La Via della Croce in un cassetto

Una gita scolastica, un peluche, una strana paura, un crocifisso... e la straordinaria semplicità dei bambini!
29 Marzo 2024

L’anno scorso ho portato per tre giorni i miei bambini di quinta elementare in gita scolastica in montagna, ospiti di una casa dei salesiani immersa nel verde. Non posso descrivere l’entusiasmo e la meraviglia per ogni cosa, la felicità di stare insieme nella bellezza della natura… alcuni di loro non erano mai stati in montagna e neppure mai usciti dal centro storico della mia città. Di quei giorni, tra i tanti momenti indimenticabili, ne conservo uno molto significativo, che oggi riaffiora e lo rileggo come spunto nel cammino verso la Pasqua.

La prima sera, prima di andare a dormire, passai dai bambini per l’ultimo giro della buona notte, dando un’occhiata che tutto andasse bene. In una camerata, tra i letti a castello, notai un peluche attaccato ad un chiodo del muro. “È vostro?” – chiesi – solo per prenderli un po’ in giro per il fatto di essersi portati l’orsetto per dormire. Notai che si scambiarono uno sguardo complice tra di loro, ma nessuno rispose… ed io non volli dar troppo peso alla cosa, per evitare di mettere a disagio qualcuno che magari temeva di soffrire di malinconia.

Ma, il mattino seguente, dopo la colazione, un bambino mi prese in disparte. “Maestra, hanno tolto Gesù dal muro, lo hanno messo via, dentro un cassetto per non vederlo, perché era triste, soffriva, era morto, era un po’ macabro e ci  faceva paura”. Indimenticabile il faccino di quel bimbo. L’imbarazzo della confessione, il timore di “fare la spia”, ma soprattutto la consapevolezza del gesto.

Mi colpì molto questa cosa e volli, con delicatezza, raccogliere i pensieri dei bambini, che vennero fuori, con una semplicità e una libertà di cuore disarmante. Fu come se, in un gesto e nelle loro frasi, avessero tracciato le stazioni di una particolarissima via crucis, sulle quali oggi provo a riflettere.

 

I STAZIONE: hanno tolto Gesù dal muro

Allora Pilato rispose loro: «Volete che vi rilasci il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

La folla, il branco… dai canti di “Osanna” al grido “Crocifiggilo”. Pilato che fa quello che gli altri si aspettano da lui, condizionato dalle aspettative della folla.

Scusa Gesù, se ti tolgo di mezzo, quando sono incapace di far scelte, scelte non superficiali, quando non so dire dei “Sì” o dei “No”. Scusami per l’egoismo, quando cerco di mediare, per accontentare tutti, per paura di deludere.

Dammi il coraggio di non toglierti mai dal mio muro, di tenerti davanti ad insegnarmi la strada, a non abbassare lo sguardo, a lottare contro l’indifferenza.

Aiutami a non chiedere mai “che male ha fatto?” nei confronti del mio prossimo, a non giudicare senza prima cercare di vedere e capire il Bene che ognuno porta in sé. Aiutami a non consegnarti, ma invece a tenerti stretto, a seguirti, soprattutto quando può essere necessario andare contro corrente, contro il giudizio degli altri.

 

II STAZIONE: lo hanno messo via

Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò: «Non so e non capisco quello che vuoi dire». Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è di quelli». Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo».Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo che voi dite».Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto”.

Pietro ha paura. Mette via il suo Signore, perché ha una paura terribile. Tradisco conoscendo perfettamente la verità. So dove sta il Bene, ma la paura di perdere qualcosa, mi rende falsa e mi fa cadere. La consapevolezza galleggia tra i sensi di colpa ed il bisogno di sopravvivere… il continuo “salva me stesso”.

Scusa Gesù, se ti metto via, quando volto la faccia. Donami la forza della fedeltà, la lealtà nell’amicizia, l’attenzione a chi ha bisogno di me, anche se questo può costare fatica, rischi, metterci la faccia, donare la vita.

 

III STAZIONE: per non vederlo, faceva paura

Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo”.

Stare davanti a Te sofferente è così difficile, perché non voglio vedere la nuda verità. Mettersi davanti alla verità dell’amore è tostissima. Allora, ti travesto, ti maschero per quello che non sei e cerco di vedere in Te solo ciò che mi piace o che mi fa comodo.

Perdonami Gesù quando mi giro le situazioni secondo la mia logica egoistica e non quella evangelica. Aiutami a rimetterti le tue vesti, quelle vere, quelle scomode, a reggere lo sguardo sul tuo dolore, sul tuo amore fino alla fine, a non aver paura.

 

IV STAZIONE: era triste

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala”.

