Da quanto sei qui?

Il cristiano è un cercatore che si è fidato e continua a fidarsi
4 Agosto 2024

Un famoso dialogo tra sordi continua, oggi, il Vangelo di Gv dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Le folle che ne hanno mangiato si sono accorte che Gesù se ne è andato. Attraversano con delle barchette il mare di Tiberiade e approdano a Cafarnao, cercandolo. In Gv questo verbo è spesso indicativo di una intenzione di “possesso e uso”, perciò di una intenzione “spuria”, come in questo caso. Infatti, quando lo trovano, Gesù apre il dialogo proprio su questo, andando dritto al punto: “Mi cercate perché vi siete “riempiti di verdura” (letterale v. 26)”. Cioè vi siete saziati, ma accontentandovi di un cibo ben misero, che non dura a lungo, nel quale non avete visto il “segno” di qualcosa di ben più ricco, nutriente e definitivo (“per la vita eterna” v. 27) che potrei regalarvi.

L’incomprensione di fondo, perciò, può apparire tra l’atteggiamento di chi si accontenta di un nutrimento materiale e Gesù che invita ad un cibo spirituale. In realtà Gv sembra non utilizzare molto queste categorie mentali. E, infatti, il resto della frase di Gesù mira ad altro. “Operate” (letterale v. 27) per il cibo che il figlio dell’uomo vi può dare, perché su di lui il Padre ha messo il suo “marchio” (letterale v. 27). Il verbo operare, il richiamo al figlio dell’uomo e il rimando al Padre, nelle orecchie degli ascoltatori richiama Es 32,16, in cui le tavole della legge sono l’opera di Dio, tanto che loro rispondono proprio chiedendo cosa fare per “operare le opere di Dio (v. 28).

Tradotto: loro intendono Gesù come un altro “Rabbì” (v. 25) e chiedono quale sia l’autorità e la richiesta di Gesù, per rispettare la legge di Mosè. Lui, invece, cerca di farli uscire dalla logica del rispetto della legge come strumento per essere graditi a Dio, ed entrare nella logica della fede: l’opera di Dio è “credere” (v. 29) a quello che egli ha inviato. Ci sono perciò almeno tre aspetti su cui Gesù e le folle non si capiscono.

Lui fa riferimento al Padre e loro citano “i padri”, Mosè è l’ultimo dei padri di Israele. Come non vedere la stessa incomprensione attuale in uno dei nodi dei credenti attuali. Tra chi fa rifermento solo ai padri, cioè al proprio modo di interpretare la Tradizione, nutrendosi solo di essi, nel tentativo di non cambiare nulla del rapporto con Dio; e chi cercando di “leggere” l’opera di Dio nel mondo, si lascia sorprendere dalla continua nuova forma che il Padre (nello Spirito) sceglie per nutrire chi si fida di Lui. Se la fede può ancora essere attraente è perché sa leggere in profondità le dinamiche della storia e lì dentro, non fuori da lì, continua a portare chi si fida alla “verità tutta intera” (Gv 16,13).

Loro cercano il nutrimento per sé stessi, per mantenersi in vita. Lui mostra la possibilità di nutrirsi offrendo sé stessi al nutrimento degli altri. Anche qui sembra adombrarsi un’altra delle incomprensioni della vita spirituale dei credenti attuali: tra chi resta in una fede “utilitaristica” in cui Dio ci serve per realizzare i nostri desideri umani, ci nutre, perché senza di Lui abbiamo la sensazione di non esistere nemmeno sul piano umano; e chi si lascia afferrare progressivamente dal suo Amore e abbandona il delirio di controllare la propria vita, scoprendo che consegnarsi per amore consente un nutrimento inimmaginabile altrimenti. Un Dio che primariamente serve l’uomo nel suo delirio di onnipotenza, oggi non è più capace di suscitare attrazione, perché la soluzione dei desideri umani è, oggi, molto più semplice ed efficace se ci si riferisce al “mercato” e non a Dio.

Loro credono che Gesù Cristo resti all’interno della logica in cui il rispetto della legge è il nucleo essenziale del rapporto con Dio e fanno della religione un idolo che rischia di sostituire Dio (“quello vero v. 32). Lui esce da questa strettoia e apre un rapporto con Dio di figliolanza, dove la fede e l’amore sono il centro di attenzione, finendo per superare la religione nella direzione di una spiritualità che non sopporta imposizioni umane. E pure questo sembra essere uno snodo problematico nella Chiesa di oggi, tra chi fa delle regole della religione cristiana il centro fondamentale in cui si gioca la relazione con Dio, e chi ha sperimentato una figliolanza che nella fiducia e nell’amore libera il loro rapporto con Dio dai pesi umani. Se la fede è ancora capace di essere attraente è proprio perché è capace di mostrare una vita pienamente libera, molto più di quanto il “mercato” possa regalare.

