Unioni civili: e adesso?

La bellezza non è possibile comandarla ed imporla. La bellezza risplende, si propone, ma poi sta alla ineludibile libertà dell'altro riconoscerla ed accoglierla.
16 Maggio 2016

Piaccia o non piaccia la legge c’è. E adesso? Passata la prima ondata di commenti all’approvazione del ddl sulle unioni civili, provo a mettere per iscritto anch’io qualche pensiero, nella speranza (so già in partenza fragile) di uscire dalla contrapposizione che ha segnato tutto il dibattito per rimettere al centro la questione vera che per noi come Chiesa è in gioco.

Non riesco a riconoscermi nelle dure reazioni che i telegiornali riportano genericamente come “dei cattolici” all’approvazione del disegno di legge Cirinnà. Non perché non comprenda il dramma sincero di chi, da credente, vede nel riconoscimento civile di unioni diverse un motivo di tristezza. Rimango personalmente dell’idea che una legge sulle unioni civili (mantenendo ferma l’inammissibilità della pratica dell’utero in affitto) in Italia fosse necessaria, anche per motivazioni non così distanti dal Vangelo. Ma capisco fino in fondo anche lo sconcerto di chi è fermamente convinto, come anche io lo sono, del valore e della bellezza del matrimonio cristiano, e nutre il desiderio, genuino e non ideologico, che questa bellezza possa essere di tutti; affinché l’intero mondo possa goderne; non perché vuole decidere lui per gli altri, ma perché desidera una vita piena per tutti e non solo per sé.

Dall’altra parte però serve non dimenticarci che stiamo parlando di bellezza! La bellezza non è possibile comandarla ed imporla. La bellezza risplende, si propone, ma poi sta alla ineludibile libertà dell’altro riconoscerla ed accoglierla. E di fronte al rifiuto la bellezza non oppone resistenza, mai. Non è interessata a vincere le battaglie in cui vorrebbero trascinarla, perché non c’è battaglia che non abbia già vinto per il solo fatto di esistere. Non c’è vittoria che possa farla brillare più di quanto già non risplenda. Anzi, rischierebbe di essere vero il contrario. Perché la bellezza non si riconosce solo da ciò che è, ma anche da come si pone, da come si presenta.

Per noi cristiani Gesù Cristo è il maestro della bellezza. Lui che attraversava i villaggi della Galilea predicando e operando bellezza, ma che di fronte a chi non l’ha riconosciuta non ha opposto resistenza; perché opporsi, resistere, l’avrebbe macchiata, distorta, banalizzata. Quasi che Dio fosse un bambino capriccioso che se non si fa come dice lui scatena il finimondo. Si è invece consegnato senza lottare. Si è lasciato accusare senza proferire parola. Ha lasciato che lo ammazzassero nella maniera più brutale. Ed è stato allora che quella bellezza si è manifestata nella sua pienezza, nella sua forza più dirompente. E ancora vive risorta.

Una ragazza che conosco, del tutto distante dai nostri ambienti ecclesiali e cattolici, festeggiando l’approvazione della Cirinnà ha scritto su Facebook: “anche l’Italia ha la sua legge sulle unioni civili! Ora il matrimonio ha davvero un senso”. E se questa legge invece di essere la “morte del matrimonio cristiano”, come ho letto in qualche commento, fosse l’occasione perché questo possa risplendere più fulgidamente? Libero da scontri ideologici e scacchiere politiche? L’occasione perché, come Chiesa, possiamo liberarci della preoccupazione di difendere qualcosa e concentrarci sul vivere davvero in autentica pienezza la bellezza che ci è stata donata?

Sogno una Chiesa così: senza mura di difesa, splendente di bellezza.

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