Penso che la tristezza più grande di Gesù che sale verso il Calvario sia stata quella di incrociare lo sguardo di sua mamma. Sguardi di inaudito dolore. Nel profondo Gesù e Maria si comprendono. Maria non scappa. C’è. Resta. Cammina con suo figlio fino alla fine, perché sa che fine non potrà essere. Nonostante la sua impotenza, lei è lì e lui non è solo. Guarda straziata il Figlio sofferente, trafitta nel cuore, ma sulle sue labbra e nel suo cuore non vi è neppure un lamento contro Dio. Nessuna domanda. Di fatto, siamo donazione e riparazione solo se moriamo a noi stessi; amiamo veramente solo se sappiamo perdere, siamo liberi solo se ci facciamo servitori.

Grazie, Gesù per la tenerezza, per lo sguardo pieno di umanità. La tua tristezza è vedere la sofferenza di tua madre, è gratitudine per il suo amore incondizionato e libero, per la donazione totale della sua vita. Tu come lei. Affidamento incondizionato e Dono totale. Il tuo sguardo mi insegni a saper cogliere la tristezza in chi mi sta vicino, a saperla condividere, a poterla alleviare, facendomi portatrice di speranza, di vicinanza e tenerezza.

 

V STAZIONE: soffriva

Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra ed uno a sinistra”. “Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce ed il mio carico leggero”.

Quanto dolore nelle tue mani inchiodate, Gesù. Hanno voluto fermare quelle mani tese a portare salvezza, aperte ad annunciare speranza in un Dio che è solo Amore, in un Padre che non ci lascia mai soli.

Le tue braccia spalancate nel dolore più atroce ci chiamano a cambiare la logica del mondo, quella che ci porta sempre a mettere noi stessi davanti a tutto.

La sofferenza non ci spaventi, la debolezza possa essere la nostra nuova forza, con gli occhi puntati a te, Gesù, in quell’abbraccio smisurato, pieno solo di mitezza e misericordia.

 

VI STAZIONE: era morto

Dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse:“Tutto è compiuto”. E chinato il capo spirò”.

Tutto è compiuto non vuol dire “è finita”, la storia è chiusa. No, tutto è compiuto è un atto di affidamento totale al disegno del Padre.

È compiuto, vuol dire che tutto è arrivato al massimo dell’Amore, al donarsi al Padre senza riserve, perdonando ciascun uomo, trasformando il dolore in amore. È un compimento che non è fine, ma inizio. È un amore così grande che vincerà la morte.

Insegnaci Gesù a chinare un po’ il capo, liberandoci davvero, rendendoci capaci di metterci nelle mani del Padre, sempre, soprattutto quando pensiamo di essere padroni della nostra vita. Aiutaci ad entrare nella morte, anche in quelle più insopportabili e dolorose, ad attraversare il dolore, a guardare oltre con la speranza e la consolazione vera di chi sa che la Vita vince sempre.

 

 

VII STAZIONE:  Non abbiate paura

Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto”.

Ultimo giorno, stiamo partendo, i bambini sono indaffarati nel riassettare le stanze e chiudere i loro zaini. Del Gesù nel cassetto non avevo più appositamente chiesto nulla, perché la condivisione con loro era stata così bella che doveva essere accompagnata solo da grande fiducia. Tutti sono seduti in pullman, io ritorno veloce in casa per un controllo prima di chiudere casa.

 

Un taglio di luce dalle persiane chiuse illumina quel muro.

Gesù è lì, in quella stanza ora vuota e silenziosa.

Ma vuota non è.

È un muro che parla, che insegna, che traccia nuovi modi di camminare…

I bambini hanno sistemato per terra ai suoi piedi alcune pigne, bei sassolini, fiori raccolti in questi giorni.

Quel muro è bellissimo stasera, è pieno delle nostre domande, delle paure di noi tutti, pieno di sguardi che scappano, che a volte sfidano.

E’ il muro delle nostre vite, dove la Croce deve stare sempre davanti, per renderci capaci di schiodare ogni legame che ci blocca, ogni catena che ci impedisce di amare senza condizioni, che ci fa vivere trattenendo…

 

Esco da quella stanza, ma non chiudo più la porta. Deve stare aperta, ben aperta.

Una risposta a “La Via della Croce in un cassetto”

  1. Francesca Vittojria vicentini ha detto:

    Il peluche che sostituisce il “Crocifisso”,forse quella Storia non è forse mai stata raccontata nella sua veridicità e poiché sono tante le croci di cui veniamo a conoscenza quotidianamente,giustamente quei bambini si aggrappano al comfort di cui oggi sono circondati, prodotto di mercato. Una lacuna non trascurabile, denota un bisogno che è vita di affetto, di amore di cui on si può fare a meno perché è insito nel cuore dell’uomo. Da riflettere perché se non esiste questo affetto umano, o è non così pla persona lo cerca nelle cose inanimate. E pensare quanto di aiuto potrebbe essere quel crocifisso !Quanti momenti difficili esistono in tutte le età’, ed e proprio a quell’Uomo Dio che si trova dove calamitare paure e ansie, senza contare che e la più bella prova d’amore generoso che l’umanità ha perse stessa ricevuto come segno da imitare gli uni per gli altri,.

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