Chi vorreste mettere accanto a Gesù nel presepio?
Sì, certo, è scontato, ma io nel presepe accanto a Gesù metterei Gesù.
Non intendo accordarmi alla lamentela della perdita del valore del Natale, rubato dal mercato alla tradizione cristiana. E’ evidentemente palese! Ma, di solito, la lamentela punta il dito sulla perdita del peso “culturale” del cristianesimo. Alcuni ne imputano la causa ad un processo di “scristianizzazione” secolarista e relativista, che ha corroso la “cultura” cristiana, altri alla tendenza ecclesiale che sembra “cedere” a quel relativismo, che avrebbe in Francesco il leader; altri ancora ad una presunta mancanza di aggiornamento dei linguaggi ecclesiali, colpevoli di non aver saputo leggere e mediare il cambiamento della società, altri alla testimonianza opaca e anche scandalosa della Chiesa stessa, che renderebbe non più credibile e ascoltabile il suo messaggio.
Lascio ad altri la valutazione del tasso di verità di queste singole interpretazioni. Mi colpisce invece il fatto che quasi mai, me compreso, proviamo a chiederci se, per caso, abbiamo contribuito e ancora contribuiamo anche noi singoli cattolici a far sparire Gesù dal presepe. Il bravo intellettuale si prodiga a mostrare la vuotezza di valori e la falsità veritativa della cultura non cattolica. Il pauperista tuona contro il modo della Chiesa di usare i beni materiali. La destra cattolica richiama sempre e solo il recupero della solida verità della tradizione; il progressista è costantemente alla ricerca di ciò che andrebbe cambiato. E tutti, davvero tutti, me compreso, siamo convinti che quello che facciamo sia la cosa migliore per ridare, in buona fede, forza alla cristianesimo.
Sembra che l’importante sia trovare un nemico. Sia per poter avere la sensazione che la nostra identità resta ancora solida, sia per dare sfogo, in queste battaglie, al nostro “irrisolto” personale. E in questo, credo, non siamo molto diversi da quel mondo non cattolico che diciamo di conoscere molto bene, nelle nostre analisi, ma che ascoltiamo molto poco e frequentiamo praticamente mai. Nel frattempo, però, la vita accade. E ognuno di noi, individualmente, è davvero alle prese con una battaglia esistenziale, col proprio limite, che quasi mai dichiariamo, ma che è ciò che più di ogni altra cosa ci tormenta, ci ferisce, ci pungola.
In questo Natale ho deciso che voglio prendere in mano la mia battaglia personale, smettendo di usarla per combattere qualcun altro. Ho deciso che mi arrendo all’esistenza del mio limite, provando a vedere se, per caso, in esso ci sia una parola di Dio per me. Perché, più che mai oggi, resto convinto che da quella, probabile, primavera dell’anno 6-7 a.c., quando ha accettato di vivere dentro il limite dell’uomo, Dio ha deciso di abitare dentro le singole persone. Perciò il mio limite, sia tra me e me, sia con gli altri, non può non parlarmi di Lui. Forse uno dei motivi per cui Gesù è sparito dal Natale è anche che noi cattolici, lo abbiamo cercato da tante altre parti, in cui Lui non ha deciso di rivelarsi. Certo più comode, rassicuranti, certificate, o anche istituzionali, spersonalizzanti, disumane. Ma in esse Dio sembra essersi nascosto a noi.
Prendo a prestito la bella frase di Susanna (http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=3232): “Prepariamoci dunque a farci scombussolare la vita dall’Amore.” E chiedo a tutti di provare a fare un passo in più in questo Natale verso questo scombussolamento. Ognuno sa verso dove dovrebbe andare, quale limite va accettato e ascoltato. E se qualcuno non lo sa, allora gli auguro che un amore arrivi a fargli sentire il suo limite e la possibilità di arrendersi ad esso.
“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre”. Forse di Carlo Mazzacurati, forse prima di John Watson o di Ian MacLaren, o forse, ancora prima di Filone di Alessandria o di Platone. Poco importa di chi è questa frase. Per quel che mi riguarda, per provare a mettere Gesù nel presepe, io provo a viverla.
Buon Natale.