Il pensiero democratico cristiano è un’alternativa alle prassi rivoluzionarie?

La risposta può essere trovata in una rilettura italiana del golpe cileno (di cui oggi ricorre l'anniversario) operata da Luigi Giorgi
11 Settembre 2024

Può un evento politico degli anni Settanta, di cui ricorre oggi l’anniversario, interessare l’attuale dibattito? Sì, se si tratta di una vicenda saggiamente ricostruita come quella che Luigi Giorgi – Coordinatore delle attività culturali dell’Istituto Sturzo – fa del golpe in Cile del 1973 nel suo ultimo volume intitolato Tra democrazia e rivoluzione. La democrazia cristiana e la politica italiana nei giorni del golpe cileno (Guerini e Associati 2024). A partire dai temi del libro abbiamo intervistato l’autore.

 

– Quale legame esiste fra il golpe cileno del 1973 e la politica italiana?

Vi fu una risonanza importante, anche incredibilmente, vista la distanza geografica tra i due paesi e considerata l’esiguità della comunità italiana nel paese andino. C’erano, comunque, alcune affinità legate al sistema e ai partiti cileni che avevano corrispondenze con quelli italiani. Come il Pdc (la Dc cilena) che aveva forti legami sin dagli Cinquanta con il cattolicesimo democratico italiano e in seguito con la Democrazia cristiana. Quell’evento così drammatico interrogò in profondità tutto il nostro sistema politico-partitico. Attraverso di esso, nel difficile contesto di un Paese che si avviava verso una crisi anche economico-sociale (c’era già stata Piazza Fontana, con una implementazione del terrorismo delle estreme politiche), il complesso politico dei partiti e l’assetto istituzionale italiano cominciarono a riflettere sulle sue possibilità di sviluppo e salvaguardia della democrazia consensuale che aveva caratterizzato la storia del Paese, sugli stessi limiti che questa aveva dimostrato, sfibrata da una pratica di governo e opposizione quasi sempre conflittuale (sul crinale della divisione Est-Ovest e della guerra fredda), sulla necessità di allargare le basi della partecipazione democratica.

 

Dal suo testo emerge il ruolo internazionale che la Democrazia Cristiana italiana aveva acquisito dalla sua fondazione in poi. In cosa si caratterizzava questo “ruolo guida” dei democristiani italiani? È un elemento che ha caratterizzato anche la politica cilena di quel frangente storico?

La Dc aveva una forte influenza sul contesto cileno, e sudamericano in genere. Già da Eduardo Frei, all’inizio degli anni Sessanta, presidente cileno prima di Allende, la Dc italiana coltivava un saldo rapporto con il Pdc cileno. La cosiddetta internazionale democristiana, inoltre, aveva diramazioni che dall’Europa conducevano in Cile, in Venezuela etc. Sin dai dai tempi di Sturzo si erano stabiliti rapporti con gli argentini, i brasiliani ad esempio. Ciò avveniva sia per la presenza di comunità italiane sia perché dove pure queste erano numericamente esigue, il pensiero democratico cristiano, per la sua valenza riformistica e per le sue venature sociali, era individuato come una valida alternativa a fomenti rivoluzionari o ad avventure dittatoriali a cui il subcontinente americano ci ha abituato nel tempo, purtroppo.

 

– La rilettura nel nostro Paese delle reazioni politiche e culturali al golpe cileno permette d’intendere che la successiva politica del “compromesso storico” è figlia una maturazione di passaggi politici avvenuta tanto fra i comunisti quanto fra i democristiani. È così?

Entrambe le forze e le culture politiche cui tu facevi riferimento, dai loro punti di vista, e da posizioni differenti si rendono conto di una difficoltà della democrazia nel paese colpita dalla crisi (che è progressivamente economica, sociale e di rappresentatività) e dagli estremismi di piazza (a quel tempo soprattutto di estrema destra). Un’Italia nella quale emergono nuovi protagonismi sociali, sia collettivi che individuali, cui bisogna in qualche misura dare risposta e rappresentanza. La Dc in quella fase, soprattutto in alcuni suoi uomini, come Aldo Moro (ma penso anche a Granelli o a Giovanni Galloni), ha presente queste istanze. Il quadro è ampio, i piani sono differenti si intersecano a più livelli, da quello partitico a quello sociale e politico.  Sono queste le istanze che in qualche modo si aggregano attorno all’idea di allargare, con il dialogo e con il confronto (tenendo conto delle appartenenze anche internazionali) la base di consenso alla democrazia italiana. Ed è un pensiero del Pci quanto della Dc soprattutto sulla spinta morotea, che vuole portare, nei limiti del possibile, tutto il partito, anche la parte più distante da questa idea, a condividere queste considerazioni. Ma soprattutto a riflettere sulla propria storia antifascista riaffermandola con forza tanto quella in opposizione al comunismo.

 

– All’indomani del golpe in Cile, i politici italiani di ogni schieramento parlarono di una deriva fascista e della necessità di rafforzare le democrazie attraverso i valori dell’antifascismo. Si tratta di un tema attuale per il nostro scenario politico. Condivide?

I valori dell’antifascismo erano presenti strutturalmente nella politica italiana (basti pensare alla Costituzione che già quando stabilisce, nell’articolo 2, il primato della persona rispetto allo Stato è antifascista) e nella Democrazia cristiana che li ribadì con forza, come connaturati alla propria vicenda, nel dibattitto di quei giorni sia sulla stampa che nelle piazze che nelle Aule parlamentari. Essi rappresentavano qualcosa di costitutivo per il partito, sia Moro che Fanfani che Piccoli o Scelba (esponenti di diverse anime democristiane) lo confermarono, condannando il golpe, con convinzione (anche se vi furono alcune incertezze che non rappresentarono niente di sostanziale). Attualizzare quelle posizioni di più di cinquant’anni fa è difficile, così come sovrapporre eventi, sensazioni e situazioni molto differenti. Ti rispondo con quanto disse Luigi Sturzo in una nota conferenza tenuta a Parigi (che Gabriele De Rosa ha definito il discorso più importante che Sturzo fece dall’esilio antifascista) nel 1925: «La libertà è come la verità: si conquista; e quando si è conquistata, per conservarla si riconquista; e quando mutano gli eventi e si evolvono gl’istituti, per adattarla si riconquista. È un perenne giuoco dinamico».

 

– Nel suo commento al golpe cileno, l’allora ministro degli Esteri Aldo Moro sosteneva che la democrazia – per il tramite di un percorso riformatore e rinnovatore – doveva rappresentare un’alternativa alla rivoluzione. In un tempo di crisi delle democrazie quale valore assume il pensiero dello statista pugliese?

Anche in questo caso Moro, come spesso gli capitava dentro la Dc, comprende come l’evento cileno, tragico e difficile, rappresenti qualcosa che va oltre il semplice accadimento contingente. Che si muove al di là di uno specifico geopolitico instabile come quello sudamericano. Si tratta di un richiamo più ampio a fare della democrazia non un istituto di conservazione ma un sistema in grado di ovviare da un lato a scatti troppo repentini dal punto di vista governativo e politico, che molto spesso si risolvono in un ritorno all’indietro, dall’altro alle torsioni che vogliono trasformarla in una sorta di “rifugio” per il quale ogni riforma sociale, politica e istituzionale, rappresenti un pericolo per la sua stabilità. Ripeto, siamo negli anni Settanta in un periodo nel quale sia nel contesto nazionale e internazionale si pongono molte questioni di tenuta democratica (ricordo che in Italia c’era stato già il tragico attentato di Piazza Fontana), di rispetto delle nuove e differenti esigenze sociali che man mano si fanno spazio, di risposta ad una crisi che sta cominciando a mostrare anche nuovi protagonismi internazionali sino ad allora, in occidente, sottovalutati.

 

Una risposta a “Il pensiero democratico cristiano è un’alternativa alle prassi rivoluzionarie?”

  1. Gabriele Del Castillo ha detto:

    Buongiorno, come in tutte epoche storiche , alcuni avvenimenti sono il simbolo dei confronti/scontri politici del tempo. La sconfitta di Salvator Allende ha posto tanti interrogativi sul come garantire la salvaguardia delle istituzioni democratiche, un argomento che rimane sempre attuale, su cui bisognerebbe per prima cosa aggiornare il vocabolario politico. Un caro saluto.

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