La parabola che abbiamo annacquato perché troppo dirompente

Se Gesù vivesse oggi, lo troveremmo nelle piazze dello spaccio, nei locali notturni, a tavola con i commercianti di armi, i politici corrotti e gli imprenditori fraudolenti… Com’è che allora nell’immaginario di tutti la Chiesa oggi è il luogo “dei bravi”?
30 Marzo 2025

QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA, ANNO C – La parabola del Padre Misericordioso (Lc 15,1-3.11-32)

 

Abbiamo un problema con la parabola del “figliol prodigo”: l’abbiamo letta e ascoltata talmente tante volte che non ci provoca più. Certo, resta nell’immaginario di tutti la rappresentazione più nitida e chiara del perdono di Dio, ma quello che all’epoca era un messaggio dirompente, oggi appare quasi scontato, qualcosa di già saputo e che in definitiva dice poco o nulla. Eppure, a ben vedere, il racconto di una delle parabole più belle dei Vangeli, se letto con attenzione, offre spunti ancora oggi dirompenti; talmente tanto che, proprio per questo, forse, abbiamo scelto di dimenticarcene. Provo a sottolinearne alcuni nella speranza che questa parabola torni a sconvolgere, almeno un po’.

Partiamo dal contesto in cui la parabola viene raccontata: Gesù, come in molti altri episodi evangelici, è circondato da quelli che il Vangelo chiama “pubblicani e peccatori”. Se ci soffermiamo a riflettere su questo aspetto dovremmo considerare come allora, se Gesù vivesse ai giorni nostri, lo troveremmo percorrere le strade delle nostre città e fermarsi nelle piazze dello spaccio, nei locali notturni, a tavola con i commercianti di armi, i politici corrotti e gli imprenditori fraudolenti… Insieme ai peggiori. E qui ci può essere già una prima provocazione: com’è che allora nell’immaginario di tutti la Chiesa oggi è il luogo “dei bravi”? Com’è che il messaggio di Gesù è creduto e vissuto prevalentemente da chi vive la dimensione religiosa nella propria vita e così raramente riesce a fare breccia in contesti diversi? A Gesù è accaduto di essere rifiutato dalla religione del suo tempo e di essere riconosciuto da coloro che erano considerati in assoluto i più lontani da Dio. Perché oggi avviene l’opposto?

Credo che ciò che contemporaneamente rendeva il messaggio di Gesù attraente per i lontani e problematico per gli uomini religiosi era l’annuncio di un Dio che ama in modo totalmente gratuito. È quello che emerge dalla parabola del Padre misericordioso: il Padre non cerca di trattenere il figlio minore quando sceglie di andarsene, gli dà tutto ciò che chiede, lo riaccoglie così com’è, senza nemmeno chiedere dove è stato, cosa ha fatto, come ha speso tutto il patrimonio che gli era stato dato… Il Padre incarna un amore radicalmente gratuito, che non chiede nulla e dona tutto. Un amore che scandalosamente non dà a ciascuno ciò che si merita, ma dà tutto a tutti.

Questo tratto dell’amore di Dio spesso lo annacquiamo, perché totalmente ingovernabile. Non è semplice mostrare la differenza tra l’amore di Dio che emerge dalla parabola e quello che spesso abbiamo in mente, perché è sottile, ma allo stesso tempo fa tutta la differenza del mondo. L’amore del Dio di Gesù non cambia a seconda della nostra condotta morale: Dio non ama di più chi si comporta bene e meno chi si comporta male, di più chi va in Chiesa e meno chi non ci va. Ciò che c’è in gioco nelle nostre scelte e azioni è la nostra risposta a questo amore, ma l’amore di Dio resta gratuito e infinito sempre. È questo il tratto sconvolgente e ingovernabile dell’amore di Dio predicato da Gesù, così difficile da accettare: Dio ama indistintamente, allo stesso modo, il femminicida e il buon padre di famiglia, il ladro e il volontario della Caritas, la suora e la prostituta. Era questo messaggio ad essere dirompente, a sciogliere il cuore dei pubblicani e dei peccatori che si accalcano per ascoltare Gesù.