Ma al v. 34 sembra che finalmente, forse, la folla colga cosa vuol dire Gesù: non lo chiama più Rabbì, ma Signore e lo “implora” di dargli sempre questo nutrimento. E qui finalmente Gesù può rivelarsi senza rischiare troppo di essere frainteso: “Io sono il pane della vita” (v. 35). Usando due verbi che riassumono la condizione di chi si nutre di Lui: “Il veniente verso me (…) e il credente in me” (letterale v. 35). Il primo verbo rimanda all’azione di chi viene alla vita, nasce, cresce, si perfeziona, seguendo qualcuno; il secondo all’atto di fondazione della propria vita che è appoggiata su Altro e non su di sé. La vita di fede che Gesù indica è, perciò, un cammino in cui non c’è mai un punto di perfezione e chiede una crescita e un cambiamento continui, altrimenti muore. L’unica cosa che resta ferma è proprio l’aver appoggiato il proprio essere vivi su di Lui, qualsiasi cosa accada.

Il cristiano, in soldoni, è un cercatore che si è fidato e continua a fidarsi. Diventa allora interessante la domanda, apparentemente banale, di apertura delle folle (v. 25): “Quando sei venuto qui?” A dire che Lui ci precede nel mondo, nella vita quotidiana, nella Chiesa, e noi arranchiamo nella possibilità di accorgersene e riconoscerlo, tanto che ancora ci è permesso stupirci di trovarlo già lì, dove noi abbiamo faticato e speso tempo per arrivarci.

3 risposte a “Da quanto sei qui?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Mi domando mentre si recita il rosario, trasmesso da Lourdes, come mai la Chiesa da più di 40 anni conosca ciò che avviene a Medjugorje, malgrado i messaggi così materni, ammonimenti, invito alla Fede, , riscontro di conversioni, spontanei pellegrinaggi di Fede non si riconoscano quei messaggeri scelti da Maria, come è stato per Lourdes. Perché è così difficile accettare che il cielo si sia fatto presente in Terra tramite Maria, solerte presso la cugina Elisabetta, oggi verso tante folle senza Pastore, di tanti popoli in guerra. Stiamo assistendo a una escalation anziche alla Pace a rivalsa, quasi decisioni senza senno,normale una risposta occhio per occhio, ogni sentimento altro ignorato che non tiene conto del popolo innocente. Perché rivolgere preghiere a Dio quando ha mandato la Madre del Suo Figlio e non si crede alla Sua Presenza degnandola di una gratitudine per il supporto di speranza e aiuto a resistere alla virulenza di tanto male? Ma cos’è avere Fede?

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si direbbe che essendo Egli uno di loro, soggetto alla medesima Legge come dai Farisei impartita., è difficile credere in quel Gesù che invece corregge tale insegnamento chiarisce loro ciò che è il pensiero originale del Padre, mira a rivelare cose nuove diventare Vangelo non per un suo popolo ma aperto a tutti gli altri uomini che nel Figlio crederanno. Lui fattosi Parola del Padre, malgrado le opere da Lui compiute difficile convincerli. Infatti è la prova suprema della Risurrezione la luce folgorante per Tommaso. tanti credenti risultano dubbiosi circa le verità di Fede. Il Vangelo e’ così come da Parabole, non si presta a diventare umanamente più sciolto per assecondare la libertà come l’uomo moderno la intende; richiede saper rinunciare per una Fede provata in Lui il quale ha detto che la porta di accesso “al suo Regno e’stretta”” esiste però anche il Gesu’ Misericordioso Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”

  3. ALBERTO GHIRO ha detto:

    La ricerca di fede ha molto a che fare con la ricerca di un’identità. La risposta dell’uomo a questa ricerca è la libertà di poter essere ciò che si vuole essere, la ricerca di ciò che si vuole essere e il rispetto di leggi e regole per essere persona che fa parte della comunità.
    La risposta della fede cristiana è essere “semplicemente” figli di Dio che non richiede opere dell’uomo se non di avere coscienza di far parte della comunità dei figli di Dio, di essere liberi dal dover essere per poter essere, di voler fare anziché voler essere.

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