Imo qs dà ragione a don Paolo: concentrarsi su una sola ma gestirla bene partecipata…

  7. Roberto Beretta ha detto:

    Mah, sinceramente sono perplesso e infatti non mi aspettavo una proposta del genere. Anch’io faccio parte della Chiesa ambrosiana e ritengo che il “vincolo” abbia anche pesanti controindicazioni. Avere un vincolo con una sola persona è una scommessa solo su di lui (e se fosse un prete “ripiegato”?), rafforza il potere del clericalismo, rilancia l’esclusività della pastorale parrocchiale proprio nel momento in cui le parrocchie si svuotano, rinchiude sul centro e non sulle periferie, resuscita campanilismi addirittura nella stessa città o tra piccoli borghi dove un prete da solo ci muore, rinchiude i fedeli in una prospettiva localistica…. Certo, anche le unità pastorali hanno grossi problemi. Ma io non tornerei indietro in una sperimentazione che tutto sommato è ancora troppo giovane. (comunque voglio poi leggere il libro!)

  8. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Mi è rimasto un ricordo di Vescovi, cardinali, Padri della Chiesa, che hanno avuto sensibilità (sinodalita?) vicinanza al fedele che gli ha rivolto parola, non in forma burocratica. Ed e questo che oggi sembra mancare, cambiano gli uomini, o è da colpevolizzare il sovraccarico anche per loro tanto da ridurre la loro visita a un “toccat@ e fuga” giusto per conoscenza? Se i preti sono pochi ma anche le chiese lo sono di fedeli e del resto non sembra giusto che egli debba correre in tanti luoghi, affaticando la persona e perdendo tempo prezioso a essere invece ascoltato, raggiunto, da fedeli che effettivamente siano motivati a rivolgergli domanda di aiuto. Questo non è forse quel ministero spirituale al quale si sono inizialmente pronunciati è offerto di vivere la loro vita? Non hanno per questo bisogno a loro volta necessità di preghiera? Si e sottolineato questa necessità di Papà Giovanni Paolo II, e credo debba essere per ogni presbitero se deve curare i propri fedeli

  9. Alessandro Manfridi ha detto:

    (prosegue) Ci sono anziani, malati, impedimenti logistici e materiali vari che farebbero “perdere” tali fedeli.
    Se poi usciamo da Milano ed andiamo in Amazzonia o in altre regioni dove queste difficoltà sono moltiplicate in maniera esponenziale, dovremmo concludere che “tanti altri discorsi” non possono essere evitati, nella ricerca delle soluzioni.
    O un prete che sia “ammazzato” dal servizio in 10 o sempre più comunità… o fedeli che, in larga parte, si vedranno negata la partecipazione all’Eucarestia, e, dunque, alla vita stessa della Chiesa

  10. Alessandro Manfridi ha detto:

    Il ripristino del vincolo di un solo o più presbiteri per parrocchia sembra un buon inizio per dare risposte alla diminuzione delle vocazioni. Purtroppo però questo costringerà i fedeli delle altre 15 (https://www.vinonuovo.it/comunita/esperienze-di-chiesa/pregare-il-padrone-della-messe/) comunità a dover rinunciare all’Eucarestia. In una stagione in cui Papa Francesco nel suo Magistero ci invita ad “uscire dal recinto”, è evidente che sia la Chiesa a dover raggiungere i suoi figli e non questi che debbano essere costretti a fare decine di chilometri per partecipare all’Eucarestia. (continua)

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