Nelle letture di oggi ci sono alcuni temi ricorrenti che hanno a che fare con l’ascolto e con lo sguardo.
Nella prima lettura, Samuele, durante la notte, sente una voce che lo chiama e solo dopo alcuni richiami si rende conto che chi lo chiama è Dio. Nel vangelo, Gesù risponde a chi gli chiede dove egli abiti: Venite e vedrete!
Ascoltare e vedere significano non lasciare “andare a vuoto una sola delle Sue parole”.
Nell’esperienza umana, il bisogno di sentirsi ascoltati appartiene al nucleo dei bisogni fondamentali, e il paradosso dell’epoca attuale, l’era della iperconnessione, della onnipresente comunicazione social, è che le parole si sono svuotate, c’è ben poco ascolto (di sé e dell’altro) con un conseguente livello sempre crescente di solitudine e di disagio personale che sfocia spesso in sconvolgenti forme di aggressività verso se stessi e verso gli altri. La liturgia di oggi ci offre importanti spunti di riflessione proprio su questo tema.
Il tema dell’ascolto è centrale nella tradizione ebraica, come emerge dallo Shemà Israel, Ascolta Israele, una delle preghiere più importanti dell’ebraismo (Deut 6,4-9):
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo.
Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore;
li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.
Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi
e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.
Gesù si rifà a queste parole quando risponde a chi gli chiede quale sia il maggiore dei comandamenti (Mt 22, 37-39):
Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
L’ascolto implica una obbedienza (dal latino oboedire, letteralmente: prestare ascolto) che passa anche dalla mente, come sottolinea Gesù: tengo in considerazione qualcosa che mi viene detto perché lo reputo convincente, valido. Se il medico mi dice di modificare la mia alimentazione per la mia salute, lo farò perchè capisco che questo è bene per me. E infatti, nel comandamento indicato da Gesù come secondo, si dice che devo amare il mio prossimo come me stesso.
Ma cosa vuol dire amare me stesso? Significa prendermi cura di me, prima di tutto eliminando ciò che mi fa male (come mi prescrive il medico) e quindi evitando l’impudicizia, come suggerisce san Paolo, la mancanza di rispetto per il proprio e l’altrui corpo. Se non rispetto il mio corpo, non consentirò che diventi “tempio dello Spirito Santo”.
Essere all’altezza di se stessi (Homo capax Dei, San Tommaso) e della redenzione operata da Cristo è impegnativo, ma è l’unico modo per diventare pienamente umani, per sviluppare tutte le nostre potenzialità: Cosa sono dunque, Dio mio? Qual è la mia natura? Una vita varia, multiforme, di un’immensità poderosa (Sant’Agostino).
Fiorire è il fine, ci ricorda Emily Dickinson, ma essere fiore è profonda responsabilità.
In questa fase dell’anno liturgico, la parola di Dio ci esorta a guardare e ad ascoltare per far fiorire la nostra vita e poter giungere alla pienezza offertaci dalla redenzione di Cristo. Potremo così pregare anche noi con le parole di Maria nel Magnificat: L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome (Lc 1, 46-49).
Ma se non c’è questo ascolto perché la persona ha già deciso cosa è il suo personale interesse altro non cerca? E questo lo si vede, lo si arguisce quando si propone un altra cosa, o un altra soluzione. Un esempio ci viene dalle guerre in atto, quanti tam tam a suggerire di porre fine a questo percorso micidiale, a intraprendere il dialogo. Esiste una sordità che si impone contro tutto che non corrisponda a preventivati o obiettivi in atto. In sostanza non esiste ne Dio ne il prossimo perché prevale la propria volontà, e conta soltanto la certezza, nello specifico, la risoluzione con le armi. Così accade che anche nei singoli casi di una persona esista questa sordità’ la pretesa di ottenere soddisfazione del proprio volere, che si fa diritto, arido di sentimento perché il loro cuore e di pietra. Anche Gesù ha detto che per certi casi solo la preghiera e il mezzo su cui contare se Dio ascolterà!