Pregare il padrone della messe?

Un ormai noto problema, segnalato da una lettera pubblicata su Avvenire, richiede ormai di essere affrontato anche secondo la categoria dei "segni dei tempi"
12 Luglio 2023

Qualche giorno fa un fedele ha scritto al quotidiano Avvenire segnalando un’urgenza. Riportiamo integralmente la lettera per condividere poi una riflessione sulla stessa:

Gentile Direttore, il vescovo Giacomo Morandi ha pubblicato i trasferimenti dei sacerdoti nella nostra diocesi di Reggio Emilia. Il parroco emerito della mia parrocchia di Regina Pacis ci ha detto, molto commosso, che un suo allievo del Seminario è diventato parroco di ben 16 (sedici) parrocchie. È vero che sono piccoli centri di montagna del nostro ridente Appennino, frazioni, borgate… ma tutti con la chiesa e con i parrocchiani, famiglie, anziani. Una volta quasi tutte avevano il sacerdote in loco, ma da anni non è più così. Il nostro vescovo ha voluto che tutte avessero un riferimento… ma sedici sono un grande impegno. E come quel sacerdote altri due suoi confratelli hanno altrettante parrocchie. Uniamoci e chiediamo alla Santa Madre di intercedere presso il suo amato Figlio la grazia delle vocazioni.

Alcune riflessioni. È giusto pregare il padrone della messe perché vi mandi operai (Mt 9, 35-38), ma potremmo anche cercare di leggere in queste situazioni i cosiddetti “segni dei tempi”.

La diocesi di Reggio-Emilia-Guastalla, che conta poco meno di 500mila battezzati su 570mila abitanti, distesa su 41 comuni nella provincia di Reggio Emilia, 2 in quella di Modena e alcune frazioni nel comune di Carpi, amministra 311 parrocchie distribuite in 60 unità pastorali in 5 vicariati con 211 sacerdoti secolari, 31 sacerdoti regolari e 124 diaconi permanenti. Dunque, per il servizio dei sacramenti, ci sono 69 parrocchie in più rispetto al numero dei presbiteri – non sappiamo quanti di questi sono ormai per età o per salute o altri incarichi impossibilitati ad assumere l’incarico di parroco, dunque il numero è sicuramente più alto. Dall’elenco dettagliato delle nuove nomine si evince che queste riguardano quasi sempre delle parrocchie “in solidum”, dunque su 16 o più parrocchie dovrebbero essere presenti due parroci.

Rimettiamoci a quel che dice il nostro lettore. Se un presbitero è parroco di 16 parrocchie, i numeri ci dicono che egli riuscirà la domenica, se celebra 4 messe in 4 parrocchie diverse (anche se le norme prevedono che non possa superare il numero di 3 messe) a coprire tutte e 16 le parrocchie nel giro di un mese. I suoi parrocchiani dovrebbero così riuscire a vederlo per una sola messa domenicale al mese. Per poi dividersi durante la settimana in tutte le sue comunità, egli non riuscirà a dedicare alle sue parrocchie più di due giornate del suo tempo al mese.

Ricordo le confidenze di un amico parroco calabrese che 30 anni fa mi raccontava di dover amministrare 3 parrocchie nelle montagne della sua diocesi. Il massimo lo raggiungeva la notte della Veglia Pasquale, dove celebrava in un parrocchia alle 18:00, nell’altra alle 20:30 e nell’ultima alle 23:00. Per il resto, passava più tempo in macchina per gli spostamenti che tra le mura delle chiese.

Un vescovo nella cui diocesi ci saranno, nel prossimo decennio, un saldo passivo di 100 parrocchie scoperte rispetto ai presbiteri capaci di assumerne la cura, cosa potrebbe fare? Potrebbe bastargli cercare presbiteri dalle nazioni africane o sudamericane come già avviene che coprano tali incarichi? E se i bilanci del Sostentamento Clero e quelli delle parrocchie di queste comunità periferiche fossero particolarmente in rosso? In quel caso non si potrà arrivare a garantire i sacramenti a tutta la popolazione, in particolare a persone anziane o comunque non in grado o non disposte a spostarsi a qualche decina di chilometri per mancanza di presbiteri; forse non si potrà garantire anche la stessa pastorale ed evangelizzazione in mancanza di diaconi o laici coinvolti in ministeri dedicati.

Abbiamo avuto il Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia che ci ha già presentato simili urgenze. In quel caso, la proposta dei “viri probati”, presentata dai padri sinodali, non è stata accolta dal Vescovo di Roma.

Al di là delle urgenze legate al servizio pastorale e ai fedeli che si vedrebbero dunque privati da tale cura, possiamo ritenere che anche per i presbiteri una tale situazione non sia problematica? Che vita può vivere un parroco che si incontra con la comunità una domenica al mese e gestisce il resto della pastorale con due giorni alla settimana? Non potrebbe risentirne sul piano fisico, psicologico, umano?

Non affidiamo tutto alla nostra fede e alla preghiera che eleviamo al Signore. Forse tali “segni dei tempi” devono essere accolti con attenzione e coraggio e bisogna cercare di dare una risposta efficace a queste situazioni.

 

5 risposte a “Pregare il padrone della messe?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Effettivamente pensare che un prete come persona umana possa competere con un Gesù Dio e Uomo, perché così si pretende pensando di dover correre tutto il giorno fra incombenze varie e magari che si rendono necessarie, non è pensabile il poter sedersi e ascoltare l’animo di fedeli pieno di una vita cruciale di sentimenti da svuotare a questo umano ministro e missionario del Vangelo.! Ne’ per la penuria di sacerdoti c’è da supporre che la persona di Fede laica possa supplire a quella clericale; comunque sarebbe un aiuto parziale. Quindi il passare a inventare altro modo di fare Vangelo, magari studiando di impegnare più direttamente i fedeli in un training divulgativo della Parola e facendo la Parola e poi nel tempo ritrovarsi con esperienze sulle quali medicare in comunione. Naturalmente un prete si rivolge alla sua o le comunità che gli sono affidate. E’ come per Gesù andare per le strade, neppure lui poteva essere qui e la, e ha mandato i suoi a due a due.

  2. Doretta Carli ha detto:

    Vi assicuro che anche il ministro ordinato che ha due parrocchie cittadine e contigue e uno aiuto prete stabile con cui condivide la canonica, non ha ( o non trova ) il tempo per ricevere, ascoltare i parrocchiani, per organizzare campi estivi o altre attività per i giovani e ancor meno incontri di approfondimento evangelico, aggiornamenti sinodali e neppure consigli pastorali. Ma un prete è solo un amministratore ? Non dovrebbe essere anche PASTORE? Ovviamente Laici e donne sono esclusi da qualsiasi decisione e mai consultati. Pensate che pregare per altri “operai della messe” con queste caratteristiche possa aiutare la Chiesa?, Non è il numero dei preti che può aiutare fedeli sfiduciati e abbandonati a se, stessi ma un cambiamento di mentalità ecclesiastica. di liturgie, di dottrina e di leggi canoniche. Troppo clericalismo fa male alla fede delle comunità cristiane.

  3. Elisabetta Manfredi ha detto:

    Un uomo travolto dall’alluvione salì sul tetto della sua casa. Passò un vicino in barca ma l’uomo, certo dell’aiuto di Dio, non vi salì. Passarono i vigili del fuoco, idem, e alla fine, già con l’acqua al collo, vide un grosso tronco, ma non lo afferrò. Alla fine annegò. Dio non ascoltò il suo grido di aiuto? O piuttosto l’uomo pretese un aiuto ‘divino’ e non umano, e quindi più che ‘divino’, magico? Questa storiella io me la racconto spesso, e mi chiedo se ho l’umiltà e l’intelligenza di afferrarlo quel tronco, senza attendere scale luminose che scendono dal cielo.

  4. Pietro Buttiglione ha detto:

    Dal quadro imo emerge che va radicalmente cambiata l’OFFERTA, ciò che si dá da mangiare.
    Se sognassimo di nn essere clericali ecc dovremmo in LOGICA chiederci:
    Ma QUALE è la domanda?
    ——————
    Dopo le vs risposte, x me:
    1) incontrare il Signore.
    * Quindi anche e soprattutto in privato
    * Distribuzione Eucarestia a casa a 1/2 diaconi &c.
    2) confessione.
    * Anche in privato, personale.
    * Se il Battesimo, cioè un Sacramento può
    ‘somministrarlo un laico, xhè non…
    3) benedizione
    * Matrimoni
    * Defunti
    * Ecc
    4) catechesi&,Dottrina
    Per 3) &4) sarebbe meglio il Prete.
    In estrema sintesi: dobbiamo ri-costruire la ns Chiesa SENZA PRETI, invece di rattoparla.

  5. Giovanni Benacus ha detto:

    La scrittura parla di operai – tutti-non di una casta che non molla un centesimo e uno iota.
    Poco tempo fa un mio ex parroco “proclama va” se c è qualche critica alla parrocchia va fatta direttamente a me sono io la parrocchia.
    I laico itrattati sempre da celebrolesi o da bambini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)