I meccanismi della propaganda si tramandano nei secoli, fondamentalmente uguali a se stessi. Nel Museo Diocesano Tridentino, c’è una mostra intitolata, appunto, “L’invenzione del colpevole. Il ‘caso’ di Simonino da Trento dalla propaganda alla storia”, che ci dice molto su questo tema. Il fatto è che il 23 marzo 1475, giovedì santo, scomparve un bambino di due anni e mezzo: fu trovato morto, in un fosso, la domenica di Pasqua. La zona dove fu ritrovato era abitato dalla piccola comunità ebraica (15 persone) della città. E qui il fatto finisce per lasciare luogo alla propaganda. Era un periodo di profondo antisemitismo, alimentato dalla predicazione di Bernardino da Feltre. Il principe vescovo della città, Giovanni Hinderbach, non si lasciò sfuggire l’occasione e decise che Simonino, era un martire, in quanto vittima di un omicidio rituale perpetrato dagli ebrei, appunto. Uso questa parola, “decise”, perché come prove furono portate le confessioni degli ebrei stessi, ottenute con la tortura: i membri della comunità furono catturati, torturati e messi a morte dopo la confessione. Una donna, che resisteva e non confessava, morì sotto tortura. Inutile dire che i loro beni vennero confiscati.
Naturalmente, alla decisione seguì la narrazione, che permise a Giovanni Hinderbach di raggiungere il suo obiettivo – avere un santo attorno a cui compattare i fedeli – nonostante le perplessità del conte del Tirolo, Sigismondo d’Austria, ma soprattutto di papa Sisto IV, che mandò un suo delegato, il domenicano Battista De’ Giudici, a indagare. Quest’ultimo fu intralciato in tutti i modi, ma rimase convinto che la storia non quadrava e accusò Hinderbach di disobbedienza, malvagità e iniquità.
Da parte sua, Mons. Hinderbach mise in campo una vera e propria strategia di pubbliche relazioni e di comunicazione, con grande capacità organizzativa. La morte di un bambino è un evento ad alto tasso di emotività, e dunque era un buon punto di partenza. Per costruire e diffondere la sua narrazione scese in campo personalmente (ci mise la faccia, diremmo oggi). Assoldò “esperti”, come Tiberino, il suo medico personale, che “analizzò” la salma e non solo testimoniò ai processi, ma scrisse una “relazione” propagandistica (anche oggi è sempre possibile trovare un “esperto” pronto a sostenere la tua tesi, disponibile a mettersi in mostra nei salotti televisivi). Assoldò scrittori ed eruditi per avere testi e poemi da diffondere (idem come per gli esperti), predicatori per far arrivare la forza delle parole là dove gli scritti non arrivavano (cioé in quelle che oggi chiameremmo “le piazze”, dove far vedere che si è vicini al “popolo”). Sfruttò la forza delle immagini: non solo quelle dipinte o scolpite, ma soprattutto quelle a stampa, che erano ancora una novità e potevano avere una grande diffusione popolare (come oggi i social network). Fece raccogliere “informazioni” su casi simili (quello che oggi chiameremmo revisionismo storico, altro strumento tipico della propaganda). E, siccome serviva un miracolo, si inventò perfino le “postazioni notarili” accanto alla salma per raccogliere in pubblico le storie di miracoli di Simonino (ancora le piazze, con tanto di gazebo). Non fatti, ma storie fatte passare per tali. E poiché alla propaganda servono riti, per coltivare l’identità, organizzò un pellegrinaggio simoniano, dalla casa natale del bambino alla sinagoga e alla Chiesa di San Pietro, dove si trovava la salma. Con i soldi confiscati agli ebrei, ovviamente. Le pubbliche relazioni, intanto, servivano a far pressione sul papa e sulla curia romana.
Il culto di Simonino si diffuse rapidamente e anche il Papa cedette, alla fine.
Fu negli sessanta del novecento che Mons. Iginio Rogger, storico, spinse per una revisione critica della vicenda, avviata da Giuseppe Menestrina e portata avanti con la collaborazione del domenicano Willehad Paul Eckert. Grazie ai loro studi, nel 1965 il vescovo di Trento, Mons. Gottardi, dopo una presa di posizione della Sacra Congregazione dei Riti, decise di sopprimere il culto. La decisione fu resa pubblica il 28 ottobre: nello stesso giorno veniva promulgato il decreto “Nostra Aetate”, che tra l’altro auspicava un dialogo fraterno tra le religioni cristiana ed ebraica.
Ma per quasi cinque secoli il culto del povero Simonino era stato vivo e vitale. Questa coraggiosa mostra ci lascia quindi molte domande: sul discernimento da fare a proposito delle nostre tradizioni, su come il potere può manipolare la fede, su quanto la ricerca della verità possa essere impopolare e la menzogna possa essere popolare. Alla fin fine: in che cosa crediamo, quando crediamo?
La mostra “L’invenzione del colpevole” nel Museo Diocesano Tridentino sarà aperta fino al 15 settembre.
“Alla fin fine: in che cosa crediamo, quando crediamo?”
Che richiama quella frase, tanto affettuosa quanto approssimativa, “crediamo alla Madonna”
Lo so bene che la freddezza delle “note teologiche” alla fine può fungere da freezer per l’esperienza viva dell’incontro con il Signore. E l’ossessione per la dottrina può distogliere dalla testimonianza di vita nuova per le vie del mondo. E la fede non è solo cosa di testa, ma di cuore e mani.
Eppure arriva sempre un momento in cui è giusto che l’affidarsi al Signore sia accompagnato da uno sguardo più lucido e netto, perché riflessione vuol dire maturazione, crescita; ed anche perché nelle zone sfumate delle fede può capitare di tutto, anche che si insinui qualcosa di dissonante con il Vangelo.
una storia terribile, anche se ne sapevo già qualcosa, e perciò non mi ha particolarmente sorpreso; spero di poter andare a vedere la mostra, e sarei lieto di avere i riferimenti bibliografici dello studio di Rogger ed Eckert citato nel testo
Propaganda: di velocipedi a trazione.pulita,nuove candidature elettorali,anche la religione ha oggetti che incoraggiano la preghiera.A quale uso, scopo, siamo interessati.C’e stato un tempo di cattedrali,oggi musei della cristianità,di Padri della Patria oggi discorsi simili, non sollecitano battimani,(.Draghi), nella Chiesa ci sono uomini un clero fedele e altro, ma una cosa è certa, il fedele ne esce indenne perché non è chi agisce per interposta Persona che conta santo o Angelo o cardinale o prete di incerta vocazione, ma Colui cui ci rivolgiamo per chieder,l’Altissimo che sarà giudice di tutti e tutto.Non getto pietra parola a disdoro verso una Chiesa ch può apparire di fronte a Cristo diventata prostituta,ma che senza di Lei il mondo,noi saremmo al buio completo,perché in Lei c’è sempre comunque chi tiene la luce in alto, il timone della barca,con Lei c’è Gesù Cristo.
Incredibile storia che non conoscevo. Sembra il tempo dell’inquisizione con la caccia alle streghe. In questo caso agli ebrei.