Non si racconta! Da noi, in Romagna, quando qualcosa è “oltre”, semplicemente lo diciamo così: non si racconta! Eppure non si può tacere! Il nostro alto istinto di giustizia e di verità ci impedisce di tacere. Perché “ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato”, questa volta ha veramente “rotto gli argini”. E come Giobbe se ne stette in silenzio perché “molto grande era il suo dolore”, così, anche a me ci sono voluti “sette giorni e sette notti” perché la parola prendesse forma.
“Corri più forte, corri più forte!!” Tra le lacrime, in un abbraccio che mi soffoca, Alice mi singhiozza che queste parole non smettono di batterle in testa. Martedì 16, verso le 20.10 passo da casa loro. Sono amico da una vita di entrambi i genitori, Giovanni ed Anna. Hanno tre figlie, Alice, la piccola, abita ancora con loro, ma ha la laurea in vista. “Ma voi restate?” gli dico dal cancello del loro giardino. Hanno una casa a due piani, ereditata dai genitori, in un quartiere bello e silenzioso incastonato tra il fiume e le mura della città. “Ma dai, per ora si – mi risponde Giovanni – stiamo di sopra, al massimo andrà un po’ nelle cantine. Ma ci abbiamo messo i sacchi. Ah Gil lo sai che Elisa (la figlia maggiore) aspetta il secondo?” “Lo sapevo già – ribatto – ma mi aveva detto di tenermelo per me. Dai ci sentiamo domani”.
Meno di 30 minuti più tardi un boato cupo scuote i vetri, prende allo stomaco Anna e fa sobbalzare Giovanni. Dalla finestra, in uno spicchio tra due case, nel giardino pubblico si intravvede l’acqua che rotola e travolge. “È scoppiato l’argine! Fuori, fuori! – urla Giovanni”. In fretta e furia raccattano l’essenziale e si fiondano di corsa verso la scaletta che immette sulle mura, a 150 mt da casa loro, con fiume che li insegue, mentre Giovanni urla quella frase ad Alice: “Corri più forte, corri più forte!!”
Due strade più a nord Tommaso abita con la sorella Angela. Lui, amante degli animali ha uno zoo in casa. Lei con qualche problema di deambulazione si è un po’ ingrassata ultimamente. Non se la sono sentita di andarsene e sono già saliti al primo piano della loro casa, la finestra aperta a controllare il livello dell’acqua nella via che già arriva a due metri e mezzo e sale inarrestabile. Sono le 21 di sera. Quando supera il primo piano e rischia di entrare dalla finestra, Tommaso si preoccupa chiama al telefono i soccorsi e decide di tentare di salire sul tetto dalla botola del corridoio.
Tira giù la scaletta dell’oblò e aiuta Angela a salire. Ma lei non ci passa. Lui la spinge, lei urla si agita e l’acqua entra dalla finestra. Lui spinge di più, Angela va in panico e l’acqua gli arriva alle gambe. Lui le urla di tenere la testa fuori, l’acqua li solleva dal pavimento e lui quasi va sotto… è la fine… all’improvviso sbuca un lagunare in tuta e maschera che afferra Angela, la fa respirare e poi la trascina con sé sott’acqua verso la finestra mentre dice a Tommaso: “Salga sul tetto! Torniamo a prenderla!”. Angela finisce in ospedale, ma ce la fa, e Tommaso viene recuperato cinque ora dopo, quasi assiderato sotto la pioggia che non smette di colpirlo.
Nella via adiacente abita Paolo, amico carissimo a cui devo quello che so nell’arte dell’ascolto e dell’aiuto alla persona. In pensione da un anno, vive da solo e a fine Marzo decide di concedersi una vacanza all’estero, per pescare, una delle sue grandi passioni. “Starò via un paio di mesi – mi dice – mi dai un’occhiata tu alla casa?”. “Certo – rispondo – cosa vuoi mai che succeda?” Così, quando venerdì 19, verso le 6.30 del mattino entro finalmente a casa sua, vedo cosa è successo. Quattro metri e ottanta di acqua hanno devastato il piano terra e sconvolto il primo piano. Se non fossi mai stato prima in quella casa non riuscirei a capire quale fosse il salotto, la cucina, lo studio, ecc… Porte divelte, pensili scaraventati a terra, armadi distrutti, libri diventati mattoni, vetri sfondati e tutto impastato da venticinque centimetri di fango, che uniforma la vista sul marrone grigio.
Un’Apocalisse che rimanda alla Genesi, a quel fango primordiale di cui siamo fatti e che, di fronte al caos, richiama potentemente la nostra impotenza, ma che intensifica ancora di più la reazione di Giobbe: “Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: È stato concepito un uomo!” Me la sono tenuta dentro per quattro giorni, questa rabbia. Fino a che, stravolto dal fango e dalla fatica di ripulire la casa di Paolo, mi sento chiamare, mentre scarico l’ennesima carriola di fango in una fogna che non riceve: “Prof! Lei era il mio prof. di Religione!” Un ragazzone con la barba imbrattata, a due metri da me mi si rivolge con decisione. Attorno a lui altri tre volontari, che da Imola sono venuti a spalare fango. “Ciao, ma chi si vede! Come stai?” “Io bene – risponde – ma lei mi deve dire una cosa adesso: Dio dov’era quella notte e adesso dov’è in mezzo a questa roba?”
Era mio studente più di dieci anni fa, sempre un po’ contro, ma sincero e aperto. E pure ora la sua domanda non è giudicante, né sarcastica, ma sento che si incolla come il fango alla mia rabbia interiore. “Non lo so, onestamente non lo so dov’era quella notte, ma adesso, in mezzo a questa roba è qui, dentro di voi che siete venuti ad aiutarci. Grazie”.
Credo che ben poco si possa dire di fronte a una tale tragedia, se non qualche parola di solidarietà al prof. Borghi e a tutte le persone colpite, che però faccio fatica ad articolare perché mi sembrano tutte frasi di circostanza. Certamente Dio si fa presente attraverso tutti coloro che aiutano in qualche maniera, ma se è Dio deve essere presente comunque e quanto accaduto non può essere ricondotto solo ad una conseguenza del cambiamento climatico, deve avere anche un senso ultimo. Come Giobbe, però, riceveremo una risposta solo quando saremo faccia a faccia con Lui. Nel frattempo, il salmo 68 (69).
Davvero! questa bomba d’acqua” così distruttiva dell’ambiente e della vita dei suoi abitanti, lascia senza parola; ciò che una famiglia possiede e ha caro ricordo di conservare, tramandare, che è stato costruito con amore nel tempo anche da generazioni, loro mani ,tutto in poco tempo viene cancellato da una inondazione inimmaginabile, la forza dell’acqua da cui salvarsi! Effettivamente suggerisce similitudine certe descrizioni delle Parabole profetiche circa gli ultimi tempi:” chi si trova nella terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa(Mt 13) così in Lc.21} e guerre a completare il quadro. Però c’è quel positivo che fa sperare e che è dato dal cuore e sentimenti della gente la quale da sconosciuti si diventa amici, condividendo la fatica, che infonde coraggio ai scoraggiati. Scoraggiante i contrasti sorti tra parti politiche, che tanto denaro accenda ambizioni di parte annullando intesa sul bene comune