Quello che più di ogni altra cosa faceva la differenza nel modo con il quale Gesù parlava ai peccatori era la totale assenza di giudizio: nella parabola il Padre non esprime alcun giudizio nei confronti del figlio, ama e basta. Nei Vangeli gli unici giudizi che Gesù emette sono contro coloro che hanno la pretesa di mettere limiti all’amore di Dio.  Avere lo stesso sguardo di Gesù – essere cristiani – allora significa questo: guardare a ogni uomo e ogni donna senza giudizio, solo con quella compassione che contraddistingue l’amore di Dio. È su questo che facciamo in assoluto più fatica. Perché spontaneamente siamo portati sempre a mettere al primo posto il giudizio morale sull’altro. Certo, lo sappiamo dai tempi del catechismo che Dio ama e accoglie tutti, ma che di fronte a Dio non vi sia differenza tra la suora e la prostituta suona del tutto stonato ai nostri orecchi.

Sono tanti i modi attraverso i quali, più o meno consapevolmente, abbiamo tentato di ammorbidire la portata dirompente di questo messaggio: ci siamo abituati a pensare che l’amore di Dio nei confronti dei peccatori sia finalizzato alla conversione, sia cioè uno strumento, una tecnica amorevole per raggiungere uno scopo, quando invece è totalmente gratuito: sono pochissimi i peccatori del Vangelo che si convertono, tutti gli altri con ogni probabilità non l’hanno fatto, ma l’amore di Gesù l’hanno ricevuto allo stesso modo. Ci siamo abituati a pensare che l’amore di Dio in qualche modo vada guadagnato, almeno attraverso il pentimento: Dio ti perdona se ti riconosci colpevole e ti umili davanti a lui. Ma anche questo è un modo per provare ad arginare, attraverso una logica di do ut des, la gratuità dell’amore di Dio, mentre, a ben vedere, nella parabola del Padre misericordioso il motivo che spinge il figlio a tornare dal Padre non è assolutamente il pentimento per le proprie azioni, ma un mero calcolo utilitaristico: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!”.

Dio ama e basta, ed è la cosa più difficile da accettare, perché totalmente disarmante. Di fronte a Dio non abbiamo meriti da vantare, nessun potere contrattuale, perché la relazione con Dio non è regolata dalla logica dello scambio ma da quella del dono. Vivere come Dio desidera non è un modo per guadagnarsi il favore di Dio ma una risposta d’amore gratuita all’amore gratuito di Dio. Se il nostro impegno è finalizzato a ottenere una qualche forma di “capretto per fare festa” non siamo ancora entrati nella logica di Dio. È quello che il fratello maggiore, e noi con lui, facciamo così fatica ad accettare. Per quanto ci siamo abituati a chiamare Dio col nome di Padre, rischiamo – preferiamo – considerarlo un padrone di cui essere servi. Perché essere servi è molto più semplice: basta seguire alla lettera i comandi del padrone – da quelli morali a quelli liturgici – e ci siamo guadagnati il favore di Dio. Molto più difficile è ricevere su di sé e far proprio lo stesso sguardo di Dio testimoniato da Gesù, che guarda ogni uomo e ogni donna con compassione, senza trattenere, senza giudicare, nella totale gratuità. Che ama e basta.

 

7 risposte a “La parabola che abbiamo annacquato perché troppo dirompente”

  1. Pino Paliaga ha detto:

    Condivido l’aspetto dirompente di questa parabola, insieme all’annacquamento che ne abbiamo fatto nelle nostre chiese.
    Basti pensare a come vengono intesi i sacramenti.
    La comunione? solo se sei in grazia di Dio! (e Giuda lo era?)
    La cresima? no a conviventi, non a omoaffettivi e a chiunque viva situazioni “irregolari”!
    E tra poco anche il battesimo lo vedremo amministrato solo ai puri, ai giusti.
    Dov’è quindi il dono? dov’è la gratuità?
    A volte mi accorgo che spesso facciamo lo screening a chi si accosta alla parrocchia.
    Eppure il motivo che scatena questa parabola è il mormorio di scribi e farisei sul fatto che Gesù “accoglie i peccatori e mangia con loro”.
    Come “accogliamo” conviventi, divorziati, omoaffettivi e tutte le persone “scumminate”?
    L’amore misericordioso di Dio purtroppo è ancora molto lontano dal mio modo di accogliere i “peccatori”:
    noi ancora chiediamo il certificato di buona condotta, Lui invece fa festa!

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si legge in q Gv.6) :”In verità in verità vi dico chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita….Ma voi non volete venire a me per avere la vita…”se infatti credeste a Mose, credereste anche a me,…ma se non credete ai suoi scritti come potete credere alle mie parole?””Gesu dunque si aspetta Fede in Lui e la conversione alla suaParola che sola può dare vita eterna. Oggi si rivendicano diritti come quello di decidere del non dare la vita al nascituro pur sapendo che è un uomo in divenire, come potrebbe Gesù venire ascoltato se parlasse come le scritture riportano? Forse Gesu come allora piangerebbe su come il mondo si è incamminato, diventato ostile alla Sua Parola!.quanti giovani diventare vite senza il futuro! L’amore del Padre rimane sempre in attesa del ritorno a casa dei Figli, e fa festa per la loro conversione.

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    Ogni volto che incontro qs Parola, mi luce qualcosa nuova….
    Oggi mi ha parlato la chiusa.
    Benemalepeccato… Ma. MA..
    Dove la mettiamo la privazione di REALTÃ???
    OGGETTIVAMENTE
    Quanto peso vogliamo dare alla presenza. quanta alla assenza.
    Quanta alla VITA reale vissuta insieme giorno per giorno momento per momento??
    Ok. Capisco.
    Ce ne siamo del tutto dimenticati dell’importanza della REALTA’??
    Quella vera, nn la virtuale o artificiale??

  4. Maria Cristina Venturi ha detto:

    Perche’ la Chiesa di oggi sono i farisei e i sadducei dell’ epoca: gente pomposa e perbene, noiosa e moralista . E il Vaticano e la Curia romana .i mercanti del tempio, quelli che fanno soldi col Sacro. .
    Veri discepoli di Gesu’ ce ne sono pochi e sono nascosti al mondo : forse sul Monte Athos o in qualche convento di clausura o in missione nei luoghi piu’ poveri del mondo

  5. Maria Crasso ha detto:

    Non mi sembra un “mero calcolo utilitaristico” quello del figliol prodigo. Egli nel bisogno apre gli occhi e riconosce la superiorità del padre . Ritorna chiedendo di essere trattato come servo, non più come figlio.
    È consapevole che la sua parte di eredità l’ha già sprecata.
    Il Padre gli fa capire che è ancora figlio e che la sua misericordia è infinita.
    Ma non si può sottovalutare il percorso di ravvedimento che il Padre vede e il fratello maggiore no. La penitenza il minore l’aveva già fatta perché insita nel peccato.
    “Tu sei stato sempre con me”: cioè, non hai sperimentato le amarezze del male. Ma noi non siamo santi inviolabili come Gesù che, come il sole che non si lascia vincere dalle nuvole, amava il malvagio non il suo male. Invece, tanti che presumevano della loro santità o non avevano chiara la differenza fra bene e male si sono lasciati deviare da malviventi e peccatori.

  6. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Se un bambino legge una storia la prende per quella che è, con tutti i personaggi e le azioni che contiene. L’adulto riesce ad andare oltre il semplice contenuto per comprendere ciò che la storia vuole comunicare, in questo caso la fede rappresentata dal rapporto col padre e la volontà del figlio. Non si tratta tanto di distinguere tra fede adulta e fede da bambino ma tra i diversi modi di leggere il vangelo. Quando parlate di gratis, l’unica cosa a cui penso è che il gratis attira molto ma è diseducativo, paradossalmente serve a vendere e non ad educare.

  7. Angelo Rubino ha detto:

    Buongiorno , analisi e concetti spiegati in maniera lucida e da me condivisi. Fuori da ogni legame dottrinale/ devozionale o dal chiedere per ottenere